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Giurisprudenza

Imposta al 3% per il finanziamento
“enunciato” nell’atto di vendita

È difficile ritenere che l’accordo pregresso sia stato raggiunto soltanto in forma verbale e non con scrittura privata o in altra forma in ogni caso soggetta a registrazione

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Secondo la Ctr Lazio, il finanziamento soci enunciato nell'atto di cessione di immobile, con cui una società ha ceduto un immobile alla socia mutuante a estinzione del mutuo, è soggetto a imposizione proporzionale di registro, con aliquota del 3%, secondo le previsioni degli articoli 22 del Testo unico del registro e 9 della Tariffa, parte prima, allegata al medesimo Dpr.
Questo il principio di diritto espresso dal Collegio laziale, nella sentenza n. 3408 del 25 luglio 2022.

Al centro del contenzioso è un avviso di liquidazione – notificato al socio unico di una società cancellata, con sede negli Stati Uniti d'America e senza domicilio fiscale in Italia – con il quale un ufficio laziale richiedeva il pagamento dell'imposta di registro, dovuta con effetto dall'enunciazione di un finanziamento soci contenuta in un atto di trasferimento immobiliare.
Con il predetto atto, l’impresa cedeva un immobile oltre al saldo creditorio giacente su un conto corrente, a estinzione di un debito contratto in forza di un finanziamento soci concesso dal mutuante stesso.
L'ufficio, visto il richiamo nell'atto del pregresso finanziamento, procedeva a recuperare l'imposta di registro proporzionale nella misura del 3% sull’ammontare del prestito erogato.

Il socio, nel ricorrere avanti alla Ctp di Roma, eccepiva l'illegittimità dell'avviso di liquidazione, emesso, a suo dire, in violazione dell'articolo 22, commi 1 e 2, Dpr n. 131/1986 (Tur) e la non imponibilità dell'atto enunciato.
Il Collegio romano respingeva il ricorso, spiegando che la stessa norma invocata da parte contribuente chiarisce che alcuni finanziamenti soci, precedentemente non sottoposti all'imposta di registro, devono scontare il tributo qualora vengano enunciati successivamente in un atto soggetto a registrazione. Qualora, invece, analoga operazione si verifichi al di fuori di un atto notarile, o, comunque, in un atto che non sia soggetto a registrazione, l'operazione è irrilevante ai fini tributari.
A seguito di gravame del contribuente, la vertenza finiva avanti alla Ctr Lazio.

La sentenza
Nel respingere l'appello, il Collegio laziale osserva che la materia del contendere attiene alla tassabilità del finanziamento e/o dei diversi finanziamenti operati dal socio unico, enunciati nell'atto di trasferimento di taluni beni della società, intercorso tra lo stesso socio e la società di cui l'appellante è socio unico.
Ebbene, in tale contratto di trasferimento è espressamente riportato che il socio era titolare nei confronti della società di un diritto di credito pecuniario di un certo importo, in ragione del finanziamento-socio da esso, nella sua qualità di unico componente della compagine, effettuato, nel corso degli anni in più soluzioni, in favore di quest’ultima. L'atto di cessione non specificava che il prestito, sia pure nel corso di diversi anni, fosse avvenuto con atto scritto oppure oralmente.
Ad avviso della Ctr, inoltre, è ragionevole ritenere che il finanziamento indicato, effettuato nel corso di diversi anni, fosse rivestito da una forma scritta.
Ciò posto, in materia, la stessa Corte di cassazione ha stabilito che, in tali casi, benché non sia richiesta una forma scritta ad substantiam, è difficile credere che l'accordo per il relativo finanziamento sia stato raggiunto verbalmente (proprio perché trattasi di società e socio) e la dazione del danaro sia avvenuta brevi manu (pur trattandosi di una società e del socio) (cfr Cassazione, n. 11756/2008).

In sostanza, secondo il Collegio laziale, è difficile ritenere – e comunque sarebbe contrario ad ogni logica decifrabile – che una persona fisica conceda a una società un prestito di un rilevante importo, sia pure in tempi diversi, senza lasciare alcuna traccia documentale.
Piuttosto, è ragionevole inferire che l'accordo, o i diversi accordi di mutuo, possa risultare da una scrittura privata in qualunque forma, da una delibera assembleare o dell'organo amministrativo o dall'informativa di bilancio.
In particolare, secondo la Ctr, il caso in esame va riferito al primo comma dell'articolo 22 Tur, secondo cui “se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell'atto che contiene la enunciazione, l'imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l'atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all'art. 69”.

Si tratta, spiega il Tribunale regionale, di una normativa chiaramente antievasiva e antielusiva, tenuto conto che mira a consentire di applicare l'imposta di registro a tutti i casi in cui il contribuente abbia omesso una registrazione (obbligatoria o meno) e successivamente abbia fatto valere (mediante enunciazione) le relative “disposizioni”, solitamente contrattuali, in altro atto registrato.
Infatti, come ha avuto modo di ribadire la Corte suprema (cfr Cassazione, n. 20305/2020), va assoggettato a imposta di registro il finanziamento soci, già inserito tra le poste passive del bilancio, enunciato in un atto di ripianamento delle perdite del capitale sociale e sua ricostituzione mediante rinuncia dei soci ai predetti finanziamenti in precedenza effettuati nei confronti della società, e ciò a prescindere dall'effettivo uso del finanziamento medesimo.
Ai fini dell'applicazione della norma è necessario, in particolare, che nell'atto enunciante siano contenuti elementi tali da consentire di identificare la convenzione enunciata, sia in ordine ai soggetti che al suo contenuto oggettivo e alla sua reale portata, in modo da fornire non solo la prova della sua esistenza, ma da costituirne il titolo; per questo, la disposizione prevede che la tassazione per enunciazione sia possibile solo a condizione che vi sia identità delle parti intervenute nell'atto enunciante e in quello enunciato.
Ebbene, spiega la Ctr, nel caso in esame – sussumibile, quindi, nell'ambito della giurisprudenza citata – il contratto di trasferimento conteneva la chiara enunciazione di un pregresso finanziamento soci concesso dal socio alla partecipata e specificava che il finanziamento in questione era intervenuto tra le stesse parti e ne indicava chiaramente contenuto, oggetto e importo.

Imponibilità dell'atto formato all'estero
In conclusione, la Ctr ha occasione di pronunciarsi sull'ultimo motivo di gravame, con il quale l'appellante eccepiva la non imponibilità in Italia dell'atto enunciato in quanto formato all'estero, atteso che la società in questione era una compagine società di diritto statunitense, aveva la propria sede legale negli USA ed i versamenti effettuati dal socio erano stati tutti operati all'estero.
Sul punto, contrariamente alla prospettazione del contribuente, il Collegio laziale osserva che l'art. 11 della Tariffa, parte II, allegata al Tur prevede che gli atti formati all'estero sono soggetti a registrazione solamente al verificarsi del caso d'uso: ebbene, rappresenta un caso d'uso l'enunciazione in un atto che, a causa del suo contenuto, deve essere sottoposto a registrazione, come è avvenuto nel caso in esame, dato che l'enunciazione del finanziamento era avvenuta in un contratto di trasferimento formatosi in Italia.

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