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Giurisprudenza

Infedele dichiarazione: confermata
anche se le imposte sono azzerate

La sanzione è collegata esclusivamente al dato obiettivo di un reddito inferiore, prescindendo da ogni eventuale pagamento già eseguito da parte del contribuente

Pinocchio
Le sanzioni amministrative previste per infedele dichiarazione (articolo 1 del Dlgs 471/1997) sono dovute a prescindere dalla circostanza che l’imposta non dichiarata debba essere poi effettivamente riscossa oppure possa essere azzerata con perdite fiscali pregresse.
Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza n. 6663 del 21 marzo 2014.

I fatti
Sulla base dei rilievi contenuti in un processo verbale di constatazione nei confronti di una società a responsabilità limitata, l’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento per l’anno 2001, ai fini Iva, Irpeg e Irap, tenendo conto di componenti negativi di reddito (non deducibili perché privi dei requisiti di inerenza, certezza e determinabilità), di componenti positivi non dichiarati (ricavi non contabilizzati, derivanti da cessioni presunte emerse sulla base della rilevazione di differenze d’inventario), oltre che dell’acquisto di merci senza fattura, e irrogando le relative sanzioni.

La società ha impugnato l’avviso e la cartella di pagamento a esso conseguente.
La Commissione tributaria provinciale ha respinto i ricorsi riuniti, osservando, quanto all’accertamento, che le giustificazioni riguardanti l’utilizzabilità dei crediti maturati negli anni precedenti erano infondate e le differenze d’inventario non erano riconducibili a un errore dei dipendenti della società di logistica presso la quale erano stati depositati i beni.
Anche in secondo grado, l’impugnazione della società non ha avuto esito diverso. In particolare, la Ctr, respingendo l’appello, ha ritenuto che la sanzione comminata per l’infedele dichiarazione ai fini Irpeg doveva essere calcolata prima della “…scelta di compensare le perdite pregresse….”.

La Srl ha proposto, infine, ricorso per cassazione, denunciando, tra l’altro, la violazione dell’articolo 1 del Dlgs 471/1997, in quanto la sanzione non doveva essere irrogata poiché il maggior reddito accertato ai fini Irpeg poteva essere azzerato per effetto delle perdite pregresse, rilevabili dai righi RS47 a RS50 del modello Unico di dichiarazione per le società di capitali, indicati anche nella pagina 12 dell’avviso di accertamento.

La Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso e ha precisato che la disciplina sanzionatoria dettata dall’articolo 1, comma 2, Dlgs 471/1997, “è intesa a prevenire la presentazione da parte dei contribuenti di dichiarazioni infedeli, di guisa che le corrispondenti sanzioni, di natura amministrativa, sono da riconnettere al solo dato obiettivo della dichiarazione di un reddito inferiore a quello accertato o, comunque, di un’imposta inferiore a quella dovuta: è tale infedele dichiarazione che induce il conseguente accertamento, il quale a sua volta determina l’irrogazione della sanzione…”.

Osservazioni
I giudici di piazza Cavour ribadiscono le finalità della norma sanzionatoria e ne riscontrano la coerenza con il sistema e con i precedenti di legittimità. L’articolo 1, comma 2, Dlgs 471/1997 prevede la sanzione amministrativa, dal 100 al 200% della maggiore imposta o della differenza del credito, “se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante...”. La disposizione, volta a prevenire la presentazione di dichiarazioni infedeli da parte dei contribuenti, riconnette le sanzioni al solo dato obiettivo della dichiarazione di un reddito inferiore. A prescindere dalla circostanza che, per l’esistenza di perdite pregresse, nella fattispecie concreta, non vi sia stata effettiva evasione d’imposta.
La Corte giunge a tale conclusione poiché ritiene che i riflessi della violazione si proiettano nella fase di accertamento e di irrogazione della sanzione, mentre gli effetti della compensazione si producono nella fase della riscossione, quando cioè l’imposta accertata deve essere effettivamente riscossa ovvero può essere compensata con crediti conseguenti alla stabilizzazione di perdite anteriori (Cassazione, sentenza 13014/2011, ordinanze 16333/2012 e 2486/2013).

Tale interpretazione, secondo i giudici di legittimità, è coerente con l’ordinamento.
Lo è alla luce dell’articolo 1, comma 4, Dlgs 471/1997, secondo il quale la fase di liquidazione dell’imposta è logicamente e cronologicamente prodromica rispetto alla fase in cui vengono valutati titoli di compensazione o lo stesso pagamento dell’imposta (per maggiore imposta si intende la differenza tra l’ammontare del tributo liquidato in base all’accertamento” il quale verifica i dati e gli elementi contenuti nella dichiarazione, “e quello liquidabile in base alle dichiarazioni...”, conseguente dal reddito espressione della capacità contributiva, cristallizzato dalla dichiarazione e che innesta il successivo accertamento).

Lo è, in termini di continuità sistematica, con l’articolo 46, Dpr 600/1973, e con la giurisprudenza di legittimità relativa (Cassazione 947/2000, 3545/2002 e 9757/2008), in quanto le sanzioni per dichiarazioni (tardive e) infedeli, di natura amministrativa, erano collegate esclusivamente al dato obiettivo della dichiarazione di un reddito inferiore, a prescindere da ogni eventuale pagamento dell’imposta effettivamente dovuta già eseguito da parte del contribuente.
 
E infine, lo è con le norme comunitarie. Su richiesta della società contribuente, la Corte ha valutato la legittimità della sanzione con riferimento alla sua proporzionalità e alla sua compatibilità comunitaria. La Cassazione ha affermato non solo che nella fattispecie sottoposta al suo esame non è prospettabile alcun vulnus alla realizzazione delle libertà fondamentali enunciate dal Trattato, ma anche che la misura della sanzione è pienamente rispondente e proporzionata alla sua funzione dissuasiva tipica. Essendo ragguagliata alla maggiore imposta liquidata (cioè alla differenza fra l’ammontare del tributo accertato e quello dichiarato), “è volta a prevenire e non già a correggere le irregolarità, riuscendo … proporzionata all’obiettivo perseguito.
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