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Giurisprudenza

Da integrare, ma ammissibile,
l’appello con notifica “parziale”

Valida l’impugnazione anche se non comunicata a tutti i soggetti intervenuti nel processo di primo grado. Al giudice il compito di ordinare il coinvolgimento degli “assenti”

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Dall’omessa notifica dell’appello a tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado non deriva l’inammissibilità del gravame, ma soltanto l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio per ordine del giudice e, in mancanza di questo, la nullità del giudizio di secondo grado e della relativa sentenza, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità.
Questo l’orientamento costante della giurisprudenza della Corte di cassazione su una questione rispetto alla quale si registra talora un contrario orientamento da parte di alcune Commissioni tributarie.
 
L’orientamento di alcune pronunce tributarie di merito
Due recenti sentenze emesse dalle Ctr di Torino (47/30/2013) e di Milano (650/28/2014) hanno dichiarato l’inammissibilità di appelli tributari in quanto non notificati dall’appellante a tutte le parti del giudizio di primo grado, in asserita violazione dell’articolo 53 del Dlgs 546/1992.
 
Da ultimo, in particolare, la decisione della Ctr della Lombardia, sul presupposto che “l’appello deve essere notificato a tutte le parti costituite nel giudizio di primo grado, nei cui confronti è stata resa la sentenza impugnata”, ha ritenuto che, laddove detta regola non venga rispettata, si verifica un vizio insanabile del gravame.
Specificamente, secondo detta pronuncia, l’omesso invio dell’atto di appello ad alcuni resistenti comporta l’inesistenza del rapporto processuale e non la sua nullità, eventualmente sanabile ex articolo 156 del codice di procedura civile, con conseguente inammissibilità d’ufficio dell’impugnazione.
 
La posizione della Corte di cassazione
Sulla questione dell’omessa notificazione dell’impugnazione a tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado si registra un consolidato orientamento della Cassazione, secondo il quale questa situazione “non comporta l’inammissibilità del gravame (tempestivamente proposto nei confronti dell’altra parte), ma soltanto l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio per ordine del giudice e, in mancanza di questo, la nullità dell’intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità” (Cassazione, sentenze 445/2013 e 9381/2007).
In tali ipotesi, ha spiegato ancora il Collegio, il giudice di appello “in applicazione dell’art. 331 cod. proc. civ., deve disporre l’integrazione dei contraddittorio” (Cassazione, sentenze 14904/2002 e 14423/2010).
 
Considerazioni
L’articolo 53, comma 2, del Dlgs 546/1992, prevede, tra l’altro, che “Il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all’art. 20, commi 1 e 2, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado…”.
Se pertanto, a stretto tenore letterale, il gravame tributario di secondo grado deve essere notificato a tutte le parti del giudizio in Commissione tributaria provinciale, tuttavia la norma non prevede una sanzione per la sua violazione.
 
A tal proposito, la Corte suprema ha rilevato che, dal citato disposto normativo, “non si deduce che l’inosservanza di questa prescrizione sia sanzionata con la nullità”, precisando altresì che “comunque, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., nessuna nullità può essere comminata se non espressamente prevista…” (Cassazione, sentenza 14423/2010).
Laddove, eventualmente, l’appello non sia stato notificato a tutte le parti del primo grado, soccorre la previsione dell’articolo 331 cpc, che è ritenuto “applicabile nel giudizio tributario per il richiamo di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49…” (Cassazione, sentenza 24089/2012).
La richiamata norma del codice di rito civile prevede al primo comma che “Se la sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta…”.
 
La soluzione sposata dalla Cassazione di non far discendere dalla mancata notificazione dell’appello a qualcuna delle parti del giudizio di primo grado l’inammissibilità, ovvero la più grave delle sanzioni processuali, appare aderente al principio del giusto processo di cui all’articolo 111 della Costituzione in ordine al regolare rispetto del contraddittorio, che la Corte di legittimità ha ritenuto prevalente, di regola, rispetto al principio della ragionevole durata del processo.
Al riguardo, proprio in ragione di tale impostazione, pur dovendosi salvaguardare il principio della soggezione del giudice soltanto alla legge, appare corretto limitare l’operatività della sanzione dell’inammissibilità alle sole situazioni che involgano la tutela di situazioni costituzionalmente rilevanti e prevalenti rispetto al diritto alla difesa giurisdizionale.
 
In una situazione come quella di cui si discute, risulta, quindi, coerente con la disciplina costituzionale in tema di diritto di difesa prevedere che il giudice debba ordinare l’integrazione del contraddittorio piuttosto che dichiarare inammissibile l’impugnazione.
 
In definitiva, richiamando l’insegnamento della pronuncia 24089/2012 della Cassazione, confermativa sul punto della sentenza 14124/2010 delle sezioni unite della Corte suprema, nel caso di cause inscindibili, qualora l’impugnazione risulti proposta nei confronti di tutti i legittimati passivi – nel senso che l’appellante li abbia correttamente individuati e indicati come destinatari dell’impugnazione medesima, ma poi, in relazione a uno o ad alcuni di essi, la notificazione sia rimasta comunque inefficace (omessa o inesistente) o non ne venga dimostrato il perfezionamento – “deve trovare applicazione l’art. 331 cod. proc. civ…, e pertanto il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio, e non può dichiarare inammissibile l’impugnazione”.
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