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Giurisprudenza

Indeducibili i costi per assumere
personale in “mobilità fantasma”

La spesa relativa al reclutamento di lavoratori, benché sia stata regolarmente sostenuta e appostata in bilancio, è direttamente connessa alla fattispecie di reato commesso

Non sono deducibili dal reddito i costi sostenuti da una società per ingaggiare personale collocato nelle liste di mobilità da altre società del gruppo, fruendo di indebite agevolazioni contributive ai danni dell’Inps, perché direttamente connessi al reato di truffa nei confronti dell’ente.
Lo afferma la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 24646 dell’8 ottobre 2018.
 
I fatti
Con avviso di accertamento emesso per l’anno d’imposta 2007 ai fini Ires e Irap, l’ufficio ha recuperato il costo del personale collocato in mobilità sostenuto da una Srl operante nel settore di produzione delle calzature. In particolare, l’avviso recepiva i rilievi di un Pvc, con il quale la Guardia di finanza aveva accertato fenomeni di evasione contributiva compiuti da un elevato numero di imprese pugliesi in relazione a procedure di mobilità del personale ex legge 223/1991.
Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 14, comma 4-bis, legge 537/1993 e dell’articolo 41-bis, Dpr 600/1973, l’ufficio ha rettificato il reddito dichiarato, ritenendo che la contribuente aveva agito all’interno di un sistema fraudolento, attingendo manodopera da altre aziende del gruppo. Numerose aziende, cioè, facevano ricorso al sistematico collocamento in mobilità dei lavoratori, preordinandolo a fraudolente riassunzioni in altre aziende dello stesso gruppo, effettuate dopo pochi giorni dall’estinzione di precedenti rapporti di lavoro, al fine di fruire delle agevolazioni contributive (abbattimento dei relativi contributi a favore del datore), ex articolo 8, legge 223/1991 (abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2017) e, nella fattispecie, riconosciute spettanti dall’Inps.

Al riguardo, l’Agenzia delle entrate ha evidenziato che le indagini avevano avuto anche risvolto penale, con rinvio a giudizio dei soggetti risultati amministratori di fatto e di diritto delle società coinvolte, responsabili in concorso tra loro del reato di falsità ideologica (articolo 483 cp, per aver attestato falsamente la mancanza di assetti proprietari comuni tra le società coinvolte, aggirando il divieto ex articolo 8, comma 4-bis, legge 223/1991) e truffa aggravata ai danni dell’Inps (articolo 640, comma 2, cp).
Tuttavia, i giudici di merito hanno accolto il ricorso della Srl e respinto, in secondo grado, l’appello dell’ufficio.
La Commissione tributaria regionale, infatti, richiamando la decisione di primo grado, ha ritenuto:
  • non sussistere alcuna rilevanza di carattere tributario nel vantaggio contributivo acquisito dalla società contribuente, poiché la fattispecie rientrava nella disciplina della legislazione previdenziale di competenza della giurisdizione ordinaria
  • non pertinente l’applicazione dell’articolo 14, legge 537/1993, poiché, come riconosciuto dalla decisione della Commissione provinciale, il costo del lavoro dell’impresa calzaturiera, “documentato dalla sua contabilità̀ e correlativa appostazione in bilancio”, non poteva essere ritenuto indeducibile “secondo i corretti canoni della inerenza della sua determinazione”, in quanto “connesso all’esercizio di un’attività lavorativa lecita ed effettiva”.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’articolo 14, comma 4-bis, legge 537/1993, e la Corte lo ha accolto, in quanto, riguardo le “… imposte sui redditi, a norma della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4-bis (nella formulazione introdotta con il D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, conv. L. n. 44 del 2012), non sono deducibili i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività̀ nel caso di illeciti penalmente rilevanti…”.

L’ordinanza
I giudici di legittimità hanno richiamato l’articolo 14 nella formulazione introdotta con l’articolo 8, comma 1, Dl 16/2012. Tale richiamo rende opportuno precisare il contenuto di entrambe le disposizioni.
La prima disponeva che, nella determinazione dei redditi ex articolo 6, comma 1, Tuir, “non sono ammessi in deduzione i costi e le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti …”, comprendendo ogni costo relativo a qualsiasi bene o servizio collegato anche indirettamente a fattispecie criminose.
La seconda ha sostituito integralmente il suddetto comma 4-bis dell’articolo 14, legge 537/1993, disponendo che “non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni e delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo ...”, rendendo più stringenti i presupposti di applicabilità̀ del divieto di deducibilità̀ dei cosiddetti “costi da reato”.

La modifica normativa consente di distinguere, nell’ambito dei costi indeducibili, quelli che si pongono in rapporto diretto con il delitto e quelli che, seppur dipendenti da un’attività̀ nel cui ambito sono stati commessi uno o più̀ illeciti, rimangono comunque sostenuti nell’esercizio dell’attività̀ ordinaria d’impresa, in quanto, appunto, non direttamente utilizzati nell’esercizio dell’attività̀ criminosa (cfr Cassazione, 31059/2017).

Nella fattispecie esaminata è proprio il legame inscindibile, esistente fra il titolo in base al quale il costo è stato sostenuto e la condotta illecita, a integrare la condizione richiesta dalla norma ai fini della relativa indeducibilità̀. Il costo relativo al reclutamento del personale (collocato nelle liste di mobilità dell’azienda madre della società contribuente e da questa assunto), ancorché regolarmente sostenuto e appostato in bilancio, infatti, è direttamente connesso alla fattispecie di reato (truffa ai danni dell’Inps) e, quindi, è indeducibile ex articolo 14, legge 537/1993.

Osservazioni
Come chiarito dall’Agenzia delle entrate (cfr circolare 32/2012), l’indeducibilità dei “costi da reato” va riferita sia ai fattori produttivi che si pongano in rapporto diretto con il delitto sia all’acquisizione dei predetti fattori (come il costo della manodopera) funzionali allo svolgimento di un’attività d’impresa lecita, che abbiano avuto un rapporto di strumentalità con la commissione del reato, anche se non sostenuti esclusivamente per il suo compimento e sempre che non siano utilizzati per l’attività delittuosa.
In senso conforme si è espressa anche la Cassazione. La Corte, infatti:
  • con riferimento al recupero dei costi del personale dedotti da una Srl e documentati da fatture emesse da cartiere al fine di compensare, nel modello F24, i contributi con crediti Iva inesistenti, ha affermato la provenienza illecita (non delle prestazioni lavorative ma) dei costi trasferiti a società cartiere con contratti simulati di associazione in partecipazione, costi che rappresentavano, quindi, l’investimento destinato a produrre maggiori profitti in modo illecito (cfr Cassazione, 22108/2015)
  • ha ritenuto costi direttamente “utilizzati” per il compimento del delitto, e in quanto tali non deducibili, anche quelli sostenuti dalla società contribuente a seguito dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti (quindi, in un momento successivo al perfezionamento della fattispecie delittuosa) al fine di ottenere un maggior credito verso le banche, in quanto relativi a commissioni e interessi passivi derivanti dall’uso del credito illecitamente ottenuto (cfr Cassazione, 31059/17).
E l’elenco dei costi da reato indeducibili si è arricchito, nei gradi di merito, di altre tipologie, quali, a titolo esemplificativo, i compensi pagati ai dipendenti “fuori busta” nell’attività illecita di contraffazione di gioielli (cfr Ctp Padova, 39/13/2011), i costi per l’acquisto di fitofarmaci di provenienza illecita con false fatturazioni emesse da società “cartiere” create al solo scopo di ripulire la refurtiva (cfr Ctp Ravenna, 112/1/2008 e 113/1/2008), per l’acquisto di materiali ferrosi, riferibile al traffico illecito di rifiuti (cfr Ctr Lombardia, 160/67/2014). E, con la fattispecie al vaglio della Corte, sono indeducibili dal reddito anche i costi per assunzione di personale in “mobilità fantasma”, agitata da false dichiarazioni di responsabilità e da truffa aggravata ai danni dell’Inps.
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