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Giurisprudenza

Legittimo l’accertamento più pesante
rispetto ai rilievi contenuti nel pvc

L’autonomia di valutazione di cui dispone l’Agenzia delle entrate, rispetto al contenuto del processo verbale di constatazione, non mette in discussione il diritto di difesa del contribuente

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In tema di contraddittorio e di poteri del giudice tributario, non sussiste alcuna lesione del diritto di difesa per il solo fatto che la ripresa a imposizione contenuta nell'avviso di accertamento sia per importi superiori a quelli oggetto del prodromico processo verbale di constatazione, in quanto l'atto impositivo non dipende necessariamente dal pvc. Questo perché solo in esso si esterna ciò che viene constatato e accertato dall’amministrazione finanziaria, ed è al rispetto del contenuto dell’atto impositivo che è tenuto il giudice tributario.
 
Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza n. 13490 del 20 maggio 2019, con cui ha respinto il ricorso presentato da alcuni contribuenti (società di persone e soci) destinatari di alcuni avvisi di accertamento emessi con l’utilizzo delle indagini finanziarie.
 
La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
La vicenda parte dall’impugnazione di alcuni avvisi di accertamento emessi con l’utilizzo delle indagini finanziarie nei confronti di una società di persone e dei rispettivi soci.
Sia la Ctp che la Ctr rigettavano le doglianze dei contribuenti, ritenendo nel merito che gli stessi non avessero dato prove idonee a superare le risultanze degli accertamenti bancari.
Con il ricorso in Cassazione, i contribuenti lamentavano violazione del diritto al contraddittorio, visto che l’accertamento riportava importi superiori rispetto a quelli contenuti nel prodromico processo verbale di constatazione.
 
Nel rigettare il ricorso la Cassazione ricorda il consolidato orientamento per cui l’Amministrazione finanziaria può riferire “de plano” a operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente, salva prova contraria, e l’utilizzazione non è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, contraddittorio che costituisce una facoltà e non un obbligo (cfr Cassazione nn. 29617/2017 nonché 10249/2017 e 25911/2017).
Tale presa di posizione non inficia, comunque, il diritto di difesa del contribuente se è vero che il processo tributario, in quanto rivolto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso e tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato.
 
Quanto al riparto dell’onere probatorio in tema di indagini finanziarie si ricorda infine che sia in materia di Iva che di imposte dirette, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’articolo 32 del Dpr 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili a operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (cfr Cassazione nn. 9362/2015 e 21303/2013).
 
Ulteriori osservazioni
Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito. In tema di tributi "armonizzati", invece, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (cfr Cassazione, sezioni unite n. 24823/2017 seguita poi da pronunce successive, come la n. 29617/2017).
 
La normativa italiana non prevede il contraddittorio obbligatorio in materia di indagini finanziarie: in altri termini, come precisato di recente (cfr Cassazione nn. 10249/2017 e 25911/2017), la legittimità dell’utilizzo dei dati desunti non è condizionata dalla previa instaurazione del contraddittorio. Tale attività costituisce una mera facoltà per l’Amministrazione e non un obbligo.
 
Quanto al rapporto tra processo verbale di constatazione e avviso di accertamento, la distinzione e l’autonomia tra l’attività di controllo fiscale e l’attività di accertamento vera e propria emergono dall’analisi delle disposizioni relative ai compiti e alle attribuzioni della Guardia di finanza.
E infatti, l’articolo 33, comma 3, del Dpr 600/1973, prevede che “la Guardia di Finanza coopera con gli uffici delle imposte per l’acquisizione e il reperimento degli elementi ai fini dell’accertamento dei redditi…”.
Da tale disposizione si ricava che la Guardia di finanza, al pari dell’Agenzia delle entrate, pone in essere l’attività ispettiva e di controllo fiscale, al termine della quale trasmette all’Agenzia delle entrate gli elementi utili ai fini dell’accertamento dei redditi, il cui potere compete, esclusivamente, all’Agenzia delle entrate.
A tale riguardo, autorevole dottrina afferma che “La Guardia di Finanza – a norma dell’art. 33 del D.P.R. n. 600/1973 – è titolare della medesima funzione di indagine, conferita agli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria. Soltanto gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria possono, però, esercitare il potere di accertamento dei tributi o di irrogazione delle sanzioni, attraverso l’emissione di atti impositivi o sanzionatori”.
 
Come dimostra la pronuncia in commento, l’autonomia di valutazione di cui dispone l’Agenzia delle entrate, rispetto al contenuto del processo verbale di constatazione, non inficia il diritto di difesa del contribuente sia in fase procedimentale (attraverso l’istanza di accertamento con adesione) sia in fase contenziosa, attraverso la contestazione dei rilievi ulteriori.

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