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Giurisprudenza

L’utilizzo delle pen drive altrui,
non invalida l’induttivo del Fisco

Gli elementi rinvenuti presso soggetti terzi e posti a fondamento della rideterminazione del reddito, costituiscono presunzioni semplici idonee a legittimare l’azione accertatrice dell’Agenzia

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È legittimo l’avviso di accertamento fondato sulla documentazione contenuta in supporti magnetici rinvenuti presso un soggetto terzo, attestante l’esecuzione di operazioni commerciali non dichiarate. Ciò in quanto l’azione accertatrice del fisco si avvale di un ampio ventaglio di strumenti istruttori e conoscitivi, tra cui l’utilizzo di informazioni attingibili presso i terzi che, in ragione dei rapporti intrattenuti con il contribuente, costituiscono uno strumento di immediata verifica della sua fedeltà fiscale. È quanto affermato dalla sezione tributaria della Corte di cassazione, con la sentenza n. 11404 del 30 aprile 2021.
Con tale decisione, la suprema Corte afferma due importanti principi di carattere generale: da una parte, i file informatici costituiscono elemento probatorio, dall’altra, l’accertamento induttivo dei ricavi può essere fondato su documentazione reperita presso terzi.

Il fatto
La controversia trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso ai fini Ires e Iva, con cui era stato rideterminato il reddito d’impresa alla luce della documentazione contenuta in sedici pen drive rinvenute presso un soggetto terzo rispetto alla società accertata.
Il contribuente, in particolare, censurava la legittimità del recupero, in quanto fondato esclusivamente sulla documentazione rinvenuta presso terzi, con inversione dell’onere della prova a carico della parte. La società, rimasta soccombente nei primi due gradi di giudizio, adiva la suprema Corte.

La decisione
I giudici di legittimità hanno dichiarato infondate le argomentazioni addotte dal ricorrente attraverso un preciso richiamo al dettato normativo. In forza dell’articolo 32, primo comma, n.8-bis del Dpr n. 600/1973, in materia d’imposte dirette, e dell’articolo 51, secondo comma, n. 4 del Dpr n. 633/1972, in materia d’Iva, l’amministrazione finanziaria può invitare “ogni altro soggetto” a esibire e trasmettere la documentazione fiscalmente rilevante relativa a specifiche operazioni intercorse con il contribuente soggetto a controllo. Ne consegue che “l’Amministrazione è depositaria di un ampio potere conoscitivo che, in piena discrezionalità e con i soli limiti imposti dal rispetto dei diritti costituzionali, le consente di organizzare le attività di controllo in modo particolarmente capillare e secondo modelli operativi in grado di assicurare una conoscenza tendenzialmente completa ed esaustiva della posizione fiscale del contribuente e di evidenziare, se del caso, le irregolarità al medesimo ascrivibili anche al di là di una contabilità formalmente corretta”. Il fisco, quindi, è legittimato a rideterminare i ricavi in maniera analitica – induttiva, anche in presenza di una contabilità formalmente corretta, nel caso in cui, a seguito di ispezioni eseguite nei confronti di soggetti terzi, venga provata l’inattendibilità delle scritture contabili. Gli elementi rinvenuti presso soggetti terzi e posti a fondamento della rideterminazione del reddito, costituiscono presunzioni semplici idonei a legittimare l’avviso di accertamento, mentre, invece, “il contribuente  è tenuto a dare la prova dei fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa erariale”.

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