Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

Italia-Francia, riaperta la partita sui rimborsi

I giudici propendono per la natura tributaria del "pagamento da parte del Tesoro" previsto dalla Convenzione, in relazione a dividendi distribuiti da società residenti ai "cugini"

_2336.jpg
In virtù di quanto previsto dalla convenzione Italia-Francia contro le doppie imposizioni, considerata la inequivocabile natura tributaria delle somme in questione, il contribuente francese può chiedere la restituzione delle maggiori imposte versate in Italia sui dividendi distribuiti da società italiane nel termine decadenziale previsto dall'articolo 38 del decreto sulla riscossione. Non entro quello prescrizionale decennale, individuato dall'articolo 2946 del codice civile. E' quanto ha deciso la Commissione tributaria regionale di Pescara, con la sentenza n. 88/2007.

La vicenda
La controversia esaminata dai giudici abruzzesi trae origine dal silenzio-rifiuto dell'agenzia delle Entrate formatosi su una istanza di rimborso presentata da una società di capitali francese per ottenere la restituzione di una somma pari al credito d'imposta (equivalente a quello previsto dall'articolo 14 del Tuir nella formulazione in vigore fino al 31 dicembre 2003), spettante ai sensi dell'articolo 10, paragrafo 4, lettera b), della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Francia (ratificata con la legge 20/1992 ed entrata in vigore dal 1° maggio 1992), in base al quale "Una società residente della Francia, indicata al paragrafo 2-a) o soggetta alla legislazione francese applicabile alle società madri che riceve da una società residente dell'Italia dividendi che darebbero diritto a un credito d'imposta se fossero ricevuti da un residente dell'Italia, ha diritto ad un pagamento da parte del Tesoro italiano di un ammontare pari alla metà di detto credito d'imposta diminuito della ritenuta alla fonte prevista al paragrafo 2".

La sentenza
La società francese, dopo aver evidenziato (nell'istanza di rimborso e, successivamente, nel ricorso in primo grado) di aver assolto l'imposta sia in Italia che in Francia, riteneva che l'istanza di restituzione del predetto credito andasse presentata entro il termine di prescrizione decennale previsto dall'articolo 2946 del Codice civile italiano, considerato che il predetto paragrafo 4 testualmente prevede la restituzione di una somma di denaro da parte dell'Erario non qualificandolo come tributo.

Più precisamente, considerato che il paragrafo 6 del citato articolo 10 dispone che "Il rimborso deve essere richiesto, nei termini stabiliti dalla legislazione italiana, per il tramite della stessa società che in questo caso agisce a nome e per conto del richiedente, residente della Francia", il contribuente non ha ritenuto applicabile al caso di specie il termine decadenziale indicato dall'articolo 38 del Dpr 602/1973 (diciotto mesi, poi elevato a quarantotto), bensì quello prescrizionale decennale individuato dal citato articolo 2946 del Codice civile.

Per contro, il Centro operativo di Pescara (competente alla liquidazione del predetto rimborso) ribatteva, in conformità alla circolare 151/1994, che la norma sostanziale che attribuisce il diritto al pagamento delle somme corrispondenti al credito d'imposta sui dividendi è rinvenibile nella Convenzione che nulla dispone circa l'esatta individuazione del soggetto erogatore e le modalità procedurali, concludendo per l'applicabilità delle norme generali sui rimborsi di imposte sui redditi che, nell'ordinamento interno, sono contenute nell'articolo 38 del Dpr 602/1973.

La Commissione tributaria provinciale di Pescara accoglieva il ricorso del contribuente sulla base di una parte della giurisprudenza di merito e di legittimità (in particolare, cfr Cassazione, sentenze nn. 13678/2004, 7804/2003, 7455/2003, 69/2003) che non ha ritenuto applicabile il termine decadenziale di cui all'articolo 38 del Dpr 602/1973.

In particolare, secondo la citata sentenza di legittimità n. 13678/2004, quest'ultima disposizione fa riferimento a "fattispecie in cui il soggetto che ha versato una certa somma a titolo di imposta si avvede in seguito di averla pagata per errore o una seconda volta o senza averne l'obbligo e ne chiede perciò la restituzione all'Amministrazione cui l'ha versata. Nulla di simile si realizza nell'ipotesi contemplata dalla L. 7 gennaio 1992, n. 20 di ratifica della convenzione italo-francese del 5 ottobre 1989. Secondo tale convenzione (art. 10) una società residente della Francia…ha diritto ad un pagamento da parte del Tesoro italiano…Si tratta dunque di pagamento (e non di rimborso), corrispondente ad una parte di ciò che la società francese avrebbe avuto diritto a conseguire a titolo di credito di imposta, se avesse avuto sede in Italia. Lo spirito della norma convenzionale è chiaro, anche perché la terminologia è precisa; se parla di credito d'imposta per quanto riguarda il (potenziale) credito di una (eventuale) società italiana e di pagamento in relazione alla società straniera, significa che, pur vertendosi in materia tributaria, ha inteso collocare tale pagamento al di fuori del sistema delle decadenze dai rimborsi di imposta. Quindi, al di fuori del sistema di termini razionali ed adeguati in caso di rimborso a soggetti residenti in Italia, ma evidentemente ritenuti troppo brevi nell'ambito di rapporti internazionali collegati a calcoli non necessariamente semplici".

