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Giurisprudenza

Interposizione fittizia finalizzata
all'azzeramento della plusvalenza

La sequenza donazione-vendita, in caso di trasferimento di terreno edificabile tra familiari seguito poco dopo dalla cessione a terzi, è ritenuta simulazione relativa

immagine generica di un uomo che mente
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la disciplina dell'interposizione, prevista dall'articolo 37, terzo comma, Dpr 600/1973, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere il carico fiscale pur nella sostanziale presenza del presupposto impositivo.
Sono le conclusioni evidenziate dalla Corte suprema, nella sentenza n. 4966 del 27 febbraio 2017.

Seppure lo specifico caso affrontato dai giudici di legittimità - rivendita di un terreno pervenuto per donazione dopo un breve lasso di tempo a un prezzo sostanzialmente identico al valore della donazione, con conseguente azzeramento della plusvalenza ai fini delle imposte sui redditi - è stato disciplinato in via normativa con la previsione che, in queste ipotesi, ai fini della determinazione della plusvalenza, si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante(1), la pronuncia appare interessante poiché il principio di diritto affermato ha valenza generale in relazione all'applicazione delle norme sull'interposizione contenute nel citato articolo 37.

I fatti
Nell'ottobre del 2001, un contribuente donava alla moglie e alle figlie un terreno precedentemente acquistato (1968), risultante dal piano regolatore a prevalente destinazione residenziale, per il quale dichiarava il valore, in lire, di un miliardo e 700 milioni, pari a 877.976,73 euro.
Il 12 dicembre 2001, una società immobiliare presentava al Comune una richiesta di permesso per la costruzione, sull'area oggetto di donazione, di due palazzine per complessive 14 unità abitative.
Successivamente, il 26 settembre 2002, la società immobiliare acquistava dalle donatarie il terreno in oggetto per il prezzo di 877.977 euro, corrispondente al valore indicato nell'atto di donazione; di conseguenza non veniva a sussistere alcuna plusvalenza.

Al riguardo, l'ufficio - considerato anche il breve lasso di tempo trascorso tra i diversi atti - riteneva che la donazione del terreno edificabile fosse avvenuta in vista della successiva alienazione e avesse assolto la finalità di azzerare la plusvalenza risultante dalla successiva vendita. Di conseguenza, accertava, a carico del donante, l'omessa dichiarazione della plusvalenza corrispondente alla differenza tra il prezzo di vendita del terreno alla società immobiliare e il costo storico di acquisto rivalutato.

L'avviso di accertamento veniva impugnato dalle donatarie in qualità di eredi del donante nel frattempo deceduto.
Le eccezioni sollevate trovavano conferma in entrambi i gradi di merito.
In particolare, la Ctr non riteneva fondato l'accertamento, affermando che solo "se il prezzo pagato fosse entrato nella disponibilità del donante, l'Ufficio ne avrebbe potuto trarre un indizio a favore della propria tesi, ma nel caso di specie l'intero prezzo è restato nella esclusiva disponibilità delle venditrici". Inoltre, secondo i giudici di merito, "la tempistica e le modalità della vendita appaiono del tutto fisiologiche e lecite", restando privo di prova, da parte dell'ufficio, che la donazione sia avvenuta in frode alla legge.

L'ufficio proponeva, quindi, impugnazione in Cassazione, rilevando l'insufficiente motivazione della sentenza di secondo grado, che aveva omesso di valutare la circostanza secondo cui la donazione aveva avuto l'unica finalità di azzerare la plusvalenza derivante dalla vendita del terreno edificabile, già concordata in favore della società immobiliare, che aveva depositato la richiesta del permesso di costruire già prima di acquistare il terreno.

