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Giurisprudenza

Iva di gruppo: scelta da esprimere. No al comportamento concludente

Per avvalersi del regime, l'opzione è effettuabile solo ed esclusivamente attraverso apposita dichiarazione

riunione

La dichiarazione per l'Iva di gruppo va necessariamente espressa, non potendo la scelta essere implicitamente manifestata mediante un comportamento "concludente". È il principio contenuto nella sentenza 17707/2009, con cui la Corte di cassazione ha ritenuto di accogliere le motivazioni dell'agenzia delle Entrate.

A tal fine, si premette che il Dm 11065 del 13 dicembre 1979, in attuazione dell'articolo 73, ultimo comma, del Dpr 633/1972, prevede la possibilità, per i gruppi societari, di liquidare l'Iva in maniera unitaria, compensando le situazioni debitorie e creditorie risultanti dalle liquidazioni periodiche delle singole società partecipanti.
La possibilità di applicare l'"Iva di gruppo", oltre a essere subordinata alla presenza di un ente o società controllante, presuppone il possesso di specifici requisiti, in particolare per quel che concerne la forma giuridica delle società partecipanti nonché le quote di partecipazione nelle società controllate (cfr circolare 16/1986).

Per applicare il regime di liquidazione unitaria dell'imposta, sono poi stabiliti determinati obblighi di comunicazione e specifici adempimenti contabili e dichiarativi.
Relativamente ai primi, l'articolo 3 del Dm 11065/1979 dispone che debba essere esercitata apposita opzione per l'applicazione del regime di gruppo. Tale opzione deve essere effettuata tramite il modello Iva 26, approvato con Dm 8 gennaio 1990. Il modello Iva 26 deve essere presentato, entro il termine per l'effettuazione della liquidazione relativa al mese di gennaio (quindi, entro il 16 febbraio) all'ufficio dell'agenzia delle Entrate competente per la società controllante, nonché agli uffici competenti per le società controllate, se diversi da quello nella cui competenza ricade l'ente o società controllante.

La dichiarazione ha effetto solo relativamente all'anno per la quale è presentata e non è revocabile (pertanto l'opzione per la liquidazione Iva di gruppo deve essere rinnovata annualmente dalla controllante che decide di avvalersene).
L'omessa o tardiva presentazione del modello comporta l'illegittimità delle compensazioni effettuate, con la conseguenza che gli uffici competenti dovranno rideterminare l'Iva dovuta dalle società che hanno compensato illegittimamente i propri debiti con i crediti di altre società del gruppo (risoluzione 69/1997).

Espletato tale primo fondamentale adempimento, le società controllanti e controllate dovranno provvedere a compilare nei termini ordinari la propria dichiarazione Iva, secondo le procedure descritte dalla normativa regolamentare. Il risultato della liquidazione di gruppo, infatti, risulta di competenza della sola controllante, a cui spetterà provvedere alla richiesta del rimborso del credito Iva, all'utilizzo in compensazione dello stesso, oppure al pagamento dell'Iva dovuta nell'ipotesi in cui la liquidazione del gruppo risulti a debito (circolare 16/1986).

In tale contesto viene a rilevanza anche l'articolo 1, comma 1, del Dpr 442/1997 (sul riordino della disciplina delle opzioni in materia di Iva e di imposte dirette), il quale dispone testualmente che "L'opzione e la revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente e dalle modalità di tenuta delle scritture contabili" e che tale previsione, con l'interpretazione autentica fornita dal legislatore con l'articolo 4 della legge 342/2000, deve essere applicata anche ai comportamenti tenuti dal contribuente anteriormente all'entrata in vigore del Dpr 442/1997.

La sentenza 17707/2009
Sulla descritta base normativa si innesta il giudicato profuso dalla Corte di cassazione nella sentenza 17707/2009, dalla cui narrativa discente che due società a responsabilità limitata, controllante e controllata, decidono di avvalersi della normativa relativa all'Iva di gruppo, effettuando per l'anno in questione tutti gli adempimenti previsti per le liquidazioni periodiche e presentando la dichiarazione annuale sugli appositi modelli predisposti per le società controllanti. La controllante, tuttavia, omette di dichiarare, entro il prescritto termine, di volersi avvalere della facoltà di applicare l'Iva di gruppo.
Per tale inadempimento, il preesistente ufficio Iva disconosce la fruizione di tale specifico regime e le correlate compensazioni avvenute fra i debiti della controllante e i crediti della controllata, notificando alla prima cartella di pagamento per il recupero dell'imposta indebitamente compensata.

Il conseguente ricorso della contribuente viene accolto dalla Ctp, che riconosce essersi trattato di un "mero errore formale" e la sostanziale osservanza - nel merito - degli adempimenti previsti dalla normativa speciale Iva.
Analoga sorte tocca all'appello dell'ufficio, nella cui sentenza la Ctr motiva, tra l'altro, che:

  • i giudici di prime cure bene hanno sentenziato che il comportamento concludente del contribuente quando non reca danno all'erario non sia da sanzionare"
  • nel caso de quo la società controllante ha omesso di comunicare l'opzione ma, (…), ha tenuto un comportamento ad essa conforme".

L'Amministrazione finanziaria soccombente ricorre per la cassazione della sentenza del riesame in forza di un unico motivo d'impugnazione, con il quale, denunciando, per quanto di interesse, violazione di legge, sostiene che il regime dell'Iva di gruppo consisterebbe nella compensazione tra l'Iva a debito e l'Iva a credito delle società di gruppo e che la sua applicazione sarebbe oggetto di una mera facoltà della società controllante, in virtù di valutazione de convenienza economica, con effetto per il solo anno d'imposta per il quale la facoltà sia espressamente esercitata con dichiarazione da sottoscriversi dai legali rappresentanti della controllante e della controllata. Secondo tale interpretazione ne deriverebbe che in capo alle società del gruppo non sussisterebbe una discrezionalità "bifasica", ossia tale da configurare una doppia scelta:

  • se avvalersi del sistema compensativo (discrezionalità nell'an)
  • come e quando avvalersi di tale sistema (discrezionalità nel quomodo e nel quando).

Nel caso di specie, l'opzione sarebbe connotata, invece, dal criterio dell'unicità e riguarderebbe solo la decisione di accedere o meno al regime dell'Iva di gruppo, ciò significando che, una volta operata positivamente la scelta, i successivi adempimenti costituirebbero un obbligo per l'operatore interessato, sia in relazione alla presentazione dell'istanza, sia con riguardo ai tempi della sua produzione.
In questo contesto, di natura inequivocabilmente sostanziale, la mancata dichiarazione espressa non potrebbe mai costituire violazione "formale", derivante da facta concludentia, necessitando, al contrario, che l'ente impositore sia messo tempestivamente in grado di conoscere le singole posizioni delle società del gruppo ai fini Iva.

La motivazione della sentenza
La sentenza 17707/2009 accoglie appieno le doglianze dell'agenzia delle Entrate, sia in base alla disciplina di settore, sia in base al disposto normativo contenuto nell'articolo 4 del Dpr 442/1997, il quale stabilisce che "In deroga a quanto previsto dai precedenti articoli, restano ferme le disposizioni vigenti previste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, relative alla liquidazione di gruppo delle società controllanti o controllate".
Ritenendo opportuno chiarire che per "comportamento concludente", equiparabile alla dichiarazione, si intende l'effettuazione da parte del contribuente di adempimenti che presuppongono inequivocabilmente la scelta di un determinato regime, osservandone i relativi obblighi, in luogo di quello operante come regime di base, ferma restando la sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi per avvalersi del regime opzionale, spiega al riguardo il giudice di legittimità, con rigore accademico, che:
1. per l'Iva "monosoggettiva", in generale, il regime può essere scelto sia con dichiarazione espressa sia con un comportamento concludente (cfr le svariate casistiche decise da Cassazione 11455/2001, 22872/2006, 2937/2007, 3013/2007)
2. per l'Iva di gruppo, in particolare, l'opzione è effettuabile solo ed esclusivamente attraverso una dichiarazione espressa, rispetto alla quale non assurge a equipollenza alcun comportamento concludente.

Sostanzialmente, quindi, è la volontà espressa del legislatore che scandisce la circostanza che il comportamento concludente non possa essere equiparato, per l'Iva di gruppo, alla dichiarazione espressa di opzione. Il che è sufficiente a destituire di fondamento gli assunti delle Commissioni tributarie di merito che hanno opzionato per la tesi opposta.

Tra l'altro, la pluralità soggettiva connaturata a gruppi di società, l'attività di controllo degli enti impositori particolarmente articolata e complessa nella valutazione dei comportamenti di compagini societarie, sono tutte ragioni - atte a giustificare il diverso atteggiarsi normativo - che hanno portato il legislatore a prevedere che "la dichiarazione per il regime dell'IVA di gruppo possa essere soltanto espressa e non possa trovarsi implicitamente calata in comportamenti concludenti".

Peraltro, in conclusione, già con la circolare 209/1998 il ministero delle Finanze ha chiarito - in sintonia con l'orientamento oggi espresso dal diritto vivente della Cassazione - che il principio di carattere generale sulla rilevanza del comportamento concreto del contribuente "non opera, tuttavia, nei confronti delle società controllate e controllanti per le quali, per la particolarità della fattispecie, restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 73, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, relative alla liquidazione di gruppo, come previsto dall'articolo 4 del regolamento in oggetto".
 

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