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Giurisprudenza

Il giudice penale ti assolve? Non sicuro il via libera tributario

Gli effetti della sentenza non possono essere estesi in automatico all’azione accertatrice svolta dall’ufficio

La sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente. La pronuncia può, ma non automaticamente deve, essere presa in considerazione dal giudice tributario come possibile fonte di prova nel contenzioso fiscale.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 27954, depositata il 30 dicembre 2009.
 
La vicenda di merito
Una società impugnava l’avviso di rettifica Iva, notificatole a seguito della scoperta della registrazione di fatture per operazioni inesistenti.
I giudici tributari, sia di primo sia di secondo grado, confermavano la legittimità dell’atto tributario, rilevandone la congruità della motivazione e ravvisando concreti elementi in ordine alla fittizietà degli acquisti contestati.
 
In sede di legittimità, la società impugnava la sentenza dei giudici della Ctr lamentando, per quanto di interesse in questa sede, la circostanza che la pronuncia non aveva tenuto conto del fatto che in sede penale, anche per il periodo d’imposta in contestazione, il proprio legale rappresentante era stato assolto con la formula “perchè il fatto non sussiste”, a seguito della valutazione degli stessi elementi forniti alle Commissioni tributarie di merito. Riteneva, pertanto, che erroneamente il giudice di merito non aveva affermato l’annullabilità dell’atto impositivo in quanto basato sugli stessi fatti del giudizio penale.
 
La parte pubblica eccepiva l’inammissibilità del ricorso e, comunque, l’infondatezza del medesimo, stante l’insussistenza dei vizi denunciati.
 
Il giudizio di legittimità
Le doglianze della società sono state disattese dal collegio di piazza Cavour, con conseguente rigetto del ricorso e condanna alle spese del giudizio.
 
Con particolare riguardo al rapporto tra il giudicato penale e l’atto di accertamento fiscale, i giudici di legittimità hanno rilevato come dalla motivazione della sentenza impugnata emergeva in modo chiaro che gli elementi posti dall’ufficio a base della rettifica, pur corrispondenti a quelli risultanti dal giudicato penale, erano stati autonomamente valutati dal giudice tributario.
 
In questo modo, spiega la sentenza, la pronuncia della Commissione regionale è conforme al principio di diritto secondo cui, nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario “non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può - ma non deve automaticamente - essere presa in considerazione dal giudice tributario come possibile fonte di prova (Cass. 12 marzo 2007 n. 5720; Cass. 24 maggio 2005 n. 10945; Cass. 22 maggio 2003 n. 8102; Cass. 13 gennaio 2003 n. 314; Cass. 21 giugno 2002 n. 9109; Cass. 29 novembre 2001 n. 15207)”.
 
Considerazioni
La sentenza n. 27954/2009 riafferma una regola iuris che costituisce un approdo ermeneutico ormai assolutamente consolidato.
 
Al riguardo, appare opportuno richiamare l’insegnamento reso dalla Cassazione con la sentenza n. 13503/2009 ove – sul rilievo che nel processo tributario vigono i limiti in materia di prova posti dal comma 4 dell’articolo 7, Dlgs 546/1992, mentre di contro trovano ingresso, con rilievo probatorio, in materia di determinazione del reddito d’impresa, anche presunzioni semplici prive dei requisiti prescritti ai fini della formazione di siffatta prova, tanto nel processo civile che nel processo penale – è stato osservato che “nel separato giudizio tributario non può più attribuirsi automatica autorità di cosa giudicata alla sentenza penale irrevocabile - di condanna o di assoluzione - emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente”.
 
La conseguenza di tale impostazione è che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice svolta dall’ufficio ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, deve in ogni caso verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato a operare (in questi termini, Cassazione, sentenza n. 8488/2009).
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