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Giurisprudenza

L’accertamento “prende tempo”: il giudice delle leggi non decide

Inammissibile la questione incostituzionalità dell’atto tributario notificato prima di sessanta giorni dal pvc

postino
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, nella parte in cui non prevede la sanzione di nullità per l’atto di accertamento che sia stato notificato prima del decorso di sessanta giorni dalla notificazione al contribuente del processo verbale di constatazione.
 
Così ha concluso la Corte costituzionale - chiamata a giudicare della conformità di detta norma dello Statuto del contribuente, in riferimento agli articoli 24 e 111 della Costituzione - con l’ordinanza n. 244 del 24 luglio 2009, che ha anche indicato alcuni criteri guida per l’interpretazione della disposizione tributaria.

L’ordinanza di rimessione
Con ordinanza del 5 dicembre 2007, la Commissione tributaria regionale della Campania – nel corso del giudizio di appello proposto da un contribuente nei confronti dell’ufficio delle Entrate di Caserta avente a oggetto la sentenza con la quale la Ctp della stessa città aveva ritenuto valido l’avviso di accertamento emesso dall’ufficio prima del decorso di sessanta giorni dalla notificazione al contribuente del processo verbale di accesso – sollevava, in riferimento agli articoli 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del comma 7 dell’articolo 12 della legge 212/2000 (Statuto del contribuente). Secondo tale disposizione, “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

In particolare, il giudice tributario, sul rilievo che la citata disposizione dello Statuto disciplina “una fase procedimentale – diretta a garantire e incentivare il principio di cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuente – che esalta la funzione propria del contraddittorio”, affermava che il principio del contraddittorio è desumibile dagli articoli 24, secondo comma, e 111 della Costituzione, facendone derivare la conseguenza che – stante la mancata previsione di qualunque sanzione per il caso in cui non venga rispettato il termine di sessanta giorni che deve intercorrere fra la data di consegna del processo verbale di contestazione e la notifica dell’atto di accertamento - l’emanazione dell’avviso di accertamento prima dello spirare del suddetto lasso temporale violerebbe sia il diritto di difesa del contribuente sia il principio del contraddittorio garantititi dalle richiamate norme della Carta costituzionale.

La pronuncia della Corte costituzionale
Il giudice delle leggi, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della sollevata questione di legittimità costituzionale “perché il giudice, invece di sollevarla, avrebbe dovuto preliminarmente esperire un tentativo di interpretare diversamente la disposizione censurata ed il complessivo quadro normativo in cui essa si inserisce, cosí da consentire di superare il prospettato dubbio di costituzionalità”.

Nello specifico, i giudici della Consulta hanno rilevato che il collegio tributario avrebbe dovuto verificare la possibilità di ritenere invalido l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del suddetto termine di sessanta giorni, nel caso in cui tale avviso fosse privo di una adeguata motivazione sulla sua “particolare urgenza” (elemento richiesto dalla norma sottoposta al sindacato di legittimità).
L’ordinanza n. 244/2009 indica al proposito alcuni criteri guida che potrebbero orientare successive interpretazioni della norma contenuta nell’articolo 12 dello Statuto.
In particolare, secondo la Corte costituzionale, la norma in questione deve essere valutata in relazione al complessivo quadro di diritto positivo in cui si inserisce e, particolarmente, in raffronto, tra l’altro, con le norme di cui all’articolo 7, comma 1, della stessa legge 212/2000 nonché con la disciplina generale dettata dall’articolo 3 della legge 241/1990, sul procedimento amministrativo.

Dette norme, invero, enucleano uno specifico obbligo di motivare, anche sotto il profilo dell’urgenza, l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, da parte degli organi di controllo, esplicitando la regola del generale obbligo di motivazione degli atti amministrativi (articolo 3 della legge 241/1990) e, tra essi, di quelli dell’amministrazione finanziaria (articolo 7, comma 1, dello Statuto).

Considerazioni
Alla luce dell’ordinanza in rassegna, dunque, resta aperto il dibattito – sul quale si riscontrano orientamenti giurisprudenziali contrastanti – circa gli effetti, in termini di validità dell’atto di accertamento tributario, del mancato rispetto del termine di sessanta giorni dal rilascio di copia del processo verbale.
La Consulta, come rilevato, ha dettato alcune linee interpretative, che potranno utilmente orientare l’attività degli operatori della materia.
Di certo, in base alla pronuncia, si può ora ritenere che non sia sufficiente l’affermazione che il comma 7 dello statuto non è assistito da alcuna sanzione di invalidità per far derivare da tale mera asserzione una illegittimità rispetto ai parametri costituzionali.
Soprattutto, non possono costituire metro di valutazione della norma di legge in questione gli articoli 24 e 111 della Costituzione, considerato che l’articolo 12 della legge 212/2000 è norma procedimentale che, in quanto “diretta a regolare il procedimento di accertamento tributario, non ha natura processuale ed è, quindi, estranea all’ambito di applicazione dei suddetti parametri costituzionali”.
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