In tema di imposte sui redditi delle società, la deducibilità di costi e oneri richiede la loro inerenza all'attività di impresa, la cui prova, in caso di contestazioni del Fisco, è a carico del contribuente, il quale deve provare e documentare analiticamente l'esistenza e la natura dei costi, i relativi fatti giustificativi e la loro concreta destinazione alla produzione (Cassazione, ordinanza n. 15530/2023).
La vicenda processuale deriva dall’impugnazione, da parte di una Srl, di una sentenza della Ctr del Lazio, con la quale veniva rigettato l'appello proposto avverso una pronuncia emessa dalla Ctp di Roma, che aveva, a sua volta, respinto il ricorso presentato dalla stessa società contro un avviso di accertamento, per imposte dirette e Iva, in relazione all'anno 2010, con cui erano stati ripresi a tassazione costi ritenuti indeducibili e veniva recuperata l'Iva indebitamente detratta.
In sintesi, i giudici di secondo grado rilevavano che:
- le spese afferenti l'attività professionale espletata da un professionista erano da ritenersi indeducibili per assenza di inerenza, in quanto le fatture risultavano generiche, non riportavano l'attività svolta, neppure con riferimento a specifici eventi, e mancavano documenti aventi data certa, dai quali fosse possibile desumere l'oggetto della prestazione fatturata
- all’esito della disamina degli elementi indiziari forniti dall’Agenzia delle entrate (mancanza di data certa del contratto di appalto; omessa indicazione del numero, della qualifica e delle funzioni del personale utilizzato), nonché dall’esame delle dichiarazioni rese dagli stessi lavoratori si deduceva, che le spese sostenute nei confronti di una cooperativa non attenevano ai servizi dalla medesima svolti, ma occultavano costi di lavoro dipendente, trattandosi di personale che lavorava di fatto alle dipendenze della società appellante, con conseguente indeducibilità dei relativi costi ai fini Irap e la ripresa dell'Iva indebitamente detratta.
La Srl impugnava la decisione della Ctr laziale, affidando il ricorso per cassazione a due motivi di doglianza:
- violazione e falsa applicazione dell'articolo 2094 cc, per avere la Ctr inesattamente applicato la normativa che disciplina gli elementi identificativi del rapporto di lavoro subordinato, con riferimento al rapporto di impiego dei dipendenti della cooperativa, i quali lavoravano presso i locali della contribuente, atteso che gli elementi produttivi e le materie prime erano forniti dalla cooperativa stessa; così come a quest’ultima spettava il potere/dovere di organizzare il lavoro di detto personale
- violazione e falsa applicazione dell'articolo 109 del Tuir, per avere la Ctr errato nel ritenere non inerenti i costi contestati; in particolare, la ricorrente sosteneva che, con riferimento alla prestazione espletata dal professionista incaricato, le fatture contenevano tutti gli elementi richiesti dall'articolo 21, comma 2, lettera g), Dpr n. 633/1972 riportando, quale oggetto della prestazione resa, la "consulenza amministrativa e commerciale", atteso che il principio di inerenza si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo.
La suprema Corte, con l’ordinanza n.15530 dello scorso 1° giugno, ha rigettato nel merito il ricorso della società, ritenendo inammissibili e infondate le eccezioni sollevate.
Avuto riguardo al primo motivo di impugnazione, la Cassazione l’ha ritenuto inammissibile sotto il duplice profilo del difetto di specificità (omessa indicazione di elementi, anche indiziari, dai quali poter desumere il rapporto contestato in termini di fittizia interposizione di manodopera) nonché su un’impropria rivalutazione dei fatti di merito già vagliati dalla Ctr, la quale non può trovare ingresso in sede di legittimità sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge (cfr Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 34476/2019).
Con riferimento al secondo motivo di doglianza, la suprema Corte lo ha rigettato in quanto infondato sul punto relativo ai costi relativi alle prestazioni fatturate dalla cooperativa, poiché correttamente i giudici di secondo grado hanno rilevato che tali componenti negativi non sono stati recuperati ai fini Ires, essendo stati considerati comunque sostenuti, ma solo ai fini Irap, essendo le spese per il personale dipendente indeducibili in relazione a quest'ultima imposta ai sensi dell’articolo 8 del Dlgs n. 446/1997.
La specifica doglianza risultava altrettanto infondata anche in riferimento ai costi relativi all'attività prestata dal professionista incaricato.
Sul punto, la Cassazione ha aderito all’orientamento pacifico della Corte, secondo il quale, in tema di imposte sui redditi delle società, la deducibilità di costi e oneri richiede la loro inerenza all'attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea a essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità - anche solo potenziale e indiretta - secondo una valutazione qualitativa e non quantitativa, la cui prova, in caso di contestazioni dell'amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l'imponibile maturato e, quindi, l'esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l'attività di impresa e non ai ricavi in sé (cfr Cassazione, sentenza n. 24880/2022).
Nel caso in esame, la Ctr aveva esattamente concluso circa l’assenza di inerenza in relazione all'attività professionale svolta dal citato professionista in quanto essa risultava non solo vagamente descritta in fattura ma mancava qualsiasi supporto documentale idoneo a comprovare la sua correlazione con l'attività imprenditoriale svolta dalla società contribuente.