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Giurisprudenza

Legittimo l'accertamento analitico in luogo di quello induttivo

La scelta del metodo, in presenza dei relativi presupposti, spetta all'ufficio

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Ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi, nel caso in cui ricorrano i presupposti sia dell'accertamento analitico che di quello induttivo, l'ufficio può legittimamente utilizzare o l'uno o l'altro metodo.
E' questo, in estrema sintesi, il pensiero espresso dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 27024 del 14 ottobre 2005, depositata il 7 dicembre.

Il fatto
In forza di un processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, l'allora ufficio distrettuale delle Imposte dirette rettificava il reddito di una società di persone, per l'anno 1992, dichiarato ai fini dell'Ilor.
La rettifica riguardava, in particolare, per quel che qui ci interessa, la mancata contabilizzazione di ricavi.
La Commissione tributaria di primo grado, adita dalla società, accoglieva il ricorso di parte.
Sugli appelli contrapposti delle parti, la Commissione tributaria regionale - sulla base della qualificazione dell'accertamento come rettifica di tipo analitico - rigettava quello principale, proposto dalla contribuente, e accoglieva l'incidentale, proposto dall'Amministrazione, in considerazione della legittimità di quell'accertamento.
Avverso tale decisione, la società contribuente ricorre con impugnazione affidata a tre motivi di gravame, cui resiste l'amministrazione delle Finanze, con controricorso.

La sentenza della Cassazione
In ordine al motivo di ricorso relativo al metodo di accertamento seguito, per il quale la parte lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del Dpr 600/73, la società contribuente deduce l'erronea interpretazione della legge da parte del giudice, il quale non si sarebbe avveduto che l'accertamento avrebbe dovuto essere eseguito ai sensi dell'articolo 39, comma 2, lettera c), dello stesso Dpr 600/73. In sostanza, l'Amministrazione avrebbe dovuto determinare il reddito d'impresa, e non limitarsi a rettificarlo.

La Corte statuisce che il ricorso di parte è completamente infondato, e va respinto; in particolare, i giudici della Cassazione dichiarano inammissibili le doglianze relative alla mancata applicazione delle previsioni riguardanti l'accertamento induttivo di cui all'articolo 39, comma 2, lettera c), e, quindi, della mancata determinazione induttiva del reddito d'impresa, in luogo del procedimento di rettifica adottato in applicazione dell'articolo 39, comma 1, lettera d).
La Cassazione richiama una fattispecie analoga, dove "ha già avuto modo di affermare (sent. n. 5557 del 2000) che, qualora, pur in presenza delle condizioni suscettibili di legittimare l'adozione di un accertamento induttivo, ai sensi del comma 2 dell'art. 39 del D.P.R. n. 600/73, la rettifica sia stata operata con metodo analitico, a mente del comma 1 della medesima disposizione, il contribuente non ha titolo per lamentare l'emissione nei suoi confronti di un accertamento analitico, invece che di un accertamento induttivo e sintetico, posto che l'eventuale adozione di questo implicherebbe per lui garanzie minori di quelle correlabili all'emissione di quello".

Tale conclusione è pienamente condivisa dall'estensore della sentenza che qui si annota "che - al riguardo - osserva come la rettifica in via analitica - al contrario della determinazione in via sintetica - del reddito d'impresa consente di dolersi di singole e specifiche poste e, così, meglio assicura il diritto di difesa del contribuente e più facilmente esclude l'arbitraria determinazione del risultato dell'accertamento. Del resto la Corte ha sostenuto (nella sentenza n. 11686 del 2002) anche la piena legittimità di combinare i due metodi di accertamento, sicché l'Amministrazione finanziaria, la quale corregga singoli elementi della dichiarazione dei redditi d'impresa sulla base di dati forniti dallo stesso contribuente (quali i costi di acquisto, le giacenze medie, il numero degli addetti), con accertamento analitico ex art. 39, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, ha il potere di completare l'accertamento muovendo da specifici elementi quantitativamente certi e pervenire ad altri dati attraverso il ricorso a parametri induttivi (nella specie, impiegati per determinare le percentuali di ricarico, fondandole in parte sulla media di settore ed in parte su elementi concreti forniti, o non contestati, dal contribuente)".

Brevi riflessioni
La sentenza emessa dalla Cassazione appare, a nostro avviso, ineccepibile, e conferma dei principi ben precisi: la scelta in ordine alle modalità di accertamento spetta all'ufficio (al giudice il compito di verificarne la legittimità) e l'ufficio può utilizzare contemporaneamente il metodo analitico e il metodo induttivo.
In particolare, in ordine a tale ultimo principio, ci preme sottolineare che, nel caso di specie, ci troviamo in presenza della classica ipotesi di accertamento analitico, con posta induttiva sui ricavi. Infatti, l'ufficio, con lo stesso atto di accertamento provvede a recuperi analitici per violazione delle regole che presiedono la determinazione del reddito d'impresa (competenza, inerenza, certezza, determinatezza) e alla ricostruzione indiretta dei ricavi, ex articolo 39, comma 1, lettera d), Dpr 600/73 (attraverso ragionamenti logico presuntivi, ovvero utilizzando percentuali di ricarico, eccetera).

Nei casi in questione, la ricostruzione indiretta non obbliga l'ufficio a emettere un accertamento induttivo, determinando il nuovo reddito d'impresa; anzi, in presenza di rilievi analitici "puri" è preferibile, ricorrendone le condizioni, rettificare il reddito d'impresa, recuperando costi analitici e ricavi "induttivi".
E' ovvio che tali riprese, nel merito, per parte, potrebbero trovare il conforto dei giudici e per altra parte potrebbero non superare il vaglio giurisprudenziale.

Proprio la Corte, nella sentenza in rassegna, richiama un precedente pronunciamento (che a sua volta ne richiama altri) - la sentenza n. 11686 del 24 aprile 2002, depositata il 5 agosto 2002 - secondo cui "l'esistenza dei presupposti del metodo induttivo non esclude che l'Amministrazione finanziaria possa servirsi del metodo analitico su determinate operazioni (sentenza 28 giugno 2001, n. 8835). Inoltre non è affatto escluso, come sembrano intendere i ricorrenti, il contemporaneo ricorso al metodo analitico e a quello induttivo (sentenza 22 maggio 2001 n. 6943 )".

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