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Giurisprudenza

Legittima la ritenuta fiscale applicata soltanto ai non residenti

Nel mirino della Corte Ue l’obbligo della decurtazione quando il compenso è dovuto e la sua applicazione è al netto delle spese

Protagonista della controversia una società residente in Germania che organizza concerti musicali. Nel 1993 la società ha versato un compenso a una persona fisica per aver messo a disposizione un gruppo musicale. La Corte di Giustizia delle Comunità europee, con sentenza del 3 ottobre 2006 relativa al procedimento C-290/04, si è espressa su tre questioni pregiudiziali interpretative ad essa sottoposte dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale tedesca).
In particolare, la Corte ha stabilito che:
"1) Gli articoli 59 e 60 del Trattato Cee e devono essere interpretati nel senso che essi non ostano:
– ad una normativa nazionale che fissa una procedura di ritenuta alla fonte dell’imposta per i compensi di prestatori di servizi non residenti nello Stato membro in cui i servizi stessi sono forniti, mentre il compenso versato ai prestatori residenti all’interno di tale Stato membro non è sottoposto a tale ritenuta;
– ad una normativa nazionale che prevede la responsabilità del fruitore di servizi che non abbia effettuato la ritenuta alla fonte alla quale era tenuto.
2) Gli artt. 59 e 60 del Trattato Cee e devono essere interpretati nel senso che essi:
– ostano ad una normativa nazionale la quale non consente che il destinatario di servizi, debitore del compenso versato ad un prestatore di servizi non residente, deduca, nel procedere alla ritenuta alla fonte dell’imposta, le spese professionali che tale prestatore gli ha comunicato e che sono direttamente connesse alle sue attività nello Stato membro in cui è svolta la prestazione, mentre un prestatore di servizi residente in tale Stato sarebbe soggetto all’imposta soltanto sui suoi redditi netti, cioè quelli calcolati deducendo le spese professionali;
– non ostano ad una disciplina nazionale in base alla quale sono deducibili, al momento della ritenuta alla fonte, soltanto le spese direttamente connesse alle attività generatrici dei redditi imponibili compiute nello Stato membro in cui è svolta la prestazione e che sono state comunicate al debitore del compenso da parte del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro, e in base alla quale altre spese non direttamente connesse a tale attività economica possono essere eventualmente prese in considerazione nell’ambito di una successiva procedura di rimborso;
– non ostano al fatto che l’esenzione fiscale di cui beneficia, in forza della Convenzione fiscale Germania-Paesi Bassi, un prestatore di servizi non residente che abbia svolto la propria attività in Germania, possa essere presa in considerazione, nell’ambito della procedura di ritenuta alla fonte da parte del debitore del compenso, nell’ambito di una successiva procedura di esenzione o di rimborso o, ancora, nell’ambito di un’azione di accertamento avviata nei confronti di tale debitore, soltanto nel caso in cui sia rilasciato un certificato di esenzione dall’autorità fiscale competente, il quale attesti il possesso dei requisiti fissati a tale scopo da detta Convenzione.
3) L’art. 59 del Trattato Cee deve essere interpretato nel senso che esso non è applicabile a favore di un prestatore di servizi cittadino di uno Stato terzo".


L’origine della controversia
La società Fkp Scorpio Konzertproductionen GmbH è una società residente in Germania la cui attività consiste nell’organizzare concerti musicali. Nel 1993, la società ha versato un compenso a una persona fisica per aver messo a disposizione un gruppo musicale. Tale compenso non è stato assoggettato a ritenuta fiscale e la persona fisica, che si firmava Europop, era residente nei Paesi Bassi e senza base fissa in Germania. In base alle indicazioni fornite dal giudice del rinvio, i compensi per le prestazioni artistiche di cui alla causa principale non erano imponibili in Germania ma soltanto nei Paesi Bassi, ai sensi della Convenzione per evitare la doppia imposizione nell’ambito dell’imposta sul reddito, dell’imposta sul patrimonio e di svariate altre imposte, stipulata il 16 giugno 1959 tra la Repubblica federale di Germania e il Regno dei Paesi Bassi.A seguito dell’avviso di accertamento nei confronti della società Scorpio, le imposte che la stessa società avrebbe dovuto trattenere sul compenso corrisposto al soggetto olandese sono state recuperate dal competente Ufficio fiscale locale in quanto mancava il certificato di esenzione rilasciato dal locale Ufficio delle Imposte. La società ha presentato ricorso, senza successo, alle competenti autorità di primo grado per l’annullamento del citato avviso di accertamento.

