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Giurisprudenza

Misure cautelari dopo il merito? Inammissibili le istanze sospensive

Le decisioni di I e II grado non esplicano alcun effetto sostitutivo del documento relativo alla pretesa tributaria

Con le ordinanze nn. 5, 6 e 7 del 2010, la Ctr del Friuli Venezia Giulia ha confermato l'inammissibilità, nel processo tributario, della sospensione delle sentenze delle Ct di primo e secondo grado.
La questione sottoposta all'attenzione del giudice tributario concerneva, in particolare, la richiesta di sospensione, ai sensi dell'articolo 373 c.p.c., delle sentenze della Commissione tributaria regionale a seguito della proposizione del ricorso per cassazione. Tuttavia, le conclusioni cui sono giunti i giudici di merito possono essere facilmente estese anche alle inibitorie delle sentenze di primo grado.

Le motivazioni poste a base delle ordinanze fanno chiarezza in una materia dove, nonostante il chiaro tenore del Dlgs 546/1992 e il costante indirizzo della Corte costituzionale, vengono ancora proposte istanze cautelari per la sospensione delle sentenze di merito, ovvero della loro efficacia esecutiva.

La Ctr riconosce, preliminarmente, che la disponibilità di misure cautelari costituisce una componente essenziale della tutela giurisdizionale riferibile anche al processo tributario. Tuttavia, richiamando al riguardo due fondamentali arresti della Corte costituzionale, le ordinanze nn. 165/2000 e 325/2000, viene correttamente osservato "che la garanzia costituzionale della tutela cautelare deve ritenersi imposta solo fino al momento in cui non intervenga nel processo tributario una pronunzia di merito che accolga - con efficacia esecutiva - la domanda, rendendo superflua l'adozione di ulteriori misure cautelari, ovvero la respinga, negando in tal modo, con cognizione piena, la sussistenza del diritto e dunque il presupposto della invocata cautela".

Ribadita, quindi, la piena aderenza al dettato costituzionale delle norme sul processo tributario, la Ctr affronta il nodo cruciale della questione sottoposta al suo esame, ovvero l'interpretazione degli articoli 47 e 49 del Dlgs 546/1992, alla luce del rinvio alle norme del codice di procedura civile contenuto nell'articolo 1, comma 2 e, al contempo, dell'espressa esclusione dell'applicabilità dell'articolo 337 cpc.

Ebbene, già dall'attenta lettura delle norme sul processo tributario si rinvengono diversi elementi testuali e sistematici a sostegno dell'inammissibilità dell'inibitoria della sentenza impugnata in caso di appello e di ricorso per cassazione. Nondimeno appare apprezzabile il richiamo, operato dalla Ctr del Friuli Venezia Giulia, a una recente ordinanza della Corte costituzionale (la n. 316/2008), che, seppur emessa con riferimento al giudizio di ottemperanza, offre spunti di sicuro interesse in merito ai rapporti tra giudizio tributario e processo civile.
Il giudice delle leggi osserva, infatti, "che il criterio direttivo di carattere generale dettato dal legislatore delegante nel citato art. 30, comma 1, lettera g), della legge n. 413 del 1991, è quello dell'adeguamento, e non dell'uniformità, delle norme del processo tributario a quelle del processo civile" per poi aggiungere che non si può introdurre nel sistema processuale tributario una disciplina inedita e non costituzionalmente necessitata che "comporterebbe necessariamente un'estesa e profonda riforma del complesso delle norme del processo tributario concernenti tanto la tutela cautelare quanto l'esecuzione delle sentenze, in pendenza di giudizio".

In senso conforme si sono pronunciate anche le sezioni unite della Cassazione secondo cui "… il processo tributario - a differenza del processo civile nel quale ha ampio spazio la libera ed autonoma deliberazione delle parti in conflitto - è strutturato secondo le regole proprie del processo impugnatorio di provvedimenti autoritativi" (cfr, sentenza n. 1077/2007).

