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Giurisprudenza

Imposta di registro proporzionale
per il mutuo dissenso non previsto

La risoluzione di un precedente contratto è soggetta alla misura fissa se dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto stesso

rotolo calcolatrice con conti e omini in proporzione
La controversia oggetto della decisione di legittimità 4134/2015 riguarda la legittimità del silenzio-rifiuto dell’ufficio finanziario sull’istanza di rimborso dell’imposta proporzionale di registro corrisposta (a seguito di notifica di avviso di liquidazione) sulla registrazione di una scrittura privata autenticata di mutuo consenso per la risoluzione di un precedente contratto di cessione di ramo d'azienda già registrato nel quale, però, non risultavano espresse clausole o condizioni risolutive di sorta.
 
La questione riguarda l’applicabilità dell’articolo 28 della legge di registro approvata con Dpr n. 131/1986 nel suo primo comma o nel suo primo capoverso, come ritenuto dalle Commissioni tributarie, ove si prevede che nelle ipotesi diverse da quelle disciplinate dal primo comma l'imposta è dovuta per le prestazioni derivanti dalla risoluzione, considerando comunque, ai fini della determinazione dell'imposta proporzionale, l'eventuale corrispettivo della risoluzione come maggiorazione delle prestazioni stesse.
Il primo comma dell’articolo 28, invece, statuisce che la risoluzione del contratto è soggetta all'imposta in misura fissa se dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto stesso ovvero stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata entro il secondo giorno non festivo successivo a quello in cui è stato concluso il contratto e che, se è previsto un corrispettivo per la risoluzione, sul relativo ammontare si applica l'imposta proporzionale prevista dall'articolo 6 o quella prevista dall'articolo 9 della parte prima della tariffa.
 
I giudici di merito avevano, invece, ritenuto che “il valore di Euro 1.600.000,00 indebitamente assoggettato a tassazione non costituisce né (il contenuto del) la prestazione derivante dalla risoluzione, né il corrispettivo della risoluzione, bensì il semplice riferimento identificativo dell'atto, già registrato e tassato al 3% cui ricondurre gli effetti giuridici della concordata risoluzione. Perciò, in detto atto di risoluzione non poteva configurarsi un trasferimento di ricchezza cui correlare l'imposta di registro mediante la retrocessione del bene ipotizzata dall'Ufficio, ma la semplice volontà delle parti di ripristinare l'originario assetto patrimoniale”.
 
Tale soluzione ermeneutica del giudice di merito non ha tenuto conto della giurisprudenza della Corte di cassazione espressa nella sentenza citata da questa in commento 10 luglio 2008, n. 18859, secondo cui, in tema di risoluzione consensuale del contratto, il mutuo dissenso, realizzando per concorde volontà delle parti la ritrattazione bilaterale del negozio, dà vita a un nuovo contratto, di natura solutoria e liberatoria, con contenuto eguale e contrario a quello del contratto originario.
Da ciò l’effetto - già espresso nella sentenza del Supremo collegio 30 agosto 2005, n. 17503, parimenti citata da questa in rassegna - che, dopo lo scioglimento, le parti non possono invocare cause di risoluzione per inadempimento relative al contratto risolto, giacché ogni pretesa o eccezione può essere fondata esclusivamente sul contratto solutorio e non su quello estinto.
 
La soluzione interpretativa scelta dalla decisione del Supremo collegio in commento appare fondata, poiché il contratto sottoposto a registrazione era un patto di mutuo consenso col quale venne retrocessa la proprietà e la disponibilità del ramo di azienda già oggetto di trasferimento, con la conseguenza che tale negozio rientra nel novero di un nuovo contratto, di natura solutoria e liberatoria, con contenuto eguale e contrario a quello del contratto originario e con efficacia ex nunc.
In tal senso viene ripreso quanto rilevato nella sentenza di legittimità 6 agosto 1997, n. 7270, secondo cui il negozio risolutorio ha, per sua natura, efficacia ex nunc, nel senso che da esso deriva la caducazione delle obbligazioni scaturenti dal contratto originario relative alla prosecuzione del rapporto e l’applicabilità dell’imposta proporzionale di registro, come precedentemente affermato dalla Corte regolatrice del diritto riguardo alla risoluzione di un contratto di vendita con riserva di proprietà, la quale, determinando la retrocessione del bene oggetto del contratto risolto, deve essere assoggettata alla imposta proporzionale di registro, da applicarsi con l’aliquota prevista per i trasferimenti immobiliari.
In tali termini viene citata una pronuncia di Cassazione in tema di risoluzione contrattuale disciplinata dall’articolo 27 dell’abrogata legge di registro n. 634/1972, secondo cui “il contratto, con il quale le parti sciolgono una vendita con riserva di proprietà in conseguenza del mancato pagamento del prezzo, non costituisce per la legge di registro un negozio ricognitivo di un effetto già verificatosi in conseguenza di detto inadempimento, ma produce esso stesso l'effetto di risolvere il precedente contratto, ponendone nel nulla gli effetti con conseguente retrocessione del bene all'originario proprietario. Ne deriva che nel caso di specie non può trovare applicazione l’art.27 del d.P.R. n.634 del 1972, comma 1”.
 
La decisione in commento pare confermare quanto già affermato dalla pronuncia – questa non citata dalla pronuncia in esame – della Corte di legittimità 19 febbraio 2014, n. 3935, secondo la quale, in base all'articolo 28 del Dpr n. 131/1986, solo allorché la risoluzione di un contratto dipenda da clausola (o da condizione) risolutiva in esso apposta (ovvero stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata entro il secondo giorno non festivo successivo a quello di sua conclusione), la risoluzione resta soggetta a imposta in misura fissa.
Da tale presupposto i giudici di legittimità hanno tratto la conseguenza che, nello scioglimento per mutuo consenso delle parti, l'effetto è rappresentato dal (nuovo) trasferimento di proprietà, seppure con efficacia ex tunc e, fermi sul piano civilistico gli eventuali diritti dei terzi per gli atti di esecuzione sul bene, si applica l'imposta in misura proporzionale.
 
Infine, è da rilevare che nella pronuncia dei giudici di legittimità, sempre mentovata dalla decisione in commento, 15 maggio 1998, n. 4906, venne soltanto affermato che, nel caso di contratto di trasferimento della proprietà immobiliare, per la cui validità la legge richiede la forma scritta ad substantiam, anche lo scioglimento per mutuo consenso deve risultare da atto scritto, poiché per effetto di esso si opera un nuovo trasferimento della proprietà al precedente proprietario.
 
 
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
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