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Giurisprudenza

Magazzino e beni in Italia:
c’è stabile organizzazione

Irrilevante la circostanza che avvengano oltralpe sia la stipula dei contratti sia l’acquisto, con relativa immatricolazione, dei beni strumentali (autotreni) per l’esercizio dell’attività

Sussiste la stabile organizzazione in Italia di una società francese se l’amministratore legale della società estera dispone nel Belpaese di un magazzino per l’attività di trasporto merci, indipendentemente dal fatto che i contratti di vendita sono conclusi in Francia.
Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n. 4576 del 22 febbraio 2017, che ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
 
Vicenda processuale e pronuncia della Cassazione
A seguito di un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, l’Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di accertamento nei confronti di una società avente sede in Francia, contestando l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia, con conseguente assoggettamento a tassazione del reddito e delle operazioni qui poste in essere.
 
La Ctr Liguria, rigettando l’appello dell’Agenzia delle Entrate, disponeva l’annullamento dell’atto impugnato, attribuendo rilievo decisivo a due circostanze: la stipula dei contratti d’impresa in territorio francese e l’acquisto, con conseguente immatricolazione, sempre in territorio francese, dei beni strumentali (autotreni) utilizzati per l’esercizio dell’attività d’impresa.
 
Col successivo ricorso per cassazione, l’Agenzia delle Entrate denunciava insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360, n. 5, codice procedura civile, per aver negato l’esistenza della stabile organizzazione solamente in base alla circostanza che i contratti con i clienti erano stipulati in Francia, ove venivano inoltre acquistati e immatricolati i beni strumentali.
 
La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ricordando, innanzitutto, i presupposti ritenuti necessari per l’esistenza di una stabile organizzazione “materiale”:
  • l’esistenza di una sede d’affari (in tale locuzione sono compresi tutti i locali, le infrastrutture e simili, utilizzati per l’esercizio dell’attività industriale o commerciale della società estera, a prescindere dal fatto che questi siano utilizzati esclusivamente a tale fine, ed essendo, in ogni caso, irrilevante il titolo giuridico legittimante la disponibilità della sede di affari, che potrebbero essere anche due)
  • la circostanza che tale sede presenti i caratteri della fissità e della permanenza
  • il fatto che l’impresa non residente svolga, in tutto o in parte, la propria attività per mezzo di tale sede fissa d’affari. 
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che il legale rappresentante e socio di maggioranza della contribuente era anche socio (con incarichi dirigenziali) di una società residente, dalla quale la contribuente ha preso a noleggio alcuni mezzi.
Sempre il legale rappresentante della contribuente, per le incombenze relative all’attività di questa, ha utilizzato un magazzino sito in Italia, che è stato preso in locazione da una Srl esercente attività di trasporto merci su strada, della quale egli stesso era amministratore.
Peraltro, in tale magazzino sono stati trovati documenti riguardanti la società francese, mentre altra documentazione è stata ritrovata presso la sede della società proprietaria dei mezzi presi a noleggio.
In altri termini, “l’esistenza della stabile organizzazione fu ipotizzata dall’Amministrazione finanziaria sulla base di elementi oggettivi corroborati dall’esistenza di significativi legami di natura soggettiva, il cui complessivo esame è stato del tutto omesso dalla Commissione tributaria regionale”, che si era soffermata, invece, su aspetti meramente formali quali la stipula dei contratti con i clienti e l’acquisto degli automezzi, avvenuti in Francia.
Di conseguenza è stato disposto il rinvio ad altra sezione della Commissione regionale che dovrà provvedere a un nuovo esame della controversia.
 
Ulteriori osservazioni
La nozione di stabile organizzazione è fornita dall’articolo 162 del Tuir, che ha disciplinato l’istituto sulla scia di quanto delineato dall’articolo 5 del modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 162 definisce la stabile organizzazione “materiale” come “una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato”.
 
Il Commentario al modello di Convenzioni Ocse fornisce una serie di indicazioni per meglio individuare la presenza di una “Som”.
Il concetto di sede d’affari può consistere in ogni tipo di edificio, struttura o istallazione utilizzati, anche non in forma esclusiva, per lo svolgimento dell’attività d’impresa, compresa anche solo la presenza di macchinari, apparecchiature, di un locale o anche solo un’area o uno spazio all’interno di un immobile.
Assolutamente irrilevante risulta il fatto che gli immobili, i locali o gli impianti siano di proprietà del soggetto estero, essendo sufficiente la mera disponibilità degli stessi.
 