La normativa germanica
All’epoca dei fatti, l’ordinamento fiscale germanico prevedeva la tassazione, previa ritenuta alla fonte del 15 per cento, dei proventi attribuiti a persone fisiche non residenti per prestazioni culturali, artistiche o assimilate svolte all’interno dello Stato tedesco, indipendentemente dal soggetto a cui i compensi sono versati. La ritenuta alla fonte veniva effettuata dal debitore del compenso e non era ammessa alcuna deduzione per spese. Il debitore del compenso, responsabile delle ritenute e del versamento dell’imposta, doveva adempiere al proprio obbligo versando al Finanzamt competente l’imposta trattenuta nel trimestre precedente entro il decimo giorno del mese successivo allo stesso trimestre. Per usufruire dei benefici previsti da una Convenzione contro le doppie imposizioni, la ritenuta alla fonte non doveva essere eseguita soltanto nell’ipotesi di presentazione, al sostituto d’imposta, di una attestazione rilasciata, su domanda, dal Bundesamt für Finanzen (Ufficio federale delle imposte). In tale certificato, si attestava l’esistenza dei requisiti previsti nella Convenzione per l’applicazione della esenzione oppure della tassazione più favorevole. In mancanza del predetto certificato, il soggetto debitore del compenso doveva effettuare la ritenuta. Tuttavia, in caso di applicazione di una ritenuta non dovuta, il creditore del compenso, legittimato a beneficiare dell’agevolazione convenzionale, poteva comunque richiedere il rimborso dell’imposta versata. Per le stesse prestazioni professionali effettuate, invece, da soggetti residenti non era prevista alcuna ritenuta alla fonte sui compensi percepiti.

Le questioni pregiudiziali
Nel giudizio di appello, il giudice nazionale di rinvio chiede: 1) se gli articoli 59 e 60 del Trattato CE, riguardanti la libera prestazione di servizi, debbano essere interpretati nel senso che essi risultano violati qualora, ai sensi dell’ordinamento nazionale, un soggetto residente è tenuto ad effettuare la ritenuta d’imposta soltanto sui compensi corrisposti nei confronti di soggetto non residenti, e non anche sui compensi versati a favore di un creditore residente nello stesso Stato; 2) se alla questione sub 1) debba darsi soluzione diversa qualora il creditore di un compenso, residente all’estero in un paese UE, non sia cittadino di uno Stato membro dell’UE; 3) nel caso in cui alla questione sub 1) debba darsi soluzione negativa: se i citati articoli 59 e 60 debbano essere interpretati nel senso che le spese professionali relative a una prestazione svolta in uno Stato Ue, a favore di un residente in un altro Paese Ue, debbano essere prese in considerazione dal debitore del compenso per la determinazione dell’entità della ritenuta da trattenere; se, per evitare una violazione degli articoli 59 e 60, bisogna considerare tutte le spese sostenute o soltanto quelle direttamente connesse all’attività svolta nello Stato in cui è svolta la prestazione; se gli articoli 59 e 60 si considerano violati se le spese devono essere tutte considerate al momento dell’effettuazione della ritenuta senza possibilità di calcolare il conguaglio in una eventuale fase successiva della procedura di tassazione; se le suddette soluzioni si considerano applicabili anche al residente comunitario che non possiede anche la cittadinanza Ue.

La sentenza della Corte: le motivazioni

In merito alla questione dell’obbligo della ritenuta soltanto quando il compenso è dovuto a un soggetto non residente, la Corte fa presente che il meccanismo della ritenuta alla fonte e il sistema della responsabilità, che opera come garanzia di esso, rappresentano un mezzo legittimo e appropriato per garantire la tassazione dei redditi di un soggetto stabilito al di fuori dello Stato dell’imposizione e per evitare che i redditi in questione sfuggano alla tassazione sia nello Stato di residenza che in quello in cui i servizi sono forniti. Infatti, la ritenuta alla fonte rappresenta un mezzo per garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta. Di conseguenza i menzionati articoli 59 e 60 non si considerano violati se la normativa nazionale fissa una procedura di ritenuta alla fonte soltanto per i compensi corrisposti a prestatori di servizi non residenti e non anche per i soggetti residenti. Inoltre, gli stessi articoli di diritto comunitario non si considerano violati neanche quando la normativa nazionale prevede la responsabilità del fruitore di servizi che non abbia effettuato la ritenuta alla fonte alla quale era tenuto.

L’applicazione della ritenuta al netto delle spese
Per quanto riguarda la questione concernente l’applicazione della ritenuta al netto delle spese, il giudice comunitario ha richiamato la nota sentenza Gerritse (sentenza n. C-234/01 del 12 giugno 2003) e ha ribadito la necessità di sottoporre a tassazione il compenso al netto e non al lordo delle spese sostenute. La motivazione trova il suo fondamento nella necessità di non discriminare i soggetti non residenti rispetto ai soggetti residenti i cui redditi, come è noto, sono sottoposti a tassazione al netto delle spese connesse all’attività svolta. Inoltre, la Corte ha affermato che l’obbligo del rilascio di una certificazione fiscale per l’attestazione dei requisiti necessari per l’esenzione da ritenuta d’imposta rappresenta un adempimento giustificato dalla necessità di garantire il buon funzionamento della procedura di tassazione ed è, pertanto, compatibile con le disposizioni del Trattato. Il giudice comunitario ha, altresì, stabilito che la procedura di tassazione non necessariamente si deve esaurire in unico momento (applicazione della ritenuta) ma può anche essere completata in una fase successiva. Ne consegue che le spese direttamente connesse all’attività possono essere dedotte al momento dell’applicazione della ritenuta mentre quelle sostenute nello Stato della prestazione, e non direttamente connesse all’attività, possono essere dedotte nell’ambito di una successiva procedura. Infine il giudice comunitario ha stabilito che le predette disposizioni di favore, relative alla libera prestazione di servizi svolte all’interno dell’Unione, si applicano soltanto ai cittadini comunitari e non si estendono ai soggetti che non sono cittadini di un Paese della Comunità.
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