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Giurisprudenza

L’impugnazione va argomentata
nell’atto introduttivo del giudizio

Il thema decidendum può essere ampliato unicamente nel caso di deposito di “documenti non conosciuti ad opera delle altre parti, o per ordine della Commissione”

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Con la sentenza 24802/2014, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla natura del processo tributario e sulle conseguenti modalità di formazione del thema decidendum.
La fattispecie sub judice trae origine dall'impugnazione di una cartella esattoriale notificata per la riscossione di un'imposta di successione; cartella non preceduta dalla valida notifica dell'avviso di liquidazione di detta imposta.
Il contribuente, tuttavia, nell'atto introduttivo del giudizio, non aveva contestato la mancata notifica dell'atto presupposto, limitandosi a eccepire la non corretta quantificazione della pretesa impositiva oggetto di riscossione. L'inesistenza della notifica dell'atto presupposto era, infatti, stata eccepita da parte ricorrente unicamente in occasione del deposito delle memorie illustrative di cui all'articolo 32 del Dlgs n. 546/1992.
 
Esperiti due gradi di merito, la Commissione tributaria centrale ha accolto il ricorso del contribuente proprio in funzione della mancata notifica dell'avviso di liquidazione, atto necessariamente presupposto alla notifica della cartella esattoriale impugnata.
 
Avverso tale decisione, l'Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, denunciando un vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, per non aver rilevato il giudice adito l'inammissibilità della ragione di doglianza del contribuente circa l'omessa previa notifica dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione.
 
In tale stato di cose, la Cassazione, dopo aver ricordato che il processo tributario è un processo di “impugnazione-merito” e che, pertanto, l'indagine del giudice è limitata ai motivi di contestazione dedotti nell'atto introduttivo del giudizio, ha accolto il ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria.
Secondo il Collegio supremo, infatti, la Commissione tributaria centrale non avrebbe potuto ex officio annullare l'atto impugnato per vizi diversi da quelli dedotti dal contribuente nel ricorso. Tali vizi, infatti, devono considerarsi estranei al thema decidendum così come definito dalle scelte del contribuente, anche se risultanti da elementi definitivamente acquisiti al giudizio.
 
Aggiunge, inoltre, la Corte suprema che l'eventuale integrazione dei motivi di ricorso può essere effettuata unicamente a norma di quanto disposto dal comma 2, articolo 24 del Dlgs n. 546/1992.
Ai sensi di tale ultima disposizione, infatti, la proposizione di motivi aggiunti è consentita unicamente nel caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della Commissione” (in senso analogo: Cassazione 12 luglio 2006, n. 15825 e Cassazione 5 dicembre 2012, n. 21779).
 
 
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
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