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Giurisprudenza

Legittime le restrizioni alla libertà di stabilimento

Se funzionali a preservare la coerenza del sistema fiscale dello Stato. È la conclusione a cui è pervenuta la Corte di Lussemburgo

La questione definita in data odierna dai giudici comunitari (causa C-157/07) trae spunto dalla pretesa violazione da parte dell’ordinamento tributario vigente in Germania dei principi di libertà di stabilimento garantiti dal Trattato istitutivo della Comunità europea. L’articolo 31 dell’accordo sullo Spazio Economico Europeo (in prosieguo, See) sancisce l’esplicito divieto di porre restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio della Comunità. Ciò significa che si garantisce l’accesso e lo svolgimento di attività di lavoro autonomo e di impresa in tutta l’area comunitaria alle medesime condizioni che l’ordinamento del paese di stabilimento riconosce ed applica ai propri cittadini.

Il protagonista della controversia
La controversia in esame riguarda una società di capitali tedesca, la Kr Wannsee, che per oltre un decennio, dal 1982 al 1994, ha operato in Austria mediante una propria stabile organizzazione. Tra i due Stati vige una convenzione contro le doppie imposizioni che riconosce a ogni Stato di assoggettare a imposta i proventi realizzati sul proprio territorio. L’Amministrazione fiscale tedesca ha ritenuto di poter far rientrare nel calcolo del reddito conseguito dalla società madre in Germania anche i profitti realizzati dalla stabile organizzazione situata in Austria. Così facendo, l’Erario ha recuperato a tassazione "a posteriori" anche gli importi che, nell’ambito dell’imposizione fiscale nazionale, erano stati precedentemente dedotti a causa delle perdite subite dalla stabile organizzazione austriaca.

L’intervento della Corte di Giustizia
Il contenzioso che ne è derivato è stato sottoposto al vaglio dei giudici comunitari per verificare la rispondenza ai principi comunitari del comportamento dell’Amministrazione fiscale tedesca nella parte in cui essa, "dopo aver consentito di detrarre le perdite subite da una stabile organizzazione situata in uno Stato diverso da quello ove è stabilita la società madre", prevede l'inclusione delle perdite predette nel calcolo dell’imponibile di quest’ultima nel caso in cui la stabile organizzazione realizzi un attivo.

Libertà di stabilimento e ratio della norma
La Corte ha preliminarmente rammentato la ratio sottesa alla libertà di stabilimento e, cioè, da un lato, la necessità di assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato ospitante e, dall’altro, l’esigenza di rimuovere ogni possibile ostacolo alla costituzione di filiali, agenzie, succursali in altri Paesi membri per promuovere in loco l’attività di impresa. Per costante giurisprudenza sono considerate restrizioni a tale libertà "tutte le misure che ne vietano, ostacolano, scoraggiano l’esercizio".

La questione nel merito

Passando al merito della questione, i giudici rilevano che le disposizioni nazionali che consentono di prendere in considerazione le perdite subite da una stabile organizzazione per la determinazione del reddito imponibile della società madre costituiscono, senza alcun dubbio, delle vere e proprie agevolazioni fiscali. Ne consegue che il diniego o il riconoscimento di tale agevolazione con riferimento alle perdite registrate dalla succursale stabilita in altro Stato membro rappresentano un elemento idoneo "a mettere a repentaglio la libertà di stabilimento". Nel caso in esame, il comportamento assunto dalla Germania sembra, prima facie, contraddittorio e lesivo dell’anzidetta libertà in quanto, in un primo momento, le perdite della stabile organizzazione vengono considerate come oneri deducibili. Successivamente, invece, l’erario tedesco procede, sia pure soltanto fino alla concorrenza degli utili conseguiti dalla stabile organizzazione, alla reintegrazione di tali perdite, con ciò revocando il beneficio prima concesso e adottando nei confronti delle succursali localizzate in altro Stato un trattamento più sfavorevole rispetto a quello riconosciuto alle stabili organizzazioni residenti sul territorio nazionale.

Le conclusioni
Tuttavia, prosegue la Corte, la posizione restrittiva assunta dal governo tedesco trova la propria giustificazione nella necessità "di garantire la coerenza del regime fiscale tedesco". Sotto questo profilo la restrizione operata risulta del tutto proporzionata all’obiettivo perseguito atteso che le perdite della succursale vengono reintegrate nell’imponibile della casa madre solo fino a concorrenza degli utili realizzati dalla stabile organizzazione in Austria. La restrizione che subisce la stabile organizzazione dipende, piuttosto, dalla ripartizione delle competenze fiscali operata dalla convenzione esistente tra Austria e Germania e, in particolare, dalle disposizioni dell’ordinamento fiscale austriaco che, nel periodo di cui è causa, non prevedeva il riconoscimento delle perdite subite da una stabile organizzazione appartenente ad una società stabilita in altro Stato membro.
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