Le conclusioni dei giudici di legittimità
La Corte di cassazione, con la pronuncia in commento, ha ritenuto fondato il ricorso dell'Amministrazione finanziaria, rilevando, in effetti, il vizio di motivazione insufficiente della sentenza della Ctr. Precisamente, laddove ha affermato che "la tempistica e le modalità di vendita appaiono del tutto lecite" senza esaminare le circostanze di fatto dedotte dall'ufficio circa la "sussistenza di un preesistente accordo con la società immobiliare per la vendita del terreno oggetto di donazione", ossia che la società acquirente, priva di proventi propri, aveva assunto gli oneri di progettazione relativi alla costruzione di due palazzine, depositando in Comune la correlativa richiesta di permesso di costruire a ridosso dell'avvenuto atto di donazione (2 mesi e 19 giorni dopo) e quando ancora non appariva titolare di alcun diritto sul terreno destinato alla edificazione, del quale diveniva proprietaria soltanto dieci mesi dopo.

Ciò posto, i giudici di legittimità - nella formulazione del principio di diritto cui la Ctr dovrà attenersi nell'eventuale giudizio di rinvio - hanno ribadito un rilevante principio di carattere generale in relazione all'ambito applicativo della disposizione di cui all'articolo 37 del Dpr 600/1973, ai sensi del quale è possibile l'imputazione diretta al contribuente "dei redditi di cui appaiono titolari altri soggetti, quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni, gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona".
Al riguardo, la Corte suprema ha chiarito che "In tema di accertamento rettificativo dei redditi, la disciplina antielusiva dell'interposizione, prevista dall'art. 37, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere il carico fiscale pur nella sostanziale presenza del presupposto impositivo". Ne deriva, a parere della Corte, "che il fenomeno della simulazione relativa, nell'ambito della quale può ricomprendersi l'interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo dell'intera operazione negoziale posta in essere, attraverso la sequenza donazione-vendita (principio affermato in relazione a casi analoghi di donazione di terreni edificabili conclusa fra familiari, seguita a breve dalla vendita dei beni a terzi, Sez. 5, Sentenza n. 21794 del 15/10/2014,; Sez. 5, Sentenza n. 21952 del 28/10/2015)".

Osservazioni
La giurisprudenza in esame richiama la figura dell'interposizione di persona, che si ha quando un soggetto "appare" o "è titolare" di una situazione giuridica, mentre nella realtà tale situazione è da ricondurre alla titolarità di un altro soggetto o è a questi - in ultimo - destinata.
In breve, si ha l'"interposizione fittizia" di persona quando il contratto è concluso da un soggetto che figura quale stipulante, mentre gli effetti del contratto medesimo sono destinati ab initio a prodursi nei confronti di altro o altri soggetti(2).
Mentre si ha "interposizione reale" di persona, quando un soggetto (interposto) agisce per conto di un altro, ma non in suo nome, divenendo, quindi, effettivo titolare in proprio dei diritti nascenti dal contratto, con l'obbligo - in base ad accordi interni - di trasferirli al soggetto (interponente) per conto del quale ha agito(3). Nella interposizione reale, quindi, l'interponente non diviene parte del contratto stipulato tra l'interposto e il terzo, né in senso formale, né in senso sostanziale.

In ambito fiscale, l'articolo 37, comma 3, Dpr 600/1973, consente al Fisco di imputare direttamente al contribuente redditi di cui appaiono titolari altri soggetti, quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni - purché gravi, precise e concordanti - che il contribuente medesimo ne è l'effettivo possessore per interposta persona.

A parere della Corte di cassazione, come evidenziato nella pronuncia in argomento e nei precedenti ivi richiamati, l'applicazione della disposizione in esame non presuppone un comportamento fraudolento da parte del contribuente - come nel caso dell'interposizione fittizia - ma può essere azionata dal Fisco anche quando vi sia "un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere il carico fiscale pur nella sostanziale presenza del presupposto impositivo".
Ciò può verificarsi e, quindi, lo scopo elusivo può attuarsi, secondo i giudici di legittimità, "anche mediante operazioni effettive e reali", con la conseguenza che anche l'interposizione reale può essere ricondotta alla fattispecie regolata dalla norma(4).

