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Giurisprudenza

L’Ici, un’imposta rispettosa della “vocazione”

Da tassare in base al suo valore di mercato il terreno agricolo ma con tendenza edificatoria

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Per poter beneficiare, ai fini Ici, della tassazione su base catastale, prevista per i terreni agricoli, non conta solo la certificazione catastale, ma va verificato che il suolo non abbia una vocazione edificatoria formalizzata in uno strumento urbanistico generale adottato da Comune.
Lo ha affermato il giudice di legittimità con la sentenza n. 23682 depositata lo scorso 15 novembre.

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento, con il quale il Comune attribuiva un maggior valore a un terreno, in conseguenza di una variazione di destinazione urbanistica dell’area, divenuta edificabile a seguito dell’adozione del nuovo piano regolatore generale. L’adita Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso presentato dal contribuente e i giudici di appello confermavano la sentenza di primo grado, annullando l’accertamento del maggior valore.
In particolare, la Commissione tributaria regionale riteneva adeguato il valore dichiarato, in quanto dalla certificazione catastale in atti risultava che il terreno aveva natura agricola ed era destinato a pascolo.

Il Comune presentava ricorso per cassazione, censurando l’impugnata sentenza per falsa applicazione ed errata interpretazione dell’articolo 2, lettera b), del Dlgs 504/1992, posto che l’adozione del piano regolatore generale è sufficiente a far considerare fabbricabili le aree per le quali sia prevista l’ utilizzabilità a scopo edificatorio.

Le ragioni poste alla base del provvedimento dei giudici di legittimità meritano un preventivo esame della normativa di riferimento.
Come è noto, il presupposto impositivo dell’imposta comunale sugli immobili è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati. Dunque, l’Ici incide sia il possesso delle aree fabbricabili che quello dei terreni agricoli.

Ai fini fiscali, la distinzione tra aree fabbricabile e terreni agricoli è rilevante, perché sono differenti i criteri utilizzati per determinare la base imponibile.
Infatti, per le aree fabbricabili la base imponibile è costituita dal "valore venale in comune commercio, calcolato dal 1° gennaio dell’anno d’imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche" (articolo 5, comma 5, del Dlgs 504/1992).

Per i terreni agricoli, invece, "il valore è costituito da quello che risulta applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, un moltiplicatore pari a settantacinque" (articolo 5, comma 7, del Dlgs 504/1992).

In buona sostanza, ai fini Ici, la distinzione tra aree edificabili e terreni agricoli non serve per distinguere un bene tassabile da uno non tassabile, serve soltanto per individuare il criterio in base al quale deve essere determinata la base imponibile (criterio del valore venale, secondo i prezzi medi di mercato, ovvero del valore catastale).

I criteri per stabilire se un suolo debba qualificarsi come area fabbricabile o come terreno agricolo, sono indicati nelle lettere b) e c) dell’articolo 2, comma 1, del Dlgs 504/1992.
In base alle citate disposizioni, per terreno agricolo "s’intende il terreno adibito all’esercizio delle attività indicate nell’art. 2135 del codice civile" (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse); per area fabbricabile, invece, "s’intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi".

Al riguardo, va rilevato che le più recenti modifiche legislative apportate dal “Visco-Bersani” hanno previsto che "un’ area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo".
In altre parole, ai fini fiscali, non occorre che lo strumento urbanistico adottato dal Comune abbia perfezionato il proprio iter di formazione mediante l’approvazione della Regione, in quanto può qualificarsi un suolo “a vocazione edificatoria” anche prima del completamento di tali procedure.

Tanto premesso, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’ente locale, affermando che non è applicabile ai terreni agricoli il criterio di determinazione della base imponibile Ici fondato sul valore catastale quando sia iniziato un procedimento di trasformazione urbanistica che abbia incluso nelle aree fabbricabili i predetti terreni, facendone lievitare il valore venale secondo le leggi di mercato.
In buona sostanza, l’inizio della procedura di “trasformazione urbanistica” di un suolo implica, di per sé, una “trasformazione economica” dello stesso, che non consente più la valutazione, ai fini fiscali, secondo il criterio del reddito dominicale.

Conseguentemente, “l’aspettativa di edificabilità” di un suolo comporta l’assoggettamento a un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli e, quindi, l’Ici va dichiarata e liquidata sulla base del valore di mercato dell’area, tenendo conto anche di quanto sia effettiva e prossima l’utilizzabilità a scopo edificatorio e di quanto possano incidere gli ulteriori eventuali oneri di urbanizzazione.

Da ultimo, i giudici, a sostegno dell’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale del terreno in questione, ha stabilito che "l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius edificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducono in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del D.Lgs. n. 446/1997".

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