Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

Iva, il diritto alla difesa non si tocca:
a ribadirlo la Corte di giustizia Ue

Le restrizioni sancite dalla normativa nazionale possono essere adottate se intese a tutelare le esigenze di riservatezza o di segreto professionale, nonché la vita privata di terzi

immagine generica illustrativa

I contribuenti destinatari di decisioni che incidono sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in relazione agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione. È quanto precisano gli eurogiudici con la sentenza. Corte Ue , causa C-189/2018

Il fatto
La domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla causa in commento verte sull’interpretazione della direttiva 2006/112/Ce, del principio del rispetto dei diritti di difesa e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (di seguito Carta) ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società la cui principale attività consiste nel commercio all’ingrosso di cereali, all’Amministrazione finanziaria ungherese in merito a due decisioni con cui è stato disposto il pagamento dell’Iva.
In seguito a tali decisioni conseguenti a una azione di accertamento, la questione è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue alcune questioni.

Le questioni pregiudiziali e i chiarimenti della Corte
La Corte Ue innanzitutto si sofferma sulla produzione delle prove in base alla direttiva Iva e sul principio del rispetto dei diritti della difesa.
Atteso che il diritto comunitario non prevede norme relative alle modalità dell’assunzione delle prove in materia di frode relativa all’Iva, tali elementi oggettivi devono essere stabiliti dall’Amministrazione finanziaria secondo le norme previste dal diritto nazionale.

Il principio generale comunitario del diritto alla difesa trova applicazione laddove l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto che gli arreca pregiudizio.
In forza di tale principio i destinatari di decisioni che incidono sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione.
Costituisce parte integrante del rispetto dei diritti della difesa la possibilità, per chiunque, di manifestare, utilmente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi.

Tuttavia, tale diritto può essere soggetto a restrizioni, sempre che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, in grado di ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti.

La prescrizione in base alla quale l’Amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche che essa ha effettuato nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori del soggetto passivo, nei quali quest’ultimo non era quindi parte, risulta idonea a garantire la certezza del diritto e l’uguaglianza tra i contribuenti, in quanto obbliga tale amministrazione a dar prova di coerenza, attribuendo ai medesimi fatti qualificazioni giuridiche identiche. Il diritto comunitario non osta, quindi, in linea di principio, all’applicazione di una tale prescrizione.
Tuttavia, ciò non vale per il caso in cui, sulla base della suddetta prescrizione e a causa del carattere definitivo delle decisioni adottate in esito a tali procedimenti amministrativi collegati, l’Amministrazione finanziaria sia esentata dal far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, compresi quelli provenienti da detti procedimenti, in base ai quali essa intende prendere una decisione, e il soggetto passivo sia così privato del diritto di rimettere in discussione utilmente, nel corso del procedimento di cui è parte, tali constatazioni di fatto e tali qualificazioni giuridiche.
Di conseguenza, benché la direttiva Iva e il rispetto dei diritti della difesa non ostano, in linea di principio, a una regola del genere, ciò accade a condizione che la sua applicazione non sollevi l’amministrazione dal far conoscere al contribuente gli elementi di prova, compresi quelli provenienti dai procedimenti connessi avviati nei confronti dei suoi fornitori, in base ai quali essa intende prendere una decisione, e che tale soggetto passivo non sia così privato del diritto di rimettere in discussione utilmente le constatazioni di fatto e le qualificazioni giuridiche effettuate da tale amministrazione nell’ambito di tali procedimenti collegati.

Successivamente, i giudici comunitari si soffermano sulla portata dell’accesso del soggetto passivo al fascicolo alla luce del principio del rispetto dei diritti della difesa.
Poiché il destinatario di una decisione che arreca pregiudizio deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata, per consentire all’autorità competente di tenere conto di tutti gli elementi pertinenti e al contribuente di correggere eventuali errori e far valere utilmente informazioni relative alla sua situazione personale, l’accesso al fascicolo deve essere autorizzato nel corso del procedimento amministrativo.