È indubbio, quindi, che il rinvio alle disposizioni codicistiche del processo civile vada letto senza dimenticare l'espressa e chiara riserva di compatibilità prevista dall'articolo 1 del Dlgs 546/1992, alla luce della quale deve essere valutata ogni volontà di estendere in via interpretativa le norme del codice di procedura civile al giudizio tributario, senza possibilità di dilatarlo al punto da snaturarne le differenze.
Chiarito, dunque, il quadro interpretativo di riferimento, la Commissione tributaria regionale ha concluso per l'inammissibilità delle istanze di sospensione poiché "l'art. 49 D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, dettando norme in materia di impugnazione nel processo tributario, opera un rinvio alle norme del codice di procedura civile, escludendo però l'applicabilità dell'art. 337 cpc, concernente la sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata, in nessuno dei giudizi di impugnazione previsti nel processo tributario possono ritenersi esperibili la sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata e la tutela cautelare previste dall'art. 47 del medesimo D.Lgs. n. 546/92".

Le decisioni in commento, peraltro, richiamano in parte le motivazioni con cui, sempre la Ctr del Friuli Venezia Giulia, aveva già dichiarato inammissibile un'analoga istanza di sospensione. Con l'ordinanza n. 24/2008, infatti, era stato ben evidenziato come l'attuale assetto normativo non attribuisca alla Commissione tributaria regionale alcun potere di sospendere l'esecutività delle sentenze tributarie. In senso analogo alle ordinanze in esame, era stato anche sottolineato come "l'esclusione della norma di cui all'art. 337 è valsa a significare la scelta del legislatore di azzerare completamente (e "fatto salvo quanto disposto nel presente decreto") la generale previsione delle specifiche norme che regolano l'esecutorietà delle sentenze" e "si può quindi ritenere che fosse precisa volontà del legislatore escludere in ogni caso l'applicazione dell'art. 337 c.p.c. e di riservarsi di dettare una disciplina specifica a quella del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile".
Conclusioni, queste, ritenute aderenti alla differenza strutturale dei processi posta in rilievo dalla stessa Consulta nell'ordinanza n. 115/2007, in cui si precisa che l'oggetto del provvedimento di sospensione non è mai la sentenza, come accade nel processo civile, ma l'atto impugnato emesso a monte e per il quale il legislatore, in effetti, ha già dettato una disciplina specifica con l'articolo 47 del Dlgs 546/1992.

In sostanza, l'inapplicabilità dell'articolo 373 c.p.c. è coerente con la natura impugnatoria (almeno per quanto attiene all'introduzione del giudizio) del processo tributario. Diversamente dal processo civile, l'efficacia esecutiva non è un attributo della sentenza, ma dell'atto impugnato soltanto al quale può dunque essere riferita la sospensione dell'esecuzione. E allora, da un lato va rilevato come l'articolo 47 Dlgs 546/1992 prevede una disciplina specifica per la sospendibilità dell'efficacia esecutiva dell'atto chiaramente limitata al giudizio di primo grado(1), dall'altro l'articolo 68 dello stesso decreto legislativo modula, in funzione del progredire del processo, l'efficacia del provvedimento impugnato in ordine al quale la decisione della commissione non esplica alcun effetto sostitutivo.

Il sistema frazionato di pagamento del tributo in pendenza di giudizio esprime la scelta compiuta nel concreto dal legislatore di mediare tra il diritto di difesa del contribuente e l'esigenza di assicurare un tempestivo flusso delle entrate tributarie; scelta che conferma l'inesistenza in capo al giudice tributario del potere di sospensione della sentenza avvalendosi degli articoli 383 e 373 del codice di procedura civile (cfr Ct II grado di Bolzano, sentenza n. 7/2004).

Infine, le ordinanze della Ctr del Friuli Venezia Giulia escludono in modo netto che la tutela cautelare nelle fasi successive al giudizio di primo grado possa conseguire a regolamentazioni di fonte comunitaria. Viene infatti ricordato che i principi sanciti dall'articolo 6 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo non trovano applicazione in caso di controversie tributarie che abbiano a oggