Il diritto del compratore di portare in detrazione l'Iva addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore, quando si tratta di acquisto effettuato nell'esercizio di impresa, richiede un "quid pluris" rispetto alla qualità di imprenditore dell'acquirente, cioè l'inerenza o strumentalità del bene comprato rispetto all'attività imprenditoriale.
Con la sentenza n. 3706 del 17 febbraio, la Cassazione torna così a pronunciarsi, in tema di Iva, sulla necessità dell'inerenza del bene acquistato all'attività svolta dal soggetto passivo, ai fini della detrazione dell'imposta assolta al momento dell'acquisto del bene.
Il fatto
La vicenda trae origine dall'avviso di rettifica dell'Iva emesso nei confronti di una società esercente il commercio all'ingrosso di frutta e verdura (oltre che per l'irregolare tenuta dei registri Iva e per la tardiva registrazione di alcune fatture), per il mancato riconoscimento della detrazione dell'imposta sui canoni corrisposti per la locazione finanziaria di un immobile che la contribuente aveva locato a terzi - e quindi aveva riscattato e poi alienato - non essendo stati ravvisati nella specie i requisiti di inerenza e strumentalità rispetto all'oggetto sociale (commercio all'ingrosso di frutta e verdura).
Nel corso dei giudizi di merito le doglianze della società erano accolte, in quanto si riteneva sufficiente, ai fini della detrazione dell'Iva assolta, il fatto che si trattasse di un bene acquistato nell'esercizio dell'impresa. Ne conseguiva che l'imposta pagata sui canoni di locazione finanziaria era considerata detraibile, giacché relativa all'acquisto di un bene (immobile) per il quale l'inerenza andava rapportata non tanto alla strumentalità dell'immobile, quanto al carattere di funzionalità che legava lo stesso (nella specie un supermercato), non solo all'esercizio dell'attività effettivamente svolta dalla società (il commercio all'ingrosso ortofrutticolo), ma anche secondo una visione prospettica di utilizzo e/o impiego del bene in leasing (la successiva concessione in locazione dell'immobile proprio come supermercato), dovendosi considerare l'inerenza come astratta e potenziale possibilità del costo di produrre ricavi.
Avverso la decisione delle Commissioni tributarie ricorreva l'Agenzia delle Entrate, sostenendo, in particolare, che ai fini della detrazione dell'Iva assolta sugli acquisti occorreva, invece, l'accertamento in concreto dell'inerenza dei beni acquistati con lo specifico settore di attività esercitata, alla luce dell'oggetto indicato nello statuto della società.
La pronuncia della Corte di cassazione
La Suprema corte ha accolto il ricorso dell'Amministrazione finanziaria e ribadito il principio secondo cui "in tema di Iva, l'art. 19, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, consentendo al compratore di portare in detrazione l'imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore quando si tratti di acquisto effettuato nell'esercizio dell'impresa, richiede, oltre alla qualità di imprenditore dell'acquirente, l'inerenza del bene acquistato all'attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene stesso rispetto a detta specifica attività".
Le argomentazioni della Cassazione si fondano sulla disposizione contenuta nell'articolo 4, comma 2, del Dpr 633/1972, secondo cui "si considerano in ogni caso effettuate nell'esercizio di imprese: 1) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società …", in combinato disposto con l'articolo 19, comma 1, del decreto Iva, in base al quale "è detraibile dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa…".
In base alla disciplina dettata da tali norme - osserva la Corte - "mentre le cessioni di beni da parte di società commerciali sono da considerare in ogni caso, cioè senza eccezioni, effettuate nell'esercizio di impresa, in ordine agli acquisti di beni da parte delle stesse società, l'inerenza all'esercizio dell'impresa di tali operazioni passive, ai fini della detraibilità dell'imposta, non può essere ritenuta in virtù della semplice qualità di imprenditore societario dell'acquirente, ma occorre accertare che le operazioni medesime siano effettivamente compiute nell'esercizio d'impresa, cioè in stretta connessione con le finalità imprenditoriali con onere della prova a carico di chi invochi la detrazione".
Giova rammentare che la sentenza in commento si pone in continuità con l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità - conforme peraltro a quella della Corte di giustizia Ce (cfr tra le più recenti, sentenza del 12 febbraio 2009, causa C-515/07) - secondo cui l'Iva assolta sulle operazioni passive è suscettibile di detrazione soltanto se dette operazioni ineriscano all'impresa, nel senso che siano finalizzate al suo effettivo esercizio e, cioè, alla specifica attività produttiva (Cassazione, sentenze 11765/2008, 3022/2007, 2300/2005, 1863/2004, 5599/2003).
Inerenza Iva società commerciali. Doppia via per acquisti e cessioni
Per la legittimità della detrazione va provata la strumentalità del bene comprato rispetto all'attività esercitata
