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Giurisprudenza

L’omessa esibizione della contabilità
è reato di indebita compensazione

Il delitto, inoltre, può riguardare tutte le somme dovute che possono essere inserite nell'apposito modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali

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Legittima la condanna per il reato indebita compensazione, tramite utilizzo di crediti inesistenti, a carico del legale rappresentante di una società che non certifica adeguatamente i crediti attraverso l’esibizione della documentazione contabile.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 32389 del 31 agosto 2021, ha respinto il ricorso di del legale rappresentante di una srl, accusato di aver indebitamente compensato dei crediti Iva e Irap, non dimostrabili in contabilità.

La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
Con il proprio ricorso in Cassazione l’interessato denunciava violazione di legge (articolo 10-quater del Dlgs n. 74/2000) ritenendo, in sostanza, che la corte territoriale avesse erroneamente desunto l’esistenza del reato sul presupposto di fatture che non erano state dimostrate e prodotte attraverso la documentazione contabile. Tale conclusione si porrebbe in contrato con l’orientamento di legittimità, secondo cui l’indebita compensazione deve risultare dal modello F24 di cui, nel caso in esame, non vi era la prova della relativa compilazione e presentazione.

Nel rigettare il ricorso, la Cassazione ha chiarito che la sentenza impugnata si basa sulla testimonianza del dipendente dell’Agenzia delle entrate concretizzata nell’avviso di accertamento nei confronti dell’imputato, da cui risultava che quest’ultimo aveva prodotto solo alcune fatture di acquisto e di vendita, omettendo l’esibizione dei registri Iva e altra documentazione contabile. Da qui la ritenuta inesistenza dei crediti compensati, basata sulla documentazione non prodotta nonché sul fato che all’indirizzo indicato come sede della società vi era in realtà una stalla e la società era in liquidazione.

La censura dell’imputato non coglie nel segno anche in relazione al modello F24 in quanto proprio da tale modello era partito il controllo dell’Agenzia delle entrate.

Quanto alla compensabilità di debiti previdenziali la Cassazione ha ricordato che il reato di indebita compensazione riguarda l'omesso versamento di somme di denaro attinente a debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento debba essere utilizzato il modello di versamento unitario.
Inoltre, tale reato può configurarsi sia in caso di compensazione verticale, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto può avere a oggetto tutte le somme dovute che possono essere inserite nell'apposito modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali.
In altre parole, la ratio della disposizione sta nella necessità di punire tutti quei comportamenti che si concretizzano, in realtà, nell'omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l'indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributaria.
Ed è evidente che, in questa prospettiva, l'indebito risparmio di imposta, che la norma incriminatrice tende a colpire, non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell'Iva, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta.
Nel caso sottoposto all’esame della Corte la condanna a carico dell’imprenditore è stata confermata e resa definitiva.

Ulteriori osservazioni
Quanto alla possibilità di configurare il reato in esame anche per l’indebita compensazione di contributi previdenziali, la Cassazione ha aderito all’orientamento maggioritario secondo cui risponde del reato ex articolo 10-quater del Dlgs n. 74/2000 non solo, come è pacifico, chi omette di versare imposte dirette o Iva, utilizzando indebitamente in compensazione crediti concernenti altre imposte o crediti di natura previdenziale, ma anche chi si avvalga di analogo artificio per evitare di corrispondere tali ultime imposte ovvero contributi dovuti a enti di previdenza.
 
La norma in esame, in altri termini, si presta a reprimere l'omesso versamento di somme di denaro attinente a tutti i debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario, con la conseguenza che sono sottoposti a tale disciplina sia le compensazioni di debiti Iva o imposte sui redditi con altri tributi e contributi dovuti sia le compensazioni di questi ultimi tributi e contributi con crediti Iva e imposte dirette, potendo venire in rilievo, sul lato attivo o passivo del rapporto obbligatorio, qualunque tributo o contributo che possa essere opposto in compensazione secondo le norme generali (cfr Cassazione nn. 389/2021, 27992/2020, 13149/2020, 5934/2019 e 8689/2019).
E ciò, sia per ragioni legate al tenore letterale della disposizione, che si riferisce genericamente all'omesso versamento di somme dovute, senza prevedere alcuna limitazione alle compensazioni verticali o orizzontali che estinguano unicamente debiti relativi alle imposte dirette o Iva, sia per ragioni di carattere sistematico.

Da quest’ultimo punto di vista, non può condividersi la sentenza 38042/2019 secondo cui non commette reato di indebita compensazione ai sensi dell’articolo 10-quater del Dlgs n. 74/2000 l’imprenditore che compensa indebitamente i contributi previdenziali omettendone il versamento. Il mancato versamento di somme dovute deve infatti riferirsi solo a imposte dirette e Iva, in modo da dare un senso alla collocazione della norma in esame.
Al contrario, si può osservare che sono presenti, nell’ambito del richiamato decreto legislativo, almeno due norme poste a tutela di tributi diversi dall’Iva e dalle imposte sui redditi, l’articolo 10-bis (omesso versamento di ritenute dovute o certificate) e l’articolo 11 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte).

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