Pertanto, laddove l’Amministrazione finanziaria intenda fondare la propria decisione su prove ottenute, come nel caso di specie, nell’ambito di procedimenti penali e amministrativi connessi avviati nei confronti dei suoi fornitori, detto soggetto passivo deve poter accedere a tali elementi.
Tuttavia, dal momento che il principio del rispetto dei diritti della difesa non costituisce una prerogativa assoluta, ma può comportare restrizioni, la Corte osserva che in un procedimento di controllo tributario, restrizioni del genere, sancite dalla normativa nazionale, possono, in particolare, essere intese a tutelare le esigenze di riservatezza o di segreto professionale, nonché, la vita privata di terzi.
Il principio del rispetto dei diritti della difesa, in un procedimento amministrativo non impone, quindi, un obbligo generale da parte del Fisco di fornire un accesso integrale al fascicolo, ma esige che il soggetto passivo abbia la possibilità di ricevere, a sua richiesta, le informazioni e i documenti contenuti nel dossier amministrativo e presi in considerazione per l’adozione della decisione, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione dell’accesso alle suddette informazioni e a detti documenti. In quest’ultimo caso, spetta all’Amministrazione finanziaria esaminare se sia possibile un accesso parziale.
Ne consegue che, qualora l’ufficio fiscale intenda fondare la propria decisione su elementi di prova ottenuti nell’ambito di procedimenti penali e amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori del soggetto passivo, il principio del rispetto dei diritti della difesa esige che il contribuente possa avere accesso a tutti i documenti che possano essere utili alla sua difesa, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione di tale accesso.

Infine, la Corte si sofferma sulla portata del controllo giurisdizionale alla luce dell’articolo 47 della Carta, in base al quale ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati deve avere la possibilità di presentare un ricorso effettivo dinanzi a un giudice affinché la sua causa sia esaminata equamente.
L’effettività del controllo giurisdizionale garantita dall’articolo 47 della Carta impone che il giudice investito di un ricorso avverso una decisione dell’Amministrazione finanziaria, recante una rettifica dell’Iva sia abilitato a controllare che le prove assunte in un procedimento amministrativo connesso, del quale il soggetto passivo non è parte, e sulle quali si basa tale decisione, non siano state ottenute in violazione dei diritti garantiti dal diritto Ue e, in special modo, dalla Carta. Stesso criterio quando, come nel caso di specie, su tali prove, sono state fondate alcune decisioni amministrative adottate nei confronti di altri soggetti passivi e diventate definitive.
Al riguardo, occorre sottolineare che le dichiarazioni e le constatazioni delle autorità amministrative non possono vincolare i giudici.
Più in generale, il giudice deve verificare, nell’ambito di un dibattito in contraddittorio, la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo delle prove assunte nel corso di procedimenti amministrativi connessi avviati contro altri soggetti passivi, nonché delle constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate in esito a tali procedimenti, che sono decisive per l’esito del ricorso.

Le conclusioni
Tutto ciò premesso, la Corte UE perviene alla conclusione che, in base alla direttiva Iva, il principio del rispetto dei diritti della difesa e l’articolo 47 della Carta devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in linea di principio, a una normativa o a una prassi di uno Stato membro secondo la quale, in occasione di una verifica del diritto a detrazione dell’Iva esercitato da un soggetto passivo, l’amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori di tale soggetto passivo, sulle quali si basano le decisioni divenute definitive che accertano l’esistenza di una frode relativa all’Iva commessa da tali fornitori.
Tale circostanza, a condizione che, in primo luogo, essa non esoneri l’amministrazione finanziaria dal far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, ivi compresi quelli risultanti da tali procedimenti amministrativi connessi, sui quali essa intende fondare la propria decisione, e che tale soggetto passivo non sia in tal modo privato del diritto di contestare utilmente, nel corso del procedimento di cui è oggetto, tali constatazioni di fatto e tali qualificazioni giuridiche.
In secondo luogo, a condizione che detto soggetto passivo possa avere accesso durante tale procedimento a tutti gli elementi raccolti nel corso di tali procedimenti amministrativi connessi o di ogni altro procedimento sul quale l’amministrazione intende fondare la sua decisione o che possono essere utili per l’esercizio dei diritti della difesa, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione di tale accesso.
Infine, in terzo luogo, a condizione che il giudice adito con un ricorso avverso la decisione di cui si tratta possa verificare la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo di tali elementi nonché le constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate nei confronti di detti fornitori, che sono decisive per l’esito del ricorso.


Data sentenza
16 ottobre 2019

Numero della causa
C-189/18

Nome delle parti:
Glencore Agricolture Hungary Kft
contro
Nemzeti Ado-es Vamhivatal Fellebbviteli Igazgatosaga

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/iva-diritto-alla-difesa-non-si-tocca-ribadirlo-corte-giustizia-ue