La Ctr dell'Abruzzo, chiamata a pronunciarsi sull'appello presentato dal Centro operativo di Pescara, ha riformato la sentenza di primo grado sulla scorta di altra giurisprudenza di legittimità formatasi con riferimento alla analoga convenzione Italia-Regno Unito contro le doppie imposizioni, ratificata con legge 329/1990.
In particolare, i giudici di appello, basandosi sulla circostanza che dal punto di vista sostanziale le due convenzioni coincidono, hanno statuito che le somme di denaro chieste a rimborso dal contribuente sono inequivocabilmente di natura tributaria (in quanto si tratta di un credito d'imposta) e che, pertanto, la norma interna applicabile è quella contemplata dall'articolo 38 del Dpr 602/1973 e non quella civilistica di cui all'articolo 2946 del Codice civile.

La Commissione tributaria regionale ha fatto riferimento a una recente sentenza (Cassazione n. 2105/2005), relativa a una controversia insorta tra un contribuente residente in Francia e l'Amministrazione finanziaria italiana, avente a oggetto la misura degli interessi dovuti sulle imposte tardivamente restituite per effetto della Convenzione italo-francese. Più precisamente, i giudici di legittimità si sono espressi per la natura tributaria del rapporto scaturente dalla liquidazione di tali interessi.

Difatti, partendo dal presupposto che la causa del rapporto in argomento è analoga a quella del credito d'imposta riconosciuto ai contribuenti residenti in Italia, disciplinato dal predetto articolo 14 del Tuir, la Suprema corte ha riconosciuto applicabile al caso in esame la disciplina di liquidazione degli interessi sui rimborsi, prevista dall'articolo 44 del Dpr 602/1973.
Tale interpretazione sarebbe suffragata, secondo la pronuncia 2105/2005, dalla circostanza che "la analoga Convenzione italo-britannica per evitare le doppie imposizioni, ratificata e resa esecutiva con legge n. 329 del 1990, contiene, anch'essa all'art. 10, paragrafo 4, lett. b), una disposizione identica, nella sostanza, a quella in esame (la convenzione italo-francese), con la quale - con proprietà terminologica sicuramente maggiore - alla società madre residente del Regno Unito che riceve dividendi da una società residente dell'Italia viene riconosciuto il diritto (non al pagamento di una generica somma, bensì) ad un credito d'imposta pari alla metà del credito d'imposta cui una persona fisica residente in Italia avrebbe diritto se avesse ricevuto gli stessi dividendi, in tal modo eliminando ogni possibile dubbio riguardo alla natura tributaria del rapporto (nei due casi identico) di cui si tratta".
E ancora, secondo i giudici di legittimità, tale ricostruzione sarebbe avvalorata dal fatto che l'articolo 44 del Dpr 602/1973 trova applicazione "in tutte le ipotesi in cui dall'Amministrazione finanziaria siano dovuti interessi in dipendenza di un rapporto giuridico tributario (Cass., 13137/91), atteso che la particolare disciplina da essa dettata trova la sua esclusiva giustificazione (e rinviene, di conseguenza, le condizioni della sua applicazione) nella speciale natura del credito cui gli interessi si riferiscono e nella particolarità dei soggetti e dei presupposti del rapporto (così Corte cost., ord. n. 288 del 1988), di talchè una interpretazione intesa ad escluderne l'applicabilità in ragione, sostanzialmente, della sola nazionalità del creditore si porrebbe in insanabile contrasto con l'art. 3 Cost.".

I giudici d'appello abruzzesi hanno anche ritenuto che il termine di cui all'articolo 38 del decreto sulla riscossione inizi a decorrere dalla data del secondo versamento (che ha generato la doppia imposizione), ossia dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in Francia.

Si segnala, inoltre, che per una analoga controversia anche la Commissione tributaria provinciale di Pescara (sentenza 102/2006) si è espressa nel senso di ritenere applicabile a tali particolari istanze di rimborso presentate da contribuenti francesi il termine decadenziale contemplato nell'articolo 38 del Dpr 602/1973.
URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/italia-francia-riaperta-partita-sui-rimborsi