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Giurisprudenza

Immobili storico-artistici Strada sbarrata alla "sdemanializzazione" tacita

Nessuna esenzione dalla Tosap anche se l'area è occupata per mezzo di un contratto di locazione

aula cassazione
L'occupazione di un immobile riconosciuto d'interesse storico, archeologico o artistico, avvenuta per mezzo di un contratto di locazione, non comportando di per sé la "sdemanializzazione" del bene pubblico, non esonera dal pagamento della Tosap. E' questo, in sintesi, il principio affermato dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 18345, depositata il 31 agosto 2007.

La controversia in esame trae origine dall'impugnazione di un avviso di accertamento con cui un Comune chiedeva il pagamento della Tosap (tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche) a un ente morale, costituito da genitori di bambini e giovani portatori di gravi handicap psichici, senza fini di lucro, con scopi socio-educativi-formativi.

In particolare, il suddetto Centro, per perseguire i suoi fini sociali, aveva affittato da un privato un appezzamento di terreno che aveva provveduto a recintare con rete metallica. Il fondo risultava così interdetto all'accesso di terzi, in adempimento di un obbligo previsto dallo stesso contratto di locazione. Nel tempo, l'ente morale aveva realizzato nell'area affittata alcuni prefabbricati strumentali, in ossequio dei suoi compiti istituzionali.

Successivamente, l'area locata dal Centro era acquistata da un Comune, il quale, una volta subentrato nel contratto di locazione, confermava l'affitto al Centro, per lo svolgimento della sua attività assistenziale ed educativa a favore dei disabili.

Tanto precisato, il ricorso presentato dall'ente morale veniva accolto dalla Ctp, mentre la Commissione tributaria regionale respingeva l'appello del Comune, sostenendo che era illegittima la somma richiesta dall'ente locale a titolo di Tosap.
In particolare, secondo i giudici di appello, doveva escludersi l'attuale ed effettiva destinazione a servizio pubblico dell'area in parola, atteso che essa era stata destinata al conseguimento di scopi privati, con contratto di diritto privato (locazione) e, quindi, l'appezzamento di terreno, facendo parte del patrimonio disponibile dell'ente pubblico, non era soggetto alla Tosap.

L'ente locale presentava ricorso per cassazione, deducendo che la Ctr aveva adottato una decisione erronea in quanto, nel caso di specie, trattandosi di beni immobili di interesse storico archeologico e artistico (quindi soggetti al regime del demanio pubblico, ai sensi del combinato disposto degli articoli 822 e 824 del Codice civile), era fuori luogo parlare di appartenenza del bene al patrimonio disponibile o indisponibile del Comune, risultando, comunque, inutile ricercare la prova della destinazione effettiva dell'uso pubblico del bene, la quale, invece, è richiesta per i beni appartenenti al patrimonio indisponibile.
Lo stesso Comune evidenziava, inoltre, che l'area in parola, in quanto demaniale, era aperta anche all'uso pubblico e che il canone pagato dal Centro andava, in realtà, considerato quale canone di concessione e non di locazione, indipendentemente dal nomen iuris effettivamente usato nei relativi accordi.

La Suprema corte ha accolto il ricorso presentato dall'ente locale, motivando che l'immobile di proprietà di un Comune che sia riconosciuto d'interesse storico, archeologico o artistico è soggetto, ai sensi del combinato disposto degli articoli 822, comma 2, e 824, comma 1, del Codice civile, al regime del demanio pubblico. Da qui, il suo assoggettamento alla Tosap, che ha per oggetto "le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo…sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni".

Né tanto meno, ha proseguito la Cassazione, è ammessa la "sdemanializzazione" di un bene di interesse storico-artistico, in quanto quest'ultimo, appartenendo al "demanio artificiale", richiede (per la cessazione della demanialità) un intervento discrezionale dell'Amministrazione pubblica, la cui realizzazione deve avvenire in forma espressa a garanzia dell'interesse pubblico connesso alla demanialità; cosicché, è inammissibile che la sdemanializzazione avvenga in forma tacita.

Hanno, inoltre, sottolineato i giudici che è consentito che altri soggetti, diversi dal proprietario pubblico, utilizzino un bene demaniale; infatti, tale possibilità è comunemente ammessa e ritenuta compatibile tanto nell'ipotesi in cui si ricorra a strumenti privatistici, come ad esempio la locazione, quanto nell'ipotesi in cui ci si avvalga di strumenti pubblicistici, come per esempio, la concessione.
Ne consegue che il mero frequente ricorso a strumenti privatistici non comporta di per sé la sdemanializzazione del bene pubblico, che resta inalienabile e non commerciabile, senza che il comportamento tacito o inerte dell'Amministrazione pubblica o gli atti di gestione del rapporto giuridico fondato su un titolo privatistico (la locazione, nel caso di specie) possano essere interpretati come un provvedimento tacito di sdemanializzazione.

Peraltro, "dato il severo regime dei beni pubblici, se la fattispecie costituita dalla combinazione dei fatti della locazione e dell'inerzia dell'amministrazione pubblica, potesse essere interpretata come produttiva della sdemanializzazione, la locazione dovrebbe essere considerata incompatibile con i menzionati principi del regime demaniale dei beni e dovrebbe essere considerata come un negozio giuridico nullo per contrarietà a norme imperative ex art. 1418, comma 1, c.c".
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