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Giurisprudenza

Impugnazione, primo passo verso il rimborso

Nessun diritto per il contribuente che abbia pagato l’imposta (di cui chiede, poi, la restituzione) in base a un’iscrizione a ruolo, divenuta definitiva per mancato ricorso entro il termine di 60 giorni

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Con la sentenza n. 672, depositata in data 15/1/2007, la Cassazione ha ritenuto che il contribuente non ha diritto al rimborso, ex articolo 38 del Dpr 602/73, quando abbia pagato l’imposta (di cui chiede, poi, la restituzione) in base a un’iscrizione a ruolo, divenuta definitiva per mancata impugnazione entro il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale.

La controversia trae origine dal silenzio-rifiuto formatosi su un’istanza di rimborso presentata da un contribuente per ottenere la restituzione dell’Irpef pagata a seguito di iscrizione a ruolo che, a suo giudizio, non era dovuta.
In particolare, il contribuente aveva presentato domanda di condono ex legge n. 413/1991 (al fine di sanare l’omesso versamento delle imposte Irpef e Ilor, versando le somme dovute per imposte e interessi nella misura forfetaria del 12 per cento) dopo avere richiesto al concessionario per la riscossione un’attestazione dalla quale risultasse che la cartella di pagamento, relativa ai tributi omessi, non gli era stata mai notificata.

Successivamente, l’ufficio, ritenendo di fatto notificato l’atto impositivo in seguito al rilascio dell’attestazione da parte del concessionario, disponeva lo sgravio delle imposte e delle sanzioni precedentemente iscritte a ruolo, nonché degli interessi, per la parte corrispondente alla quota versata per il condono, proseguendo l’esazione per la residua somma non condonata, relativamente alla quale notificava un avviso di mora.
Il contribuente non impugnava l’avviso di mora (primo atto notificato) che, di conseguenza, si rendeva definitivo, ma versava l’imposta richiesta, presentando, poi, istanza di annullamento in autotutela, nonché istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del Dpr n. 602/1973.

I successivi ricorsi del contribuente, avverso il silenzio-rifiuto formatosi in ordine alla sua istanza di rimborso, erano respinti sia in Ctp che in Ctr.
Nel ricorso per cassazione lo stesso deduceva omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la Commissione tributaria regionale ritenuto che la mancata impugnazione del ruolo impediva il ricorso al procedimento di rimborso di cui all’articolo 38 del Dpr n. 602/73.

La sentenza
La Cassazione, confermando il suo precedente orientamento, ha affermato che “la valorizzazione del silenzio-rifiuto dell’Amministrazione al fine di individuare un atto impugnabile da parte del contribuente si giustifica solo nei casi in cui il versamento o la ritenuta del tributo non siano stati preceduti da un atto di imposizione suscettibile di impugnazione diretta e, pertanto, quando la riscossione avviene per mezzo del ruolo, l’impugnazione del contribuente deve essere proposta tempestivamente contro il predetto atto impositivo, senza alcuna necessità di provocare il silenzio–rifiuto dell’Amministrazione” (cfr Cassazione, sentenza n. 5818/1998; sentenza n. 8456/2004).

In altri termini, i giudici hanno ritenuto che quando la riscossione avviene per mezzo del ruolo, trattandosi di un’intimazione di pagamento rivolta dall’Amministrazione finanziaria al contribuente, quest’ultimo per potere rimettere in discussione la debenza del tributo deve solo impugnare tempestivamente la cartella nei termini stabiliti dalla legge.
In caso di pagamento eseguito in base a un’iscrizione a ruolo divenuta definitiva per mancata impugnazione, il contribuente non può ottenere il rimborso dell’imposta pagata ai sensi dell’articolo 38 del Dpr n. 602/73.
Ne consegue, prosegue la Corte, che “dalla definitività, per mancata impugnazione, dell’atto impositivo deriva l’inammissibilità dell’istanza di rimborso, posto che la medesima contrasta con il titolo ormai definitivo che giustifica l’attività esattiva dell’Amministrazione”.

Al riguardo, si rammenta, per completezza espositiva, che l’articolo 38 del Dpr 602/73 contempla l’ipotesi del “versamento diretto”, ovvero consente al soggetto che ha effettuato tale versamento di presentare un’istanza di rimborso, entro il termine di quarantotto mesi dalla data dello stesso, “nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo…”.
In particolare, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’articolo 38 del Dpr n. 602/73 opera in tutti i casi di ripetibilità del pagamento indebito, a partire dall’errore materiale fino all’ipotesi di inesistenza dell’obbligazione, tanto se l’errore si riferisca al versamento in quanto tale, quanto nel caso in cui cada sull’an o sul quantum del tributo (cfr Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 2786 del 1989; Cassazione, sentenze nn. 56/2000, 18163/2002, 7087/2003, 15840/2006, 20057/2006).

Pertanto, sulla base di quanto precede, il ricorso contro il silenzio–rifiuto (articolo 21, comma 2, Dlgs n. 546/1992) formatosi a seguito di un’istanza di rimborso, presentata ex articolo 38, Dpr n. 602/1973, può essere proposto solo quando l’imposta pagata (di cui si chiede, poi, il rimborso), “non sia stata preceduta da un atto di imposizione suscettibile di impugnazione diretta”.


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