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Giurisprudenza

Iva dichiarata e non versata:
a ruolo senza avviso bonario

L’ufficio, in questo caso, non è tenuto alla preventiva contestazione del mancato pagamento dell’imposta e può procedere direttamente all’irrogazione della sanzione piena

banconote
In caso di mancato pagamento dell’Iva regolarmente dichiarata, è legittima l’iscrizione a ruolo del tributo anche senza l’invito bonario in quanto, nell’ipotesi di omissione del versamento dell’imposta dichiarata dallo stesso contribuente, sanzionata dalla legge, la previsione del preventivo invito al pagamento, quale adempimento necessario e prodromico all’iscrizione a ruolo, si deve ritenere implicitamente caducata.
A stabilirlo, la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 3145 del 29 febbraio.
 
Il fatto
La vicenda in esame riguarda l’impugnazione della cartella di pagamento emessa per il recupero del mancato versamento dell’Iva annuale, che la Commissione tributaria provinciale aveva respinto.
L’appello del contribuente viene accolto dalla Ctr, che annulla l’iscrizione a ruolo per il fatto che la cartella non era stata preceduta dalla notifica dell’avviso bonario, come previsto dall’articolo 60, comma 6, del Dpr 633/1972.
L’ente impositore ricorre per cassazione censurando la decisione per violazione della norma Iva, nel suo combinato con l’articolo 17, comma 3, del Dlgs 472/1997, per avere il giudice del riesame sostenuto che l’articolo 60 richiede il previo invito al pagamento come condizione di procedibilità, mentre la funzione dell’invito de quo sarebbe diretta soltanto a consentire l’attenuazione delle conseguenze sanzionatorie per l’omesso versamento di quanto dichiarato e non versato.
 
L’avviso bonario
Si premette che il comma 6 dell’articolo 60 del Dpr 633/1972 prevede che l’imposta non versata, risultante dalla dichiarazione annuale, è iscritta direttamente nei ruoli a titolo definitivo unitamente ai relativi interessi e alla soprattassa di cui all’articolo 44 (che era pari alla somma non versata o versata in meno).
La stessa procedura è applicabile per la maggiore imposta determinata a seguito della correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione. La norma prosegue affermando che l’ufficio, prima dell’iscrizione a ruolo, invita il contribuente a corrispondere le somme dovute entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso, con applicazione - in tal caso - della soprattassa pari al 60% dell’importo non versato o versato in meno.
 
La soprattassa è stata abolita dall’articolo 26 del Dlgs 472/1997, mentre l’articolo 44 del Dpr 633/1972 è stato abrogato dall’articolo 16 del Dlgs 471/1997.
Nel nuovo regime, a seguire dal 1° aprile 1998, per le violazioni dell’obbligo di versamento trova spazio l’articolo 13 del Dlgs 471/1997, in base al quale l’omissione è punita con la sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo non versato.
Per completare il quadro di riferimento, a sua volta l’articolo 17, comma 3, del Dlgs 472/1997, dispone che le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi sono irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione.
 
Motivi della decisione
Con l’ordinanza 3145/2012, la Suprema corte accoglie il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, argomentando sostanzialmente che l’avviso bonario non è necessario per iscrivere a ruolo l’Iva dichiarata ma non pagata.
Infatti, il Collegio non ha mancato di rilevare che in tema di Iva e in ipotesi di sanzioni liquidate ai sensi degli articoli 54-bis e 60 del Dpr 633/1972, l’articolo 17 del Dlgs 472/1997 prevede l’irrogazione immediata (mediante iscrizione a ruolo e senza previa contestazione) delle sanzioni nella misura del 30% dell’importo non versato, ex articolo 13 del Dlgs 471/1997.
Con tale normativa, invero, è stato implicitamente abrogato l’articolo 60, comma 6, in questione, nella parte in cui prevedeva l’invio del previo invito al versamento, la cui unica funzione è (era) quella di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie dell’omissione di versamento, posto che la sanzione è stata fissata in misura comunque inferiore a quella applicabile in adesione all’invito (Cassazione, sentenze 11342/2010, 22437/2008 e 8859/2006).
 
Deve pertanto ritenersi priva di conseguenze, in relazione all’inosservanza da parte dell’ente impositore – in virtù del mutato regime sanzionatorio maggiormente favorevole – della disposizione inerente l’invio dell’avviso bonario, dal quale nessun vantaggio il contribuente potrebbe più trarre.
 
Sulla scorta di questa indiscussa linea interpretativa (Cassazione, sentenze 2851/2012, 27535/2011, 19161/2003, 3450/2002), occorre anche rammentare che, con ordinanza 22035/2010, la Corte di legittimità ha anche stabilito che l'Amministrazione finanziaria non è obbligata dallo Statuto del contribuente (articolo 6, comma 5, legge 212/2000) a comunicare sempre l’esito della liquidazione, ma solo quando dai controlli automatici emerge un risultato diverso rispetto a quanto indicato in dichiarazione.
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