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Giurisprudenza

L’attività presso lo studio associato
presuppone organizzazione e … Irap

L’avvocato per contestare la pretesa erariale deve provare che le sue prestazioni professionali e i relativi introiti non sono collegati alla struttura e ai mezzi e servizi che essa fornisce

studio

Lo studio professionale associato è ex lege soggetto passivo ai fini Irap e, in quanto tale, non può sottrarsi a imposizione dimostrando l’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione, che si presume implicito nella forma associativa con cui viene svolta l’attività. È fatta salva la possibilità, per il singolo professionista che voglia contestare la pretesa erariale, di fornire la prova circa l’insussistenza dell’esercizio in forma associata della propria attività.
Questo in sintesi il principio contenuto nell’ordinanza n. 19962 dello scorso 24 luglio, con cui la Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate.

Il fatto
La Corte di legittimità si è espressa in merito a una controversia scaturita a seguito del ricorso proposto da un avvocato che svolgeva la propria attività all’interno di uno studio legale associato, avverso il silenzio-rifiuto di una istanza di rimborso dell’Irap, presentata dal professionista per presunta carenza del requisito dell’autonoma organizzazione.
L’ufficio aveva basato la propria pretesa fiscale sulla constatazione che il professionista facesse parte di uno studio associato da cui aveva percepito, negli anni in cui aveva versato l’imposta regionale richiesta a rimborso, redditi di partecipazione per una quota pari al 30 per cento.
Dopo il rigetto da parte della Ctp, il professionista ha proposto appello, parzialmente accolto dalla Commissione regionale.
L’Agenzia delle entrate ha così impugnato dinanzi alla Cassazione la decisione d’appello, lamentando violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 3 del Dlgs n. 446/1997 nella parte in cui la pronuncia, confermando la legittimità delle doglianze del contribuente, non aveva tenuto debitamente conto della partecipazione dell’avvocato allo studio professionale quale presupposto per l’applicazione dell’imposta.
Il Collegio di legittimità ha ritenuto fondata la tesi dell’Amministrazione finanziaria e ha cassato con rinvio la sentenza della Ctr.

L’attività professionale esercita in forma associata o societaria
La controversia in commento ruota attorno all’esatta individuazione dei presupposti dell’imposta regionale sulle attività produttive nel caso in cui l’attività professionale sia esercitata in forma associativa o societaria.
L’articolo 2 del Dlgs n. 446/1997 sancisce, al primo periodo, che “presupposto dell'imposta è l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”, per poi aggiungere, al periodo successivo, la presunzione legale assoluta in forza della quale l’attività esercitata dalle società e dagli enti costituisce in ogni caso presupposto di imposta.
Per quanto qui di interesse, l’articolo 3 include tra i soggetti passivi anche le società semplici esercenti arti e professioni e le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni.

Il contenuto della decisione
In relazione all’esercizio professionale in forma associata e al relativo inquadramento ai fini Irap, la Corte di cassazione si è espressa più volte in passato affermando un principio oramai maggioritario e consolidato secondo cui la struttura organizzativa (in forma associativa o societaria) utilizzata per l’esercizio dell’attività costituisce ex lege presupposto d’imposta (così Cassazione n. 16784/2010 su uno studio professionale di dottore commercialista e Cassazione  n. 25313/2014 su uno studio legale associato).
L’affermazione per cui l’attività professionale esercitata in maniera strutturalmente organizzata costituisce in ogni caso presupposto dell’imposta regionale, porta ad escludere la necessità di operare un accertamento “caso per caso” in ordine alla sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione.
La questione è stata definitivamente chiarita da due importanti sentenze delle sezioni unite del Collegio di legittimità, la n. 7291 e la n. 7371, emesse nel 2016 a un giorno di distanza l’una dall’atra.
In tal senso, quindi, a nulla rileva che lo studio associato dimostri, ad esempio, di non aver mai sostenuto spese per lavoro dipendente o per collaborazioni coordinate e continuative a riprova dell’assenza di autonoma organizzazione proprio perché, come detto, la natura giuridica prescelta costituisce presupposto legale dell’imposta regionale.

In merito poi all’onere probatorio, i giudici di piazza Cavour hanno ancora una volta ribadito che è fatta salva “la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non l’assenza di autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata, bensì l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa” (tra le altre Cassazione, nn. 16623/2018, 24088/2016 e 18920/2016).
Pertanto, ai fini della debenza dell’imposta, delle due l’una: o si dimostra l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività oppure, in caso contrario, il singolo professionista associato dimostra la propria estraneità all’attività dello studio.

Nel caso di specie sono incontestati sia l’esistenza dello studio associato che la partecipazione del professionista allo stesso. Di conseguenza, l’avvocato avrebbe potuto legittimamente opporsi alla pretesa erariale solo dimostrando:

  • l’estraneità funzionale della propria attività rispetto a quella dello studio associato, “non interferente in alcun modo con la medesima e neppure dalla stessa direttamente o indirettamente agevolata
  • la mancata fruizione dell’apparato organizzativo dell’associazione.

Così facendo, infatti, il contribuente avrebbe fornito validi elementi comprovanti che il proprio reddito dichiarato derivasse –in tutto o in parte – dal lavoro professionale svolto in proprio, senza alcun fattore di potenziamento o di derivazione dalla struttura associativa, con la conseguente esclusione da imposizione – totale o parziale – del reddito medesimo.

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