In base alle nuove disposizioni sulla impugnabilità dell’estratto di ruolo (articolo 3-bis, Dl n. 146/2021) e della conseguente interpretazione della giurisprudenza della Cassazione (Sezioni unite, sentenza n. 26283/2022), è inammissibile il ricorso della contribuente in mancanza della deduzione, a mezzo di deposito di memoria ex articolo 378 cpc delle condizioni previste dal recente intervento normativo sul tema. Lo ha chiarito la Cassazione nell’ordinanza n. 743 del 12 gennaio 2023.
I fatti
In data 04/06/2010 una contribuente veniva a conoscenza dell’esistenza di cartelle di pagamento ed estratti di ruolo a suo carico relativi ad Irap, Irpef e addizionali regionali per gli anni di imposta dal 1998 al 2006 a seguito di una richiesta di informazioni all’agente della riscossione sull’avviso di intimazione di pagamento dalla stessa ricevuto. In particolare, l’avviso conseguiva alle cartelle di pagamento emesse all’esito dei controlli formali delle dichiarazioni effettuati ex articolo 36-bis, Dpr n. 600/1973 ed ex articolo 54-bis, Dpr n. 633/1972. La donna impugnava gli estratti di ruolo chiedendone la nullità in quanto le cartelle di pagamento non le erano state mai notificate, non erano state precedute dalla fase interlocutoria ex articolo 6, comma 5, legge n. 212/2000 e non contenevano alcuna indicazione del responsabile del procedimento.
I giudici di merito, in primo grado, respingevano il ricorso e, in appello, confermavano la sentenza impugnata. In particolare, i giudici di primo grado rilevavano, tra l’altro, l’irrilevanza del mancato invio delle comunicazioni di irregolarità, derivando le cartelle dall’omesso versamento degli importi indicati dalla stessa contribuente nelle dichiarazioni dei redditi presentate e non essendovi contestazioni sulla stessa liquidazione. Osservavano, inoltre, che l’avviso non era allegato agli atti di causa e che gli estratti di ruolo allegati recavano pagamenti rateali in parte già effettuati e per i quali non era prevista l’indicazione del responsabile del procedimento. I giudici d’appello, nel definire il gravame della donna, accoglievano la questione preliminare di rito proposta dall’Amministrazione finanziaria e dichiaravano l’inammissibilità del ricorso di primo grado avverso atti denominati “estratti di ruolo”, che, neppure notificati, riportavano l’annotazione «riprodotto a solo titolo normativo e non riveste valore giuridico».
La contribuente ha proposto ricorso per cassazione, tra l’altro, lamentando vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia (impugnazione degli estratti di ruolo) poiché il giudice di secondo grado aveva ritenuto che ad essere impugnati erano estratti di ruolo laddove, invece, il ricorso riguardava i ruoli scaturenti dall’esito del controllo automatizzato.
La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha affermato che «In tema di riscossione a mezzo ruolo, l’art. 3-bis del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, inserito in sede di conversione dalla I. 17 dicembre 2021, n. 215, col quale, novellando l'art. 12 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, è stato inserito il comma 4-bis, si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest'ultimo con riguardo all'art. 6 della CEDU e all'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione» (Cassazione, ordinanza n. 743/2023).
Osservazioni
La questione oggetto della controversia concerne la possibilità, per il contribuente che rileva di non aver ricevuto rituale notificazione di atti di riscossione e che ne scopra l’esistenza, di impugnare tali atti immediatamente, anche insieme al ruolo.
In proposito, l’articolo 3-bis, Dl n. 146/2021, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215/2021, ha novellato l’articolo 12, Dpr n. 602/1973, intitolato alla “Formazione e contenuto dei ruoli” e vi ha inserito il comma 4-bis che, dopo la previsione che «L’estratto di ruolo non è impugnabile» in via diretta, chiarisce che «Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione». La norma, che regola la riscossione coattiva delle entrate pubbliche (anche extra tributarie) mediante ruolo, specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata.
Di conseguenza, in tutti i casi in cui non ricorrano i presupposti normativi enucleati, l’estratto di ruolo non è impugnabile.
Tale interpretazione, oltre che nella chiara lettera della norma, trova la sua giustificazione nell’interesse ad agire quale “condizione dell’azione” che ha “natura dinamica” e, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione. Al riguardo le Sezioni unite (n. 26283/2022) hanno affermato che l’invalida notificazione della cartella di pagamento determina di per sé bisogno di tutela giurisdizionale e, quindi, tenendo conto dell’incisivo rafforzamento del sistema di garanzie, plasma l’interesse ad agire anche con riferimento alle controversie non ancora definitive.
I giudici di legittimità, infatti, hanno chiarito che la disciplina sopravvenuta si applica ai processi pendenti, nel corso dei quali può essere fornita la necessaria dimostrazione della sussistenza dell’interesse alla tutela immediata prevista dal legislatore, poiché tale disciplina ben può incidere sulla futura pronuncia della sentenza (o dell’ordinanza), a condizione che sia fornita tale dimostrazione e cioè che l’opponente, che ne è onerato ne deduca e ne dimostri la sussistenza.
In armonia col principio costituzionale del giusto processo ex articolo 111 della Costituzione, l’interesse ad agire, come conformato dal legislatore, deve essere dimostrato in giudizio per evitare che la struttura del processo possa, in contrasto con la sua funzione, consentire un eventuale abuso delle misure giudiziarie ai fini dell’utile di una sola parte, mossa da intenti defatigatori..., e pertanto non meritevole di tutela giuridica (Corte costituzionale n. 113/1963).
In particolare, quanto alle fasi di merito, la Cassazione ha precisato che l’interesse ad impugnare l’estratto di ruolo:
- se è già insorto al momento della proposizione del ricorso, può richiedersi tempestivamente la rimessione nei termini, istituto applicabile anche al processo tributario (Cassazione, n. 268/2022), invocando la novità della norma che ha previsto la possibilità di riparare all’eventuale pregiudizio subito in ipotesi di impedimento assoluto da parte del contribuente di far valere diversamente le proprie ragioni
- a maggior ragione, se insorto dopo, può essere fatto valere in giudizio.
Nel giudizio di legittimità, relativo alla conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico e definito dalle norme applicabili quando la sentenza è resa (Sezioni unite n. 21691/2016, punto 16), l’interesse alla tutela immediata ex articolo 3-bis, Dl n. 146/202), può essere concretizzato:
- mediante deposito di documentazione ex articolo 372 cpc (sull’ammissibilità del deposito di documenti concernenti la persistenza dell’interesse ad agire, cfr, tra varie, Cassazione, n. 26175/2017)
- a mezzo di deposito di memoria ex articolo 378 cpc con deduzione delle condizioni previste dalla recente normativa, a pena di inammissibilità del ricorso introduttivo (come nella fattispecie in esame)
- o anche fino all’udienza di discussione, prima dell’inizio della relazione
- o fino all’adunanza camerale, se insorto dopo
- qualora occorrano accertamenti di fatto, vi provvederà il giudice del rinvio (Sezioni unite n. 26282/2022).