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Giurisprudenza

Il giudice tributario non decide sul funzionamento degli uffici finanziari

Si tratta di merito amministrativo, fuori della competenza delle Ct

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Il giudice tributario non può sindacare sul funzionamento degli uffici finanziari. Questo è l'importante principio affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 9441 del 6 maggio 2005, in commento.
Con motivazioni ampiamente condivisibili, i giudici di piazza Cavour hanno accolto il ricorso proposto dell'Amministrazione finanziaria e, per l'effetto, cassato con rinvio una sentenza della Commissione tributaria regionale (emessa nell'anno 2000) che aveva ritenuto insussistenti - per mancanza dell'elemento oggettivo delle cause che avevano determinato l'irregolare funzionamento degli uffici finanziari - le condizioni di proroga dei termini di prescrizione e decadenza prevista dall'articolo 1 del decreto legge del 21 giugno 1961, n. 498, convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 1961, n. 770, come sostituito dall'articolo 1 della legge 25 ottobre 1985, n. 592.

Il citato articolo 1 statuisce che, nell'ipotesi in cui gli uffici finanziari non siano in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi di carattere eccezionale, i termini di prescrizione e decadenza, scadenti durante tale periodo, sono prorogati fino al decimo giorno successivo alla data in cui viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto di proroga.
Il successivo articolo 3 del decreto legge citato precisa, poi, che il periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici finanziari è accertato con decreto del direttore del competente ufficio di vertice dell'Agenzia fiscale interessata, da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale.

Nella fattispecie in esame, l'Amministrazione finanziaria ha censurato, in sede di legittimità, la violazione e falsa applicazione, da parte dei giudici di merito, proprio degli articoli 1 e 3 del decreto legge del 21 giugno 1961, n. 498.
La suprema Corte, condividendo in toto l'interpretazione normativa prospettata dall'Amministrazione nel ricorso, ha affermato che l'articolo 1 del decreto legge 498/1961 richiede, ai fini della proroga dei termini (anche processuali), che gli uffici finanziari non siano in grado di funzionare regolarmente a causa di "eventi di carattere eccezionale" ma non anche di natura oggettiva; per cui l'irregolare funzionamento può anche dipendere da fatti interni all'amministrazione, purché di carattere straordinario.

Circa la natura giuridica del decreto ministeriale attestante il periodo del mancato funzionamento degli uffici finanziari - al fine della proroga dei termini -, la stessa Cassazione, in più occasioni, ha precisato come il decreto abbia natura di atto amministrativo privo di valore normativo (cfr. ex multis Cass. sentenza n. 1287 del 26 gennaio 2004).
Corollario di tale assunto è l'impossibilità di applicare il principio "iura novit curia" con conseguente onere di produrlo in giudizio a carico della parte che ne invochi l'autorità, senza che tale produzione possa effettuarsi per la prima volta in sede di giudizio di legittimità, ostandovi il disposto dell'art. 372 del codice di procedura civile (cfr. Cass. sentenze nn. 10826/1995 e 3140/1992).

La Cassazione, nella sentenza in esame, afferma il principio per cui, se è vero che un decreto ministeriale - al pari di ogni provvedimento amministrativo - può essere disapplicato dal giudice ordinario per qualsiasi vizio, compreso quello di eccesso di potere, è altrettanto vero che il sindacato consentito a tale giudice non può riguardare le valutazioni di merito su cui si fonda il decreto stesso; meglio ancora, l'autorità giurisdizionale ordinaria non può sostituirsi all'amministrazione negli accertamenti e negli apprezzamenti di merito che rientrano nell'esclusiva competenza di quest'ultima (cfr. Cass. - SS.UU. - sentenza n. 6532 dell'11 luglio 1994).

I giudici della suprema Corte, in conformità a precedenti decisioni (cfr. Cass. sentenza n. 15073 del 5 agosto 2004), hanno precluso alle commissioni tributarie di verificare la sussistenza del carattere dell'eccezionalità dell'evento addotto dall'organo competente quale presupposto di fatto per l'adozione del provvedimento di proroga della scadenza dei termini.
L'articolo 3 del decreto legge del 21 giugno 1961, n. 498, attribuisce al ministero delle Finanze, che provvede con decreto, l'accertamento del periodo di disfunzione degli uffici finanziari; l'atto amministrativo così emesso non può assolutamente essere disapplicato dal giudice ordinario per ragioni attinenti al merito amministrativo.

A nulla rileva poi, sempre secondo la Corte, la circostanza che il periodo di disfunzione sia stato accertato con due decreti (uno per la data di inizio e l'altro per quella finale); tale possibilità, infatti, discende dall'articolo 33 della legge 18 febbraio 1999, n. 28 (che ha modificato l'articolo 3 del decreto legge 498/1961), in applicazione del quale, ove il periodo di disfunzione si protragga per oltre quindici giorni, la data dalla quale esso ha avuto inizio è fatta risultare con decreto da pubblicare in Gazzetta Ufficiale entro quarantacinque giorni dalla data medesima.

Per completezza di trattazione, appare opportuno precisare che, in materia di mancato o irregolare funzionamento degli uffici finanziari, l'articolo 10 del decreto legislativo 26 gennaio 2001, n. 32 (in applicazione dello Statuto dei diritti del contribuente, legge 27 luglio 2000, n. 212), ha modificato, con decorrenza 20 marzo 2001, l'articolo 1 del decreto legge 498/1961 introducendo, questa volta sì, un limite oggettivo.
Dal marzo 2001, infatti, gli eventi per prorogare i termini non solo dovranno rivestire carattere eccezionale ma non dovranno essere riconducibili a disfunzioni organizzative dell'Amministrazione finanziaria (la vicenda trattata dalla Cassazione nella sentenza in esame risale all'anno 2000).

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