Si riporta, al riguardo, uno stralcio della sentenza 15830/2016, nella quale la Corte di cassazione ha chiarito che "L'infondatezza della tesi del secondo grado è nell'aver ritenuto l'ambito della norma come limitato alle operazioni simulate, e di avere di conseguenza concluso che quelle effettive non possano prestarsi ad eludere l'applicazione del regime fiscale di riferimento. L'art. 37, invece, secondo l'insegnamento costante di questa Corte, colpisce ogni uso improprio o ingiustificato di strumenti giuridici, pur di per sé legittimi, quando l'uso che se ne fa è volto a realizzare l'elusione. La sentenza va pertanto cassata con affermazione del principio di diritto per cui il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3 va inteso nel senso che imputa al contribuente i redditi che siano formalmente di un soggetto interposto, quando, in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, risulti che il contribuente ne è l'effettivo titolare; senza che si debba distinguere tra interposizione fittizia e reale. Conseguentemente, il suo contenuto non è limitato alle operazioni simulate, come ha ritenuto la decisione impugnata"(5).

La Corte suprema, tuttavia, nei casi di donazione tra genitori e figli (come nella sentenza in commento) manifesta comunque la necessità che la sussistenza dell'interposizione nel possesso dei redditi - che l'Amministrazione finanziaria può dimostrare anche mediante presunzioni gravi, precise e concordanti - venga valutata in modo rigoroso dal giudice, poiché "deve pur tenersi conto della libertà di pianificazione della propria successione da parte del genitore e del carattere genuino della donazione al figlio (v. Cass. 21952 del 2015)" (cfr. sentenza 16158/2016).

Da ultimo, si rileva che la disposizione di cui al terzo comma dell'articolo 37 del Dpr 600/1973 non risulta intaccata dalla riforma della disciplina dell'abuso del diritto. L'articolo 1, comma 3, del Dlgs 128/2015, infatti, ha previsto l'abrogazione solo dell'articolo 37-bis.

NOTE:
1) L'accertamento dell'ufficio riguarda l'anno di imposta 2002. In seguito l'articolo 37 del Dl 223/2006 ha apportato modifiche al Tuir per disciplinare la fattispecie in argomento. In particolare, il comma 38 ha modificato l'articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir, inserendo la previsione secondo cui "In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante", mentre il comma 39 ha modificato l'articolo 68, comma 1, del Tuir, inserendo la previsione secondo cui "Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante".
2) Civilisticamente, la fattispecie si inquadra nel fenomeno della simulazione negoziale e, in particolare, della simulazione soggettiva relativa, che ricorre quando si fa apparire come parte un soggetto, mentre in realtà è parte un altro soggetto. 3) La fattispecie in esame viene ritenuta estranea al fenomeno simulatorio e inquadrata nella rappresentanza. 4) Cfr. in termini, Cassazione, ordinanza 818/2017; sentenze 21572/2016, 16158/2016, 21794/2014; ordinanza 13089/2012. Quest'ultima pronuncia ha esaminato il caso di un soggetto che ha stipulato un contratto preliminare di compravendita di un terreno incassando una somma poi trattenuta, poi ha donato il terreno alla figlia, la quale lo ha rivenduto al promissario acquirente del padre. Nella sentenza 21572/2016, la suprema Corte ha affermato che "Pertanto, limitandosi la ricorrente ad affermare che nel caso di specie non si tratta di interposizione fittizia , regolata dalla norma citata, ma di interposizione reale, come tale ritenuta - erroneamente- esclusa dalla fattispecie regolata dalla norma, il motivo non può essere accolto". 5) Negli stessi termini, sentenze 11937/2016 e 26057/2015, nella quale si afferma la sussistenza di un "principio antielusivo accolto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, il quale non permette la divergenza fra il possessore reale del reddito e quello apparente, ancorché essa derivi dall'interposizione di un terzo, quale espressione di una regola generale, desumibile dal concetto di abuso del diritto elaborato dalla giurisprudenza comunitaria e sotteso all'art. 53 Cost., laddove menziona la capacità contributiva e la progressività dell'imposizione…".
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