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Giurisprudenza

Iva: l’alloggiamento del data center
non configura locazione di immobile

Si tratta di un servizio da sottoporre a imposta, salvo che i locali non siano messi passivamente a disposizione dei clienti e che gli armadi non siano installati in modo permanente

telecomunicazioni

La Corte di giustizia con la sentenza del 2 luglio 2020, resa nella causa C-215/2019, ha stabilito, in sintesi, che la prestazione di messa a disposizione, in un immobile locato, di armadi, affinché i clienti vi installino i propri server, assieme ad alcune prestazioni di natura accessoria per consentirne una migliore fruizione, non beneficiano dell'esenzione Iva, a meno che il fornitore non si limiti fornire passivamente i locali e gli armadi non siano installati in modo permanente nella struttura.
 

I fatti in causa
Una società di telecomunicazioni finlandese offriva servizi di alloggiamento in un data center a operatori, nazionali ed esteri, che esercitavano la propria attività nel settore delle tecnologie dell’informazione e che utilizzavano propri server per fornire connessioni elettroniche ai loro clienti.

I servizi offerti dalla società
I servizi di alloggiamento comprendevano la fornitura di un armadio per apparecchiature dotato di una porta che poteva essere bloccata, dell’energia elettrica nonché di servizi destinati a garantire che i server fossero utilizzati in condizioni ottimali, quali la sorveglianza della temperatura e dell’umidità, la refrigerazione, la sorveglianza delle interruzioni dell’alimentazione elettrica, rivelatori di fumo al fine di individuare eventuali incendi all’interno degli armadi, e un controllo elettronico dell’accesso. Inoltre, la società finlandese si occupava della pulizia generale dei locali e della sostituzione delle lampade. Gli armadi per le apparecchiature erano fissati al pavimento con dei bulloni, in un immobile locato dalla stessa ditta.
Gli utenti vi collocavano, quindi, le loro apparecchiature, che erano anch’esse fissate a tali armadi con dei bulloni e che potevano essere smontate in pochi minuti.
I clienti non disponevano della chiave dell’armadio in cui avevano installato il loro server, ma potevano ottenerla, previa verifica della loro identità, presso un servizio di sorveglianza, disponibile in qualsiasi momento.
La società, infine, non aveva il diritto di accedere all’armadio del proprio cliente.

La vicenda amministrativa e processuale
La compagine presentava all’amministrazione finanziaria una domanda di parere preventivo riguardante il regime dell’Iva applicabile a tali servizi.
Il Fisco stabiliva che le ipotesi descritte dalla società non rientravano nella regola generale relativa al luogo delle prestazioni di servizi, prevista dalla legge nazionale, ma dovevano essere considerate prestazioni relative a un immobile, il cui luogo era definito come quello in cui l’immobile era situato.
Il Tribunale amministrativo di Helsinki, adito dalla società, annullava la decisione dell’amministrazione finanziaria.
Il Fisco finlandese impugnava, quindi, tale sentenza dinanzi alla Corte amministrativa suprema.

Le questioni pregiudiziali
Di conseguenza, il giudice finlandese, sospeso il procedimento, ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

  • se gli articoli 13-ter e 31-bis del regolamento di esecuzione n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, debbano essere interpretati nel senso che i servizi di un data center della tipologia oggetto del procedimento principale, nell’ambito dei quali un professionista offre ai suoi clienti degli armadi per apparecchiature posti all’interno della struttura ai fini della collocazione di server oltre a una serie di servizi accessori, debbano essere classificati come locazione di un bene immobile
  • in caso di risposta negativa alla prima questione pregiudiziale: se l’articolo 47 della direttiva Iva e l’articolo 31-bis del citato regolamento di esecuzione debbano, comunque, essere interpretati nel senso che un servizio della tipologia oggetto del procedimento principale debba essere considerato come una prestazione di servizi relativi a beni immobili il cui luogo di esecuzione è il luogo di ubicazione del bene stesso.

Il deliberato della Corte
La Corte di giustizia premette che, conformemente all’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), della direttiva Iva, la locazione di beni immobili è esente da Iva, atteso che, pur essendo un’attività economica, costituisce di norma un’attività relativamente passiva, che non produce un valore aggiunto significativo.
Una siffatta attività deve essere, pertanto, distinta da altre attività le quali o hanno un carattere industriale e commerciale o hanno un oggetto che è caratterizzato dall’esecuzione di una prestazione più che dalla semplice messa a disposizione di un bene, come – per utilizzare qualche caso scrutinato dalla stessa Corte – il diritto di utilizzare un campo da golf, oppure un ponte contro versamento di un diritto di pedaggio, o ancora il diritto di installare distributori di sigarette in uno stabilimento commerciale.
Pertanto, il carattere passivo della locazione di un bene immobile, che giustifica l’esenzione dall’Iva risiede nella natura dell’operazione stessa e non nel modo in cui il locatario utilizzi il bene in questione.

