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Giurisprudenza

Indebita detrazione di fatture,
al contribuente l'onere della prova

Deve fornire l'idonea documentazione che dimostri la buona fede del comportamento adottato, altrimenti l'ufficio è legittimato a recuperare l'illecito risparmio di imposta

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Se l'ufficio contesta al contribuente l'indebita detrazione di fatture relative a operazioni inesistenti, è lo stesso contribuente che deve fornire la prova della legittimità e della correttezza dell'operazione mediante l'esibizione dei documenti contabili legittimanti e non dei soli mezzi di pagamento. Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza 27198 del 16 dicembre.
 

I fatti
Con distinti avvisi di accertamento, l'Agenzia delle Entrate, sulla base di due verbali della Guardia di finanza, ha contestato a una società in nome collettivo, per gli anni 1996 e 1997, l'indeducibilità di costi relativi a operazioni inesistenti e l'indetraibilità della relativa imposta sul valore aggiunto.
Il ricorso della contribuente è stato accolto dalla sentenza di primo grado, poi confermata dalla Commissione tributaria regionale della Toscana. In particolare, il giudice di appello ha rilevato che i pvc si basavano su dichiarazioni del vettore, che non avevano ulteriori riscontri e sulla cui genuinità sussistevano fondati dubbi; le merci, inoltre, risultavano pagate. Infine, l'assenza di registrazione delle fatture di vendita e di trasporto, a carico del venditore, non poteva ritorcersi a danno della contribuente acquirente, avendo quest'ultima mostrato all'ufficio la propria disponibilità a una verifica della contabilità di magazzino.
 

L'Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo, tra gli altri motivi, violazione e falsa applicazione dell'articolo 21 del Dpr 633/1972, e dell'articolo 2697 del codice civile, in relazione all'articolo 360 codice di procedura civile, comma 1, n. 3, poiché la sentenza di secondo grado non conteneva la dimostrazione dell'effettiva esistenza del costo sopportato e portato in detrazione da parte della società, ma attribuiva al Fisco l'onere di provare l'inesistenza dell'operazione.
 

Con la sentenza 21798/2011, la Corte, cassando con rinvio la sentenza d'appello, ha affermato che "l'oggetto della prova riguardava il diritto alla detrazione fiscale, e doveva essere dalla contribuente - che aveva chiesto di avvalersene - mediante idonea documentazione giustificativa".
 

Osservazioni
La Cassazione si pronuncia ancora una volta con riferimento all'indetraibilità dell'Iva nel caso di operazioni ritenute inesistenti dal Fisco. Dopo aver ribadito che la prova della legittimità e della correttezza del comportamento adottato dall'acquirente è a carico di quest'ultimo, i giudici di legittimità hanno precisato che tale prova deve essere fornita mediante l'esibizione di adeguati documenti contabili ("giustificativi" e "legittimanti", Cassazione 27198/2011), preventivamente acquisiti, conservati ed esibiti a richiesta dell'ufficio (Cassazione 13482/2008). Di conseguenza, se il contribuente "non è in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione, questa deve ritenersi indebita, e legittimamente l'Ufficio provvede a recuperare a tassazione l'imposta irritualmente detratta" proprio perché, in assenza di prova della legittimità della detrazione, viene a mancare anche la dimostrazione del fatto costitutivo della pretesa del contribuente (Cassazione 16896/2007 e 28695/2005).
 

Dimostrazione che non può avvenire né mediante un documento anonimo né mediante un documento qualsiasi.
Gli atti probatori che il contribuente deve produrre (Cassazione 1181/2001) non devono provenire da un soggetto inesistente, né da un soggetto che non effettua l'operazione, cioè da chi non è stato controparte effettiva nel rapporto relativo alle operazioni fatturate (Cassazione 4750/2010 e 10394/2010), né riferirsi a un soggetto in essi non indicato (Cassazione 1727/2007).
 

E, ancora, la prova documentale "non può essere costituita dalla sola esibizione dei mezzi di pagamento, che normalmente vengono utilizzati fittiziamente e che, pertanto, rappresentano un mero elemento indiziario, la cui presenza o assenza mancanza deve essere valutata nel contesto di tutte le altre risultanze processuali" (Cassazione, sentenze 27198/2011, 11203/2007, 7144/2007 e 13662/2001). Ciò in quanto, di solito, gli utilizzatori di fatture emesse a copertura di operazioni inesistenti, al fine di dedurre il costo e detrarre la corrispondente Iva, hanno cura di effettuare i relativi pagamenti con assegni bancari per lasciare traccia degli stessi a futura memoria. Nel contempo, però, si fanno restituire, in contanti, la stessa somma pagata, salvo i costi richiesti dall'emittente (Cassazione 15228/2001).
 

Di conseguenza, bene ha fatto la Corte a non riconoscere il diritto alla detrazione Iva nel caso in cui i pagamenti, che l'imprenditore asseriva di avere effettuato, non trovavano coincidenza nella contabilità del fornitore e, inoltre, risultava che il mezzo di trasporto usato per le operazioni non era coerente con la quantità di merce che il contribuente dichiarava di aver acquistato (Cassazione 27547/2011).
 

Non basta quindi che siano esibiti i mezzi di pagamento. Per la Cassazione è necessario che, in relazione alle fatture emesse, sia dimostrata l'effettività delle operazioni sottostanti. Soprattutto se, come nel caso in esame, i giudici di merito hanno dichiarato illegittimi gli accertamenti impugnati per carenza di prova, omettendo sia di prendere in considerazione le argomentazioni addotte e i documenti forniti dall'ufficio nella fase istruttoria (la dichiarazione del vettore di non aver effettuato il trasporto, la mancata fatturazione del cedente della vendita, le modalità di pagamento della merce, avvenuta con monetizzazione degli assegni in conto pagamento lo stesso giorno della loro emissione direttamente all'istituto emittente), sia di chiedere al contribuente di fornire la controprova. Una volta che l'amministrazione ha fornito validi elementi, anche indiziari, per affermare che le fatture sono state emesse per operazioni inesistenti, infatti, passa al contribuente l'onere di dimostrare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cassazione, sentenze 26679/2009, 18018/2009 e 17729/2009).
 

Ma oltre a essere effettiva, ai fini del conseguimento del diritto alla detrazione dell'Iva, l'operazione fatturata deve essere anche "inerente all'impresa" (deve essere verificata, cioè, "la ricorrenza dell'imprescindibile 'nesso funzionale' che deve legare il costo alla vita dell'impresa" per lo svolgimento della specifica attività, che costituisce la ragion d'essere stessa dell'impresa - Cassazione 5912/2010). Di conseguenza, nella fattispecie esaminata dalla Corte, il difetto dell'ulteriore requisito di detraibilità (l'inerenza all'impresa dell'operazione fatturata) è stato rilevato con riferimento all'assenza di registrazione delle fatture di vendita da parte della cedente e non è stato comprovato dalla società (Cassazione, sentenze 13205/2003, 11109/2003 e 5228/2001).
 

Spetterà al giudice del rinvio riesaminare la sentenza di secondo grado alla luce del principio di diritto enunciato relativo all'onere e all'oggetto della prova.


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