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Giurisprudenza

L’intermediario pubblicitario paga l’Icp

La norma identifica come soggetto passivo del tributo comunale il titolare del potere di disporre a qualsiasi titolo delle strutture su cui affiggere i messaggi

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Con la sentenza n. 1916 depositata il 30 gennaio 2007, la Corte di cassazione ha affermato che la società intermediaria che si procura la disponibilità dell’impianto pubblicitario, mediante specifico contratto con il proprietario, per poi affiggervi la pubblicità dei propri clienti, è soggetto passivo dell’imposta sulla pubblicità.

Il fatto
La vicenda processuale trae origine da nove avvisi di accertamento, con cui il Comune chiedeva il pagamento di una somma a titolo di imposta di pubblicità a una Srl che svolgeva attività di intermediazione pubblicitaria.
La società presentava ricorso eccependo la carenza di legittimazione passiva, in quanto non aveva la disponibilità degli impianti pubblicitari, né era autrice del messaggio pubblicitario, avendo solo agito quale intermediaria fra il proprietario di tali impianti e il beneficiario del messaggio.
La Commissione adita respingeva i ricorsi, mentre in Ctr fu accolto il gravame proposto dalla Srl.
In particolare, i giudici di appello osservavano che obbligato al pagamento dell’imposta di pubblicità è, in via principale, il soggetto che ha la disponibilità di impianti pubblicitari, e che solo in via solidale sussidiaria ne risponde il soggetto che fruisce della prestazione, ovvero, nella specie, l’agenzia committente (società di intermediazione). Di conseguenza, poiché il Comune non aveva previamente escusso l’obbligato principale (proprietario degli impianti), a parere dei giudici regionali, mancava il presupposto giuridico per porre in essere l’accertamento a carico della società di mediazione pubblicitaria.
Il Comune ricorre per cassazione.

La sentenza
Ai fini di un corretto inquadramento della questione, appare utile precisare che, ai sensi dell’articolo 5 del Dlgs n. 507/1993, l’imposta comunale sulla pubblicità colpisce la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o da tali luoghi percepibile.
Si considerano rilevanti ai fini dell’imposizione i soli messaggi diffusi nell’esercizio di un’attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato.
Sono escluse, pertanto, tutte quelle forme di comunicazione prive di contenuto pubblicitario o non ricollegabili ad alcun interesse economico.

Ai sensi dell’articolo 6, comma 1 e 2, dello stesso decreto legislativo l’imposta è dovuta:

  • in via principale da colui che dispone, a qualsiasi titolo, del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso (proprietario dell’impianto- agenzia pubblicitaria)
  • in via sussidiaria, quale obbligato in solido, da colui che produce o vende la merce o fornisce i servizi oggetto della pubblicità (soggetto pubblicizzato).

Fatte queste premesse, la Cassazione, con la sentenza in rassegna, ha accolto il ricorso presentato dal Comune, affermando che, ai sensi dell’articolo 6, comma 1 del Dlgs n. 507/1993, la società di intermediazione pubblicitaria, che agisce esclusivamente quale intermediaria fra il proprietario di un impianto pubblicitario e il beneficiario del messaggio, è soggetto passivo d’imposta, al pari del proprietario dell’impianto pubblicitario, in quanto dispone di detti impianti e li utilizza, affiggendovi i messaggi pubblicitari.

Più specificatamente, la Cassazione ha precisato che il soggetto che è obbligato al pagamento dell’imposta di pubblicità deve essere individuato nella persona o nell’ente titolare del potere di disporre di simili strutture "a qualsiasi titolo"; potere che deriva sia "dall’esercizio di un diritto reale (anche diverso dalla proprietà), sia dall’esecuzione di un contratto a contenuto obbligatorio".

Peraltro, hanno affermato i giudici, contrariamente a quanto asserito dalla Ctr, la società intermediaria (agenzia committente), che raccoglie le richieste di pubblicità e che provvede a soddisfarle, disponendo degli appositi impianti, non può considerarsi soggetto “obbligato in solido”, ai sensi del comma secondo dell’articolo 6 dello stesso Dlgs n. 507/1993, in quanto non è produttore o venditore delle merce o fornitore dei servizi pubblicizzati, né fruitore del servizio di pubblicità (non è, quindi, il soggetto pubblicizzato).
E’, quindi, proprio la disponibilità dell’impianto pubblicitario, ottenuta mediante contratto stipulato col proprietario dello stesso, che pone la società intermediaria, al pari del proprietario, nella condizione di soggetto passivo dell’imposta di pubblicità.
Ciò trova la propria ratio nel fatto che il citato articolo 6, comma 1, del Dlgs, non fa differenze in ordine al titolo da cui dipende la disponibilità dell’apposito impianto ("a qualsiasi titolo", anche di natura obbligatoria).

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