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Giurisprudenza

Il medico che paga “profumatamente”
la segretaria part-time, sconta l’Irap

I giudici di legittimità hanno confermato che le somme corrisposte dal contribuente non sono compatibili con il reddito spettante a una dipendente con semplici mansioni esecutive

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È soggetto a Irap il medico convenzionato con il Sistema sanitario nazionale che ricompensa una propria collaboratrice part-time, inquadrata come "segretaria", con una retribuzione eccessiva, per poter essere una dipendente con mere mansioni di segreteria. Questi, in sintesi, i contenuti dell'ordinanza della Corte di cassazione n. 19071/2020.

Fatto e processo di merito
L'annosa vertenza in questione, che vedeva contrapposti Fisco e un medico siciliano, concerneva la debenza o meno dell'Irap, per una serie di annualità di imposta tra la fine degli anni '90 del secolo scorso e l'inizio degli anni 2000.
In questo senso, la Ctr Sicilia, quale giudice del rinvio, in relazione alla cassazione di una precedente pronuncia del medesimo collegio siciliano, accoglieva l'appello proposto dall'ufficio, riformando la sentenza di primo grado, con la quale era stato dichiarato illegittimo il silenzio rifiuto sull'istanza di rimborso Irap del contribuente.
Secondo il giudice regionale, infatti, i redditi da lavoro dipendente prodotti negli anni in questione inducevano a ritenere “il reddito complessivo percepito come risultato anche del lavoro dei collaboratori e dipendenti, del numero e gradi di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, delle prestazioni di terze, della forma di finanziamento diretto e indiretto”.
In sostanza, secondo la Ctr sicula, era evidente che il contribuente si fosse avvalso di lavoro dipendente, che superava notevolmente la soglia dell'impiego di un collaboratore con mansioni di segretario, essendo detti costi eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività, in assenza dell'organizzazione autonoma. Peraltro, chiosava il collegio, il professionista non aveva provato l'assenza dell'organizzazione, benché ne avesse l'onere.

Ricorso per cassazione
Nel proporre ricorso per cassazione, il ricorrente lamentava la violazione degli articoli 2 e 3 del Dlgs n. 446/1997.
In sintesi, a parere del medico siciliano, la Ctr non avrebbe considerato che la pacifica natura del rapporto di lavoro dipendente, che legava il soggetto svolgente mansioni di segretaria part-time, non avrebbe potuto giustificare il suo assoggettamento a Irap.
Con ulteriore motivo di ricorso, inoltre, il contribuente deduceva la nullità della sentenza per motivazione apparente, non avendo la Ctr spiegato il perché dall'esistenza di costi per personale dipendente dovesse conseguire l'automatica individuazione del requisito dell'autonoma organizzazione.

Sentenza
Anzitutto, la Cassazione esamina il motivo di ricorso da ultimo emarginato, constatando l'insussistenza del vizio di motivazione apparente, nel deliberato dei giudici regionali, così come esplicitato dalle sezioni unite della suprema Corte (cfr ss. uu. n. 8053/2014).
In sostanza – contrariamente alle doglianze del ricorrente – la pronuncia ha dato conto delle ragioni poste a base della decisione che aveva accolto l'impugnazione dell'Agenzia, essenzialmente collegate all'importo dei redditi di lavoro dipendenti accertato, in quasi tutti gli anni oggetto di verifica, e alla mancanza della prova dell'assenza dell'autonoma organizzazione da parte del medico.

Irap e medico convenzionato con il Ssn
La Ctr, continua la Cassazione, nel decidere la vertenza, si è scrupolosamente attenuta al proprio consolidato orientamento (cfr Cassazione, n. 15588/2017), laddove aveva precisato che la sentenza impugnata non aveva indagato sulle “... mansioni cui è stato adibito il personale dipendente (parte ricorrente assume trattarsi di un unico impiegato con mansioni di concetto) senza chiarire, peraltro, in relazione a ciascun periodo d'imposta, gli importi che si desumono diversificati, per compensi corrisposti a terzi, parimenti senza indicare la natura delle relative prestazioni”.
In sostanza, inferiscono i togati di legittimità, il giudice del rinvio ha ritenuto che l'importo delle somme corrisposte dal contribuente – esercente attività di medico convenzionato con il Ssn – negli anni di riferimento, non fosse compatibile con il reddito spettante a una dipendente con mansioni di segretaria, per di più aggiungendo che detto contribuente non avesse fornito alcuna prova, pur incombendo su di lui il relativo onere, in ordine all'assenza di organizzazione.

Giurisprudenza di riferimento
In questo senso, osserva la Cassazione, la Ctr si è pure uniformata ai principi giurisprudenziali espressi dalle sezioni unite del Collegio di legittimità (cfr Cassazione, n. 9451/2016), a tenore dei quali “il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive.
Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell'assenza delle condizioni sopraelencate”.

Ebbene, nel caso in esame, la Ctr Sicilia ha riscontrato – e la Cassazione non può sindacare tale valutazione fattuale – che le somme versate dal contribuente alla dipendente fossero oggettivamente eccessive, per potere quest'ultima essere considerata svolgente compiti di segretaria, per di più sottolineando che il contribuente non avesse assolto l'onere di provare l'assenza dell'autonoma organizzazione.

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