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Giurisprudenza

L’efficacia delle direttive comunitarie è diretta e immediata

Per gli eurogiudici sono direttamente applicabili, anche se non convertite in legge dal legislatore nazionale

Con il procedimento C-226-07 Bruxelles si è pronunciata in merito alla possibilità di riconoscere efficacia diretta alle direttive comunitarie, qualora non siano state acquisite dall’ordinamento nazionale in tempi utili per consentire ai contribuenti di esercitare un proprio diritto. Con la sentenza relativa al procedimento C-226/07 dello scorso 17 luglio i giudici europei hanno fornito importanti chiarimenti in merito alla diretta applicabilità delle direttive comunitarie. Le stesse fonti normative individuano i risultati da raggiungere in riferimento a una data fattispecie giuridica ma consentono agli Stati membri, attraverso il loro recepimento con una legge nazionale, di stabilirne la forma ed i mezzi. Nel caso di specie, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di considerare le stesse fonti normative comunitarie direttamente applicabili anche in assenza di un recepimento a mezzo legge nazionale da parte degli Stati membri e, in caso affermativo, a chiarire quali requisiti sono a tal proposito necessari. Nel caso prospettato ai giudici europei, infatti, il mancato recepimento a mezzo legge nazionale della direttiva 2003/96/Cee da parte della Germania, aveva impedito ad una società tedesca operante nel settore energetico di usufruire del rimborso delle accise pagate, nell’anno 2004, per l’acquisto di gasolio che la stessa compagine aziendale utilizzava per la produzione di energia elettrica. In base all’articolo 14, n.1, lett. a) della citata direttiva comunitaria l’impresa aveva il diritto di chiedere il rimborso delle stesse accise, ma la mancata traduzione a mezzo legge nazionale della stessa direttiva nello stesso anno, aveva spinto le autorità competenti a rifiutarne il rimborso. La questione è stata successivamente affrontata dinanzi alle sedi giudiziarie nazionali ed è giunta sino ai giudici comunitari che sono stati chiamati a pronunciarsi sulla possibilità di riconoscere efficacia diretta alla stessa direttiva comunitaria.

La normativa comunitaria
La questione sottoposta al vaglio dei giudici europei verte, principalmente, sull’interpretazione dell’articolo 14, n. 1, lett. a) della direttiva del Consiglio n. 2003/96/CEE del 27 ottobre 2003 secondo cui “…gli Stati membri esentano dalla tassazione i prodotti elencati in appresso, alle condizioni da essi stabilite al fine di garantire un’agevole e corretta applicazione delle esenzioni stesse e di evitare frodi, evasioni ed abusi”. Nell’elenco dei suddetti prodotti il punto a) dettagliatamente ricomprende “i prodotti energetici e l’elettricità utilizzati per produrre elettricità e l’elettricità utilizzata per mantenere la capacità di produrre l’elettricità stessa”. Di seguito la stessa normativa comunitaria precisa che “gli Stati membri hanno tuttavia la facoltà di tassare questi prodotti per motivi di politica ambientale, prescindendo dai livelli minimi di tassazione stabiliti nella presente direttiva…”.

La normativa nazionale
La direttiva comunitaria n. 96 del 2003 è stata recepita dal governo tedesco soltanto nel 2006 con la legge relativa all’imposta sull’energia, Energiesteuergesetz, la quale all’articolo 53 ha introdotto l’esenzione fiscale per i prodotti energetici per i quali sia fornita la prova dell’avvenuta tassazione e che, allo stesso tempo, risultano utilizzati per la produzione di energia elettrica di impianti fissi. Prima dell’entrata in vigore della citata normativa, la disciplina di specie era regolamentata dalla “Mineralolsteuergesetz” (legge relativa all’imposta sugli oli minerali) e dalla “Stromsteuergesetz” (legge relativa all’imposta sull’elettricità). Mentre la prima fonte normativa non prevedeva alcuna forma di esenzione da tassazione, la legge relativa all’imposta sull’elettricità del 1999 prevedeva all’articolo 9, n. 1, punto 3 che “nel rispetto di talune specifiche condizioni, l’elettricità prodotta in impianti aventi una potenza elettrica nominale massima pari a due megawatt non fosse assoggettata ad imposta”.

La sentenza
Con la sentenza di specie la Corte europea ha fornito notevoli chiarimenti in merito alla “forza legislativa” delle direttive comunitarie. In particolare l’intervento del giudice europeo era stato richiesto per stabilire se il diniego della richiesta di rimborso (fondata sulle disposizioni normative dettate dalla direttiva 96/2003/Cee ndr) da parte di uno Stato membro delle accise sui prodotti energetici relativi all’anno 2004 fosse legittimo in assenza del recepimento, da parte dello stesso Stato comunitario, della normativa di specie a mezzo legge nazionale. A tale proposito le supreme toghe hanno ribadito la possibilità di riconoscere efficacia diretta alle direttive comunitarie a condizione che dal punto di vista del loro contenuto le stesse risultino, contemporaneamente, sufficientemente precise ed incondizionate. Tali requisiti, nel caso di specie, sono entrambi presenti in quanto l’art. 14, n. 1, lett. a) della direttiva 2003/96/Cee, oltre a determinare con chiarezza i prodotti che beneficiano dell’esenzione fiscale, non è soggetto ad alcuna condizione ma solo al margine di discrezionalità derivante dalla locuzione finale della stessa fonte normativa appena citata allorquando si precisa che gli Stati membri accordano l’esenzione “alle condizioni da essi stabilite al fine di garantire un’agevole e corretta applicazione delle esenzioni stesse e di evitare frodi, evasioni ed abusi”.
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