Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

L’uso previsto, non quello possibile,
rileva per l’inquadramento doganale

Non giustifica l’applicazione dell’Iva agevolata al 4% la circostanza che i beni in questione (veicoli) possano essere eventualmente utilizzati anche da persone con problemi di deambulazione

pezzi

Con la sentenza 29537/2018, la Cassazione si è pronunciata in merito alla corretta interpretazione delle disposizioni in materia di classificazione doganale contenute nel regolamento (Cee) n. 2658/87, che ha istituito una nomenclatura delle merci che risponde, nel contempo, alle esigenze della tariffa doganale comune, delle statistiche del commercio estero dell’Unione e di altre politiche unionali relative all’importazione o all’esportazione delle merci.
 
La fattispecie oggetto della controversia si riferisce all’operazione di importazione di alcuni apparecchi a motore e dei relativi pezzi di ricambio, effettuata con applicazione dell’Iva agevolata al 4% perché destinati a clienti con problemi di deambulazione, e che, a seguito di controllo a posteriori, l’Agenzia delle dogane aveva classificato alla voce 8703 della Nomenclatura combinata, come “autoveicoli da turismo e altri autoveicoli costruiti principalmente per il trasporto di persone (diversi da quelli della voce 8702), compresi gli autoveicoli del tipo “break” e le auto da corsa”, perché una parte dei dispositivi erano mezzi meccanici destinati al trasporto di persone e altra parte costituivano pezzi di ricambio e accessori relativi a questi veicoli.
 
Successivamente, alla società importatrice erano stati notificati due avvisi di rettifica e i relativi atti d’irrogazione di sanzioni, con i quali l’Agenzia aveva recuperato la maggiore Iva dovuta, e, accolto in primo grado il ricorso della società (che, nel frattempo, aveva provveduto al pagamento in definizione agevolata degli atti d’irrogazione delle sanzioni), la Commissione tributaria regionale aveva poi respinto l’appello dell’Agenzia delle dogane, sostenendo che i dispositivi in questione avessero le caratteristiche “per le quali saranno, almeno in massima parte, utilizzati da persone con problemi di deambulazione”; il giudice d’appello aveva, altresì, aggiunto che, anche qualora l’acquirente non rientrasse in questa categoria, comunque pagherebbe la maggiore imposta, sicché il fisco non subirebbe danno alcuno.
 
Nell’impugnare la sentenza di appello, l’Agenzia delle dogane aveva lamentato la violazione e falsa applicazione delle richiamate disposizioni in materia di classificazione doganale, nonché la violazione e falsa applicazione delle norme in materia di pagamento dell’Iva all’importazione.
 
Sotto il primo profilo, nel cassare con rinvio la sentenza impugnata in accoglimento del ricorso dell’Amministrazione doganale, la Cassazione rileva che – al fine di distinguere la voce (8703) della Nomenclatura combinata, ritenuta applicabile dall’Agenzia, da quelle che, invece, aveva applicato la società (8713900000 e 8714200000) – la classificazione doganale tiene conto non già dell’uso possibile, ma soltanto dell’uso previsto del dispositivo, valutato sulla base delle caratteristiche e delle proprietà oggettive del prodotto alla data della sua importazione.
E invero, secondo i giudici di legittimità, è proprio alle caratteristiche oggettive che bisogna fare riferimento, non già alla circostanza che i veicoli in questione possano essere eventualmente utilizzati da persone non invalide; e tale circostanza è stata espressamente ritenuta irrilevante ai fini della classificazione alla voce 8713900000 dalla giurisprudenza unionale (in questi termini, vedi la sentenza della Corte di giustizia dell’Ue 26 maggio 2016, causa n. C-198/15, Invamed Group Ltd).
Sul punto, è utile osservare che le caratteristiche oggettive relative alle tipologie di prodotti in questione sono descritte nelle note esplicative della Nomenclatura combinata, inserite il 4 gennaio 2005 e anche nel successivo regolamento (Ce) n. 718/2009.
 
Per quanto riguarda il profilo dell’Iva all’importazione, la Cassazione rileva che tale tributo condivide con i dazi la caratteristica di trarre origine dal fatto dell’importazione nell’Unione e della susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri (in questi termini, vedi la sentenza della Corte di giustizia dell’Ue 11 luglio 2013, causa C-273/12, Harry Winston SA), con la conseguenza che fatto generatore ed esigibilità dell’Iva all’importazione sono collegati a quelli dei dazi, pur rimanendo da questi distinti; coerentemente, la base imponibile dell’Iva è ragguagliata dall’articolo 69 del Dpr 633/1972 al “...valore dei beni importati determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato dell’ammontare dei diritti doganali dovuti...”.
 
Per completezza d’informazione, si segnala che la versione completa e aggiornata della Nomenclatura combinata delle merci, in vigore dal 1° gennaio 2019, è stata adottata dalla Commissione europea con il Regolamento di esecuzione (Ue) 2018/1602.
 
 
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
 

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/luso-previsto-non-quello-possibile-rileva-linquadramento-doganale