La sede d’affari, per essere considerata stabile organizzazione, dovrà poi avere il requisito della fissità ossia dovrà manifestare un legame con il luogo dove materialmente è stata ubicata. Viene richiesta, quindi, una fissità nello spazio che non comporta, sempre secondo il Commentario, l’esser fissata fisicamente al suolo, essendo sufficiente che la stessa resti ferma nello spazio.
L’elemento della stabilità per la configurabilità di una stabile organizzazione può essere riscontrato anche in una stabilità temporale dell’istallazione (permanenza) in quei casi in cui non sia riscontrabile una stabilità spaziale come, per esempio, nelle ipotesi di attrezzature o istallazioni mobili.
Viene, quindi, richiesta una connessione, spaziale o temporale, con il territorio dove risiede la sede d’affari, connessione che deve concretizzare un certo grado di permanenza della sede, in ragione della specifica attività esercitata.
La sede fissa, dovrà essere utilizzata per esercitare in tutto o in parte l’attività dell’impresa non residente e, quindi, occorrerà verificare che tramite la stessa venga effettivamente realizzata una specifica funzione (finanza, marketing, eccetera), una specifica attività o proprio l’attività svolta dalla “casa madre”, evidenziando quel legame funzionale necessario per integrare la fattispecie.
La stabile, poi, dovrà essere in grado di produrre autonomamente un reddito.
L’idoneità produttiva risulta, quindi, essere l’ultimo requisito da analizzare per arrivare a qualificare una sede come stabile organizzazione di un impresa non residente, tanto che le “esemplificazioni negative”, fornite sia nel modello Ocse che nell’articolo 162 del Tuir, sono proprio caratterizzate dall’assenza di qualsiasi elemento di produttività.
La stabile organizzazione (con conseguente attrazione in Italia del reddito prodotto tramite la stessa da parte di società non residenti) è stata ritenuta configurabile anche in un soggetto dotato di autonoma personalità giuridica.
 
Sul punto, la Cassazione, con sentenza 9166/2011, confermando un orientamento consolidato (cfr Cassazione, 17206/2006 e 3889/2008) ha precisato che “La nozione di stabile organizzazione di una società straniera in Italia va desunta […] dall’art. 5 del modello di convenzione OCSE contro la doppia imposizione e dal suo commentario, integrata con i requisiti prescritti dall’art. 9 della sesta direttiva CEE n. 77/388 del Consiglio del 17 maggio 1977 per l’individuazione di un centro di attività stabile, il quale, così come definito dalla giurisprudenza comunitaria, consiste in una struttura dotata di risorse materiali ed umane, e può essere costituito anche da un’entità dotata di personalità giuridica, alla quale la società straniera abbia affidato anche di fatto la cura di affari (con l’esclusione delle attività di carattere meramente preparatorio o ausiliario, quali la prestazione di consulenze o la fornitura di "know how"). La prova dello svolgimento di tale attività da parte del soggetto nazionale può essere ricavata, oltre che dagli elementi indicati dall’art. 5 del modello di convenzione CCSE, anche da elementi indiziari, quali l’identità delle persone fisiche che agiscono per l’impresa straniera e per quella nazionale, ovvero la partecipazione a trattative o alla stipulazione di contratti, indipendentemente dal conferimento di poteri di rappresentanza”.
 
Già in precedenza, la Corte suprema (cfr Cassazione, 6799/2004), chiamata a risolvere la questione dell’autonomia ai fini Iva della stabile organizzazione presente nel territorio dello Stato di un soggetto non residente, aveva evidenziato che “la soggettività fiscale della stabile organizzazione di un soggetto non residente non può essere negata nell’ipotesi di una sua personalità giuridica nello Stato, posto che l’accertamento di un autonomo centro d’imputazione dei rapporti tributari deve essere condotto, anche in materia d’Iva, non solo sul piano formale, ma anche, e soprattutto, su quello sostanziale”.
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