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Giurisprudenza

L’Iva va dal chiropratico:
manca il profilo da “dottore”

Il Collegio regionale umbro ha avuto occasione di confermare l’orientamento espresso di recente anche dalla Corte di legittimità, in materia di professioni sanitarie e non

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La Ctr dell’Umbria, con la sentenza n. 433 del 23 dicembre scorso, ha stabilito che le prestazioni offerte dal chiropratico non possono considerarsi esenti Iva, ex articolo 10 del Dpr 633/1972, poiché non si considerano comprese tra quelle sanitarie: queste, pertanto, sono soggette al regime ordinario dell’imposta sul valore aggiunto.

I fatti in primo grado
L’ufficio perugino dell’Agenzia delle entrate iniziava un controllo nei confronti di un chiropratico, a seguito di alcune anomalie collegate a un elevato volume di costi residuali e a una rilevante incidenza degli stessi rispetto ai ricavi dichiarati.
In seguito all’invito al contraddittorio, l’ufficio procedeva all’acquisizione di tutti i rapporti finanziari riconducibili al contribuente e a sua moglie, ex articolo 32, Dpr 600/1973, nonché richiedeva l'acquisizione in contraddittorio degli elementi rilevanti ai fini del controllo.
Al termine del procedimento, l'amministrazione notificava al professionista un avviso di accertamento, rilevando l’omesso assoggettamento a Iva di operazioni attive imponibili, con conseguente recupero dell'imposta sull'intero volume di affari.
La Ctp di Perugia, investita della controversia dal ricorso del contribuente, concordava con la posizione dell’ufficio, ritenendo l’atto notificato legittimo e fondato.

L’appello del contribuente e la posizione dell’ufficio
Nell’interporre appello, il contribuente ribadiva le proprie argomentazioni, già espresse nel precedente grado di giudizio.
Infatti – esponeva l’appellante – la legge n. 244/2007, all’articolo 2, comma 35, riconosce al chiropratico la qualità di professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute: ciò consente agli esercenti tale professione il diritto di non assoggettare a Iva le prestazioni sanitarie eseguite.
Pertanto, non sarebbe dirimente in senso contrario la mancata emanazione del decreto attuativo del ministero della Salute, che avrebbe dovuto essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge sopra menzionata, essendo la chiropratica una professione che rientra a pieno diritto tra le prestazioni volte alla cura e alla riabilitazione della persona, come confermato anche dalla legge n. 3/2018, che classifica la professione di chiropratico tra quelle sanitarie, dal Dm 17 maggio 2002 e dall'articolo 13, parte A, n.1, lettera c), della VI direttiva del Consiglio Ue, la n. 77/388/Cee.

Al contrario, l’ufficio argomentava che, proprio per l’assenza del regolamento di attuazione citato dall'appellante, in grado di individuare il profilo professionale del dottore in chiropratica, le relative prestazioni non possono essere comprese tra quelle sanitarie e soggiacciono, quindi, all'ordinario regime Iva, come ha anche stabilito la stessa Ctr umbra, con la sentenza n. 41/03/2019, del 26 marzo 2019.

La decisione della Ctr
Il Collegio, nel concordare con gli argomenti introdotti nel processo dall’amministrazione finanziaria, ha respinto l’appello del contribuente.
Difatti, secondo la Ctr dell’Umbria, per quanto attiene alla professione di chiropratico, le relative prestazioni non possono ritenersi esenti da Iva, perché – appunto – non sono ricomprese tra quelle sanitarie, per le quali opera l'esenzione di cui all'articolo 10, Dpr 633/1972.

La normativa nazionale e sovranazionale
La legge n. 244/2007 – argomenta il Collegio regionale – ha riconosciuto che la professione di chiropratico rientra tra quelle sanitarie, ma la norma rinvia, ai fini della sua valenza, a uno o più regolamenti attuativi finora mai emanati (cfr Cassazione n. 22812/2014).
Né, d'altra parte, è possibile affermare che la legge 3/2018 avrebbe abrogato implicitamente la normativa citata, posto che, anche a tal fine, necessiterebbero uno o più regolamenti di attuazione.
L’interpretazione avanzata dal Collegio umbro, tra l’altro, si instaura nel filone giurisprudenziale fatto proprio dalla stessa Cassazione.
In questo senso, l’ordinanza n. 8145 del 22 marzo 2019 della suprema Corte ha chiarito che "l’indispensabilità del regolamento di attuazione per la determinazione dei criteri definitori della professione di chiropratico e per l'esercizio concreto di quest'ultima, è stata confermata anche dal recente espresso riconoscimento delle prestazioni dei chiropratici quali <<professioni sanitarie>> in forza della legge n. 3 del 2018, art. 7 [...]".

La situazione non muta qualora si consideri la VI direttiva del Consiglio Ue (la n. 77/388/Cee), che ha trovato attuazione nel nostro ordinamento con l’articolo 10, n. 18 del Dpr 633/1972, in materia di esenzione Iva, secondo cui "sono esenti dall'imposta: [...] le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell'art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro delle Finanze".

La legge 244/2007, all’articolo 2, comma 355, ha previsto, poi, che: "è istituito presso il Ministero della Salute[...] un registro dei dottori in chiropratica. L'iscrizione al suddetto registro è consentita a coloro che sono in possesso di diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente. Il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore in chiropratica ed esercita le sue mansioni liberamente come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute, ai sensi della normativa vigente {...] Il regolamento di attuazione del presente comma è emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 3, dal Ministro della Salute".

Conclusioni
Di conseguenza, la modifica normativa intervenuta nel 2007 non ha integrato gli elementi necessari per inserire la professione del chiropratico fra quelle sanitarie, per le quali il legislatore ha inteso garantire il diritto all'esenzione Iva, se solo si considera che:

  • nessuna disposizione è stata introdotta, d'intesa con il ministero dell'Economia e delle Finanze, secondo le linee indicate dalla legislazione sopra richiamata, (ex Dpr n. 633/1972 e articolo 13 VI direttiva Cee, come modificata dall'articolo 132, paragrafo 1, lettera c) direttiva 112/2006/Cee), per qualificare la tipologia delle prestazioni sanitarie svolte dal chiropratico
  • la previsione normativa del 2007 non integra alcuno degli elementi previsti dal quadro legislativo di riferimento, né disciplina i profili dell’anzidetta professione
  • il regolamento di attuazione previsto dal richiamato articolo 2, comma 335, si rivela, pertanto, indispensabile per la determinazione dei criteri definitori della professione stessa, non potendosi ritenere che la mera norma di principio del 2007 risponda ai requisiti che l'ordinamento interno, in piena sintonia con il quadro normativo eurounitario, ha determinato per fruire del beneficio fiscale anzidetto.

In definitiva, la prestazione sanitaria del chiropratico continua a essere assoggettata a Iva, calcolata sull'intero volume d'affari e con l’aliquota dovuta ratione temporis.

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