Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

L’autonoma organizzazione lega il professionista all’Irap

Solo l’assenza del requisito, che il giudice deve accertare, esclude l’applicazione del tributo

_1481.jpg

Con la sentenza n. 3680 del 16 febbraio 2007, la Cassazione ha statuito che l’esercizio dell’attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) solo qualora si tratti di attività non "autonomamente organizzata".

Il requisito dell’"autonoma organizzazione" ricorre quando il contribuente:

  • è, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, non essendo, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse
  • impiega beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

La controversia portata all’attenzione della Corte, attiene all’individuazione nel caso concreto di ciò che debba intendersi per "esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi" (articolo 2, Dlgs 15/12/1997, n. 446).
Nel caso di specie, infatti, la Ctr, in occasione della presentazione da parte di una contribuente di un’istanza di rimborso dell’Irap versata per gli anni 1998 – 2001, aveva ritenuto, tra l’altro, l’insussistenza di elementi di autonoma organizzazione, basandosi, secondo quanto rilevato dai giudici di legittimità, su dati emergenti dalla dichiarazione dei redditi e da altra documentazione in atti, senza tuttavia aver indicato quali elementi concreti erano stati considerati per escludere il presupposto di imposta, e senza menzionare i rilievi posti dall’ufficio riguardo ad altri elementi che potevano configurare un’attività libero professionale, svolta mediante un’idonea organizzazione produttiva, quali i compensi erogati a collaboratori o il pagamento di canoni di locazione, esposti dalla stessa contribuente.

E’ da rilevare che, nel corso del tempo, diverse modifiche normative e pronunce sono intervenute al fine di chiarire la portata del presupposto di imposta. Il decreto istitutivo dell’Irap, infatti, affermava che tale presupposto era costituito dall’esercizio abituale di "un’attività diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi".
Con i cambiamenti apportati dal Dlgs 10 aprile 1998, n. 137, è stato, poi, sottolineato che per presupposto di imposta si intende l’esercizio abituale di un’attività "autonomamente organizzata" diretta alla produzione di beni o alla prestazione di servizi.

Su ciò che debba intendersi per attività “autonomamente organizzata” è intervenuta, tra l’altro, la Corte costituzionale (sentenza n. 156 del 2001), i cui giudici ebbero modo di affermare che il tributo non colpisce il reddito personale del contribuente ma, essendo “reale”, il valore aggiunto che un soggetto apporta all’attività svolta tramite l’organizzazione di capitale e lavoro.
Tale organizzazione è facilmente identificabile in presenza di esercizio di impresa, in quanto è proprio nell’organizzazione di capitale e lavoro che si esplica la definizione stessa di impresa. Per quanto attiene, invece, al lavoro autonomo, occorre valutare nel concreto la sussistenza di determinati requisiti, in quanto può configurarsi l’ipotesi di attività professionale anche in assenza di organizzazione di capitale e lavoro altrui.
Questi requisiti, precisò la Corte costituzionale, sono soddisfatti qualora il professionista sia responsabile, sotto qualsiasi forma, di un’organizzazione in cui si utilizzino beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, avvalendosi di lavoro altrui non occasionale, anche se non dipendente, tale che la stessa attività di organizzazione accresca, in maniera significativa, le capacità di guadagno del lavoratore autonomo.

L’esclusione del presupposto di imposta deve avvenire, quindi, in seguito all’analisi di determinati elementi, cosa che invece, a giudizio della Cassazione, non è avvenuta nel caso di specie, in quanto la Ctr non ha specificato gli elementi concreti posti alla base del proprio giudizio, né ha proceduto a un’esauriente valutazione di tutti gli elementi in atti e, in particolare, di quelli espressamente indicati dall’ufficio come sintomatici dell’esistenza di un’autonoma organizzazione. Da un punto di vista prettamente processuale, inoltre, hanno specificato i giudici di piazza Cavour, l’onere di dimostrare l’assenza di elementi di autonoma organizzazione è a carico del contribuente che chiede il rimborso.

Con la sentenza in commento, dunque, cassando la decisione di merito che aveva ritenuto non soggetta a imposta regionale sulle attività produttive una presentatrice televisiva che esponeva spese per collaboratori e canoni di locazione, è stato statuito che l’esercizio dell’attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta solo qualora si tratti di attività non “autonomamente organizzata”. Il requisito dell’”autonoma organizzazione” ricorre qualora il professionista sia responsabile dell’organizzazione e impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Tale requisito, infine, deve essere accertato dal giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/lautonoma-organizzazione-lega-professionista-allirap