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Giurisprudenza

L'ingiunzione fiscale vale comunque come costituzione in mora

Se invalidamente notificata, perde la natura di precetto ma non quella di intimazione di pagamento

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Se l'ingiunzione fiscale viene notificata con una procedura dichiarata invalida non può escludersi che - avendone i requisiti di contenuto e di forma - la stessa possa essere considerata idonea a produrre gli effetti interruttivi della prescrizione ex articoli 1334 e 1335 del codice civile quando sia, comunque, pervenuta in un luogo considerabile come indirizzo del destinatario.
Questo è l'importante principio giuridico contenuto nella sentenza della Corte di cassazione n. 15617, depositata lo scorso 26 luglio.

La rilevanza delle problematiche trattate nonché l'articolato percorso giuridico seguito dai giudici di piazza Cavour nella sentenza in commento, ci impongono di procedere con ordine analizzando, in primis, il grado di merito.
Un contribuente impugna, in Corte d'appello, la sentenza con la quale il Tribunale rigettava l'opposizione avverso un'ingiunzione fiscale emessa, da un ente locale, ai sensi dell'articolo 2 del Testo unico del 14 aprile 1910, n. 639 ("Testo unico delle disposizioni di legge relative alla procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, dei proventi di demanio pubblico e di pubblici servizi e delle tasse sugli affari").
L'appellante, con due motivi, eccepisce la nullità e inesistenza della notificazione dell'ingiunzione e la prescrizione del diritto azionato dall'ente comunale per il decorso del termine decennale.

Il giudice del gravame accoglie il primo motivo d'appello rilevando l'invalidità della notifica in virtù della sentenza del 23 settembre 1998, n. 346, con la quale la Corte delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 ("Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari"), nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego, sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento.

In merito all'eccepita prescrizione, invece, il giudice d'appello rileva che la nullità della notificazione dell'ingiunzione (ritenuta in accoglimento della prima doglianza) non comporta anche la nullità dell'atto ai fini interruttivi della prescrizione, costituendo, in ogni caso, la comunicazione postale (effettuata con raccomandata a/r) atto idoneo a manifestare la volontà, da parte del creditore, di esercitare il proprio diritto.
Di conseguenza, la Corte d'appello dichiara la sussistenza del credito dell'ente locale e condanna l'appellante al pagamento della somma ingiunta.

Il contribuente, quindi, si rivolge ai giudici di legittimità eccependo la contraddittoria motivazione della sentenza d'appello che, da un lato, ha ritenuto la nullità della notificazione dell'ingiunzione e, dall'altro, ha ritenuto (la stessa ingiunzione) efficace ai fini dell'interruzione della prescrizione della pretesa comunale.

La Cassazione rigetta il ricorso.
Infatti, per i giudici di legittimità, l'ingiunzione fiscale, per pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale, ha una duplice funzione: è titolo esecutivo (in quanto atto unilateralmente formato dalla P.A. nell'esercizio dei propri poteri) nonché atto prodromico all'inizio della procedura esecutiva (equivalente all'atto di precetto del giudizio civile).
Pertanto, l'ingiunzione fiscale - prosegue la Corte - deve essere assimilata all'atto di precetto e, come tale, la sua notificazione "pur non essendo essa (n.d.a. ingiunzione), non diversamente dal precetto, atto del processo, era, tuttavia, soggetta alle regole sulla notificazione degli atti giudiziari a mezzo posta di cui alla legge n. 890 del 1982" atteso che tale legge, continuano i giudici, "... si riferisce genericamente alla notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e penale senza esigere che debba trattarsi di atti processuali... All'uopo si ricorda che la citata legge usa l'espressione atto giudiziario per identificare il suo ambito di applicazione in cui possono farsi rientrare oltre agli atti processuali anche gli atti serventi rispetto al processo, per la cui efficacia sia richiesta (com'è per il precetto) la notificazione tramite ufficiale giudiziario".

Ne consegue, secondo la Cassazione, che bene ha fatto la Corte d'appello nel ritenere nulla la notificazione dell'ingiunzione de qua in applicazione del principio espresso dalla citata sentenza della Corte costituzionale.
Tale nullità, per un verso, ha impedito all'ingiunzione di svolgere la funzione (tipica del precetto) di far decorrere i termini per la proposizione dell'opposizione; dall'altro, non ha precluso alla stessa ingiunzione - considerata non come atto di precetto (non sarebbe stato possibile, vista la nullità della notifica), ma come semplice atto di costituzione in mora - di produrre un effetto interruttivo della prescrizione del diritto.

L'ingiunzione, nella fattispecie in esame, non è stata considerata alla stregua di un atto giudiziario (che produce effetti solo se validamente notificato), ma come atto giuridico sostanziale di intimazione di pagamento (avendone, senza dubbio, l'ingiunzione i requisiti di forma e contenuto).
Con questa diversa qualificazione giuridica, l'ingiunzione, motiva la Corte, ai fini dei requisiti di efficacia, è assoggettata soltanto alla disciplina di cui agli articoli 1334 e 1335 del c.c. e non più alle disposizioni di cui alla citata legge 890/1982.
Gli articoli 1334 e 1335 del c.c. disciplinano la cosiddetta "presunzione di conoscenza", in base alla quale l'efficacia degli atti unilaterali recettizi si verifica al momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati e che, allorquando giungono all'indirizzo del destinatario, si reputano da questi conosciuti se lo stesso non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne avuto notizia.

Tornando alla vicenda in esame, non si discute che l'ingiunzione sia giunta all'indirizzo dell'odierno ricorrente, atteso che la nullità della notificazione è stata dichiarata (dal giudice d'appello) per inosservanza dell'emendamento all'articolo 8 della legge 890/1982, introdotto dalla ricordata sentenza della Corte costituzionale, né tantomeno il ricorrente ha dimostrato di essersi trovato, senza sua colpa, nell'impossibilità di avere notizia dell'atto.
In conclusione, la suprema Corte, rigettando il ricorso, fissa il principio in base al quale l'ingiunzione fiscale in quanto atto giudiziario (al pari del precetto) deve essere validamente notificata dall'ufficiale giudiziario secondo i dettami della legge 890/1982.
Se ciò non avviene, l'ingiunzione - "declassata" ad atto giuridico sostanziale - può essere idonea, avendone i requisiti, a svolgere la funzione di atto di interruzione della prescrizione (rectius costituzione in mora) bastando, in questa ipotesi, ai fini della validità della notifica, la semplice presunzione di conoscenza prevista dagli articoli 1334 e 1335 c.c.

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