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Giurisprudenza

Inammissibilità solo se si omette
l’integrazione del contraddittorio

Nel caso di impugnazione nei confronti non di tutte le parti processuali intervenute in primo grado, i giudici di appello devono ordinare il coinvolgimento anche delle altre

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Con l'ordinanza n. 14904 del 5 settembre, la Corte di cassazione ha precisato che, in tema di processo tributario, non può dichiararsi direttamente l'inammissibilità dell'appello nel caso di omessa impugnazione nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado. L'inammissibilità, infatti, può essere disposta solo a seguito dell'inosservanza dell'ordine del giudice di integrare il contraddittorio.

Ne consegue che il giudizio di appello, proposto dall'Amministrazione finanziaria nei confronti di una sola delle parti del giudizio - e senza che venga disposta l'integrazione del contraddittorio, da parte del giudice di appello, anche nei confronti delle altre parti processuali - è nullo, unitamente alla sentenza che l'ha concluso, con il conseguente rinvio della causa ad altro giudice di appello (cfr Cassazione, sentenze 8854/2007, 1225/2007, 1789/2004, 11154/2003, 13695/2001, 5568/1997).
 

Il quadro normativo di riferimento
L'articolo 53 del Dlgs 546/1992 dispone che "il ricorso in appello è proposto…nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado…".
In generale, quindi, per poter proporre appello, l'interessato deve anzitutto attenersi alle regole specificatamente dettate per tale fase di giudizio dal ricordato Dlgs 546/1992; in subordine, si deve fare riferimento alle norme dello stesso decreto legislativo relative al giudizio di primo grado, purché compatibili con la nuova fase processuale (articolo 61), nonché a quelle contenute nel codice di rito (articolo 49).
 

L'articolo 331 del codice di rito - applicabile al giudizio tributario perché inserito nel Titolo III, Capo I, del Libro II del codice procedurale - testualmente dispone che "se la sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l'udienza di comparizione. L'impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all'integrazione nel termine fissato".
In particolare, per cause inscindibili e/o cause tra loro indipendenti si intendono sia le cause accessorie (articolo 31 cpc), sia le ipotesi di litisconsorzio necessario (articolo 102 cpc), secondo cui "se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito".
 

In ambito tributario, il litisconsorzio e l'intervento sono disciplinati dall'articolo 14 del Dlgs 546/1992, secondo cui "se l'oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi. Se il ricorso non è stato proposto da o nei confronti di tutti i soggetti indicati nel comma 1 è ordinata l'integrazione del contraddittorio mediante la loro chiamata in causa entro un termine stabilito a pena di decadenza. Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell'atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso".

Con riferimento all'intervento adesivo dipendente di cui all'articolo 14, la Cassazione ha avuto modo di precisare che lo stesso "…determina un'ipotesi di causa inscindibile, ai sensi dell'art. 331 cod. proc. civ., con conseguente configurabilità di un litisconsorzio necessario processuale in grado di appello. L'omessa notifica dell'impugnazione al litisconsorte necessario non comporta l'inammissibilità del gravame (tempestivamente proposto nei confronti dell'altra parte), ma - sempre che la parte non intimata non si sia comunque costituita - soltanto l'esigenza dell'integrazione del contraddittorio per ordine del giudice, in mancanza del quale la nullità dell'intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso è rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità" (sentenza 14423/2010).
 

I fatti di causa
L'Agenzia delle Entrate impugna in Cassazione la sentenza con cui i giudici di secondo grado, dichiarando inammissibile l'appello proposto dall'ufficio contro la sentenza di primo grado, hanno accolto il ricorso proposto da una società in merito a un rimborso di un credito Iva.
La sentenza ha ritenuto inammissibile l'appello di parte pubblica per la mancata notifica del relativo ricorso a una delle parti del giudizio di primo grado, ossia una società intervenuta in causa quale successore a titolo particolare della società ricorrente in primo grado (dalla quale aveva acquistato il ramo d'azienda comprendente il credito Iva dedotto in giudizio).
L'Amministrazione ricorrente lamenta la violazione degli articoli 49 e 53 del Dlgs 546/1992 laddove i giudici di appello hanno dichiarato l'inammissibilità del gravame invece che ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti della società parte processuale del giudizio di primo grado.
 

La decisione della Cassazione
Per i giudici di piazza Cavour l'eccezione è fondata, con la conseguenza che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Ctr, in altra composizione.
Per la Corte suprema, infatti, "…ai sensi dell'art. 331 cpc, applicabile al giudizio tributario per il richiamo contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, la mancata integrazione del contraddittorio in appello non dà luogo in nessun caso all'inammissibilità del gravame, bensì all'integrazione del contraddittorio iussu ludici…".
Infatti, "…nell'ipotesi di omessa impugnazione, nei confronti di tutte le parti, di una sentenza pronunciata in causa inscindibile - da riferirsi oltre che al litisconsorzio necessario sostanziale anche a quello processuale, che si verifica quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione alfine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio - il giudice di appello, in applicazione dell'art. 331 cod. proc., civ., deve disporre l'integrazione dei contraddittorio; la mancata integrazione del contraddittorio, in difetto di emissione di tale ordine, non comporta l'inammissibilità del gravame, ma la nullità dell'intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità…" (Cassazione 11154/2003).
Tale principio - sostiene infine la Corte - vale quale che sia la posizione processuale che la parte pretermessa in appello rivestiva nel giudizio di primo grado (ricorrente, resistente, chiamato, interventore principale, interventore adesivo autonomo, interventore adesivo dipendente o, infine, interventore ex articolo 111 codice procedura civile).

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