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Giurisprudenza

Iva, la crisi economica non scagiona
tout court dall’omesso versamento

Il contribuente deve dimostrare che il mancato accantonamento dell’imposta incassata per rivalsa, non dipende da sua “negligenza” e che ha cercato di onorare il debito

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Nell’ambito di un procedimento penale per il delitto di omesso versamento dell’Iva, l’imputato che intenda invocare l’esimente della crisi di liquidità deve dimostrare “che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili”.
È quanto chiarito dalla terza sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza 10813 del 6 marzo.
 
I fatti di causa
Il rappresentane legale di una società veniva condannato per il delitto di omesso versamento dell’Iva previsto dall’articolo 10-ter del decreto legislativo 74/2000.
Avverso la sentenza di secondo grado, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, per far valere la violazione del citato articolo 10-ter del Dlgs 74/2000, nonché la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione.
In particolare, il ricorrente evidenziava che il mancato versamento dell’imposta era dipeso dall’insufficienza dei mezzi finanziari, con la conseguenza che si era trovato nell’oggettiva impossibilità di effettuare il pagamento.
 
La sentenza della Cassazione
Con la sentenza 10813/2014, la Cassazione, nel rigettare il ricorso dell’imputato, ha fornito alcuni chiarimenti in materia di configurabilità del delitto di omesso versamento dell’Iva in caso di carenza di liquidità dell’impresa.
La Corte ha innanzitutto ricordato che il delitto di omesso versamento dell’Iva, introdotto dal Dl 223/2006, è un reato omissivo a carattere istantaneo che si consuma nel momento in cui scade il termine previsto dalla legge per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo e che è punibile a titolo di dolo generico, la cui prova “è insita... nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta”.
 
Successivamente, con particolare riferimento alla crisi di liquidità invocata dall’imputato come causa di giustificazione idonea a escludere l’elemento psicologico e, dunque, la responsabilità penale, la Cassazione ha richiamato la sentenza 37424/2013, ove era stato chiarito che “Il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA è collegato al compimento delle operazioni imponibili. Ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all'obbligazione tributaria” e che “Non può… essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta… di non far debitamente fronte alla esigenza predetta…” (in tal senso, anche Cassazione, 2614/2014).
 
Secondo la Corte suprema, tale assunto non è incompatibile con l’orientamento secondo il quale “non è escluso che, in astratto, siano possibili casi… nei quali possa invocarsi l’assenza del dolo o l’assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione tributaria (così sez. 3, n. 5467 del 4.2.2014)”.
È tuttavia necessario che, da parte dell’imputato, siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene alla lamentata crisi di liquidità, devono investire “non solo l’aspetto della non imputabilità a chi abbia commesso il versamento della crisi economica che ha investito l’azienda o la sua persona”, ma anche la prova “che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario)”.
In altri termini, secondo la Cassazione, per invocare l’esimente della crisi di liquidità “riconducibile alla forza maggiore”, l’imputato deve dimostrare “che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili” (in tal senso, anche Cassazione, 5467/2014).
 
Conclusioni
Con la sentenza in commento, la Cassazione ha ribadito che la generica deduzione in ordine alla crisi economica non esclude l’elemento psicologico e, quindi, la responsabilità penale dell’imputato accusato del delitto di omesso versamento di Iva.
Secondo l’orientamento della Corte suprema, in breve, la configurabilità del reato può escludersi non quando il contribuente provi che la carenza di liquidità è conseguenza della crisi economica, ma solo nel caso in cui dimostri di non avere provocato la crisi di liquidità della propria azienda o persona e di essersi trovato nella “reale impossibilità incolpevole dell’adempimento” (per esempio, qualora l’incasso dell’Iva di cui è stato omesso il versamento non sia effettivamente avvenuto) ovvero di avere adottato idonee misure per evitare la commissione del delitto (per esempio, qualora il contribuente abbia fatto inutilmente ricorso al credito bancario).
 
Va a ogni modo ricordato che, anche nel caso in cui il giudice penale escluda la responsabilità penale dell’imputato, trovano comunque applicazione le sanzioni amministrative tributarie. Del resto, tra il delitto di omesso versamento di Iva e il corrispondente illecito amministrativo di cui all’articolo 13, comma 1, del Dlgs 471/1997, intercorre un rapporto non di specialità, ma di progressione illecita, che comporta l’applicabilità congiunta delle due sanzioni (Cassazione, sentenza 37424/2013).
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