Locazione di immobile o prestazione di servizi?
Nel caso esaminato, osserva la Corte, il prestatore dei servizi non sembra limitarsi alla messa a disposizione passiva, a favore dei suoi clienti, di una superficie o una postazione, garantendo loro il diritto di occuparla come se ne fossero proprietari e di escludere, così, qualsiasi altra persona dal beneficio di tale diritto. In particolare, nulla indica che i clienti avrebbero il diritto di controllare o di limitare l’accesso alla parte dell’immobile in cui sono stati installati gli armadi.
Quanto alla ulteriore questione se gli armadi per apparecchiature possano essere considerati essi stessi come beni immobili oggetto di una locazione, occorre rilevare che l’articolo 13-ter del regolamento di esecuzione, che precisa la nozione di “beni immobili” ai fini dell’applicazione della direttiva Iva, prevede che tale nozione comprende, rispettivamente, “qualsiasi elemento che sia stato installato e formi parte integrante di un fabbricato o di un edificio e in mancanza del quale il fabbricato o l’edificio risulti incompleto, quali porte, finestre, tetti, scale e ascensori”, nonché “qualsiasi elemento, apparecchio o congegno installato in modo permanente in un fabbricato o in un edificio che non possa essere rimosso senza distruggere o alterare il fabbricato o l’edificio”.
Orbene, nei fatti in causa, da un lato, gli armadi per apparecchiature non costituiscono affatto parte integrante dell’immobile in cui sono installati, dal momento che quest’ultimo non sarebbe considerato, in loro assenza, strutturalmente “incompleto”, e, dall’altro, detti armadi, essendo semplicemente fissati al suolo mediante bulloni e potendo, quindi, essere rimossi senza distruggere o alterare il fabbricato, non sono nemmeno installati “in modo permanente”.
Ne deriva che tali armadi non sembrano, secondo gli eurogiudici, poter essere qualificati come beni immobili idonei a costituire oggetto di una locazione esente da Iva, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), della direttiva Iva.

Servizi di alloggiamento server
La Corte, nello scrutinare la seconda questione sottoposta al suo vaglio, si domanda se una prestazione di servizi di alloggiamento in un data center, come quella in argomento, debba essere considerata come relativa a beni immobili: nel qual caso, il luogo di tale prestazione sarebbe il luogo in cui il bene immobile è situato.
Orbene, nonostante i servizi di alloggiamento in un data center non rientrino nel novero delle prestazioni elencate all’articolo 47 della direttiva Iva, tale elenco non ha carattere esaustivo.
Tuttavia, dalle prestazioni esplicitamente menzionate in tale disposizione emerge chiaramente che solo le prestazioni che presentano un nesso sufficientemente diretto con un bene immobile possono rientrare nell’ambito di applicazione di detta disposizione.
A tale riguardo, nell’ipotesi in esame, i clienti che ricorrono ai servizi di alloggiamento descritti, non dispongono di un diritto di uso esclusivo della parte dell’immobile in cui sono stati installati gli armadi per apparecchiature.
Infatti, in primo luogo, i clienti possono accedere all’armadio loro assegnato solo dopo aver ottenuto le corrispondenti chiavi presso un terzo su presentazione di un documento d’identità ai fini del controllo. In secondo luogo, gli stessi non risultano disporre del diritto di controllare o limitare l’utilizzo della parte in questione di detto immobile. In terzo luogo, l’armadio in questione non può essere qualificato “bene immobile”.
Non risulta, in definitiva, che le condizioni in cui i server sono collocati corrispondano a quelle richieste dall’articolo 47 della direttiva Iva e dall’articolo 31-bis del regolamento di esecuzione, affinché i servizi di alloggiamento in un data center di cui al procedimento principale possano essere considerati come relativi a beni immobili.

Conclusioni
L’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che servizi di alloggiamento in un data center, nell’ambito dei quali il prestatore di tali servizi mette a disposizione dei suoi clienti armadi affinché vi installino i loro server, e fornisce loro beni e servizi accessori, quali l’energia elettrica e vari servizi destinati a garantire l’utilizzo delle apparecchiature in condizioni ottimali, non costituiscono prestazioni di servizi di locazione di beni immobili cui si applica l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto prevista da tale disposizione, laddove, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, da un lato, il fornitore non proceda alla messa a disposizione passiva, a favore dei suoi clienti, di una superficie o una postazione, garantendo loro il diritto di occuparla come se ne fossero proprietari e, dall’altro, gli armadi non siano parte integrante dell’immobile in cui sono installati, né vi siano installati in modo permanente.
Inoltre, l’articolo 47 della direttiva Iva e l’articolo 31-bis del regolamento di esecuzione (Ue) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, devono essere interpretati nel senso che i servizi prestati come quelli oggetto della controversia in commento, non costituiscono servizi relativi a beni immobili, ai sensi di tali disposizioni, qualora i clienti non godano di un diritto di uso esclusivo della parte dell’immobile in cui sono installati gli armadi per apparecchiature, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Data della sentenza
2 luglio 2020

Numero della causa
Causa C-215/2019

Nome delle parti
Veronsaajien oikeudenvalvontayksikkö
contro
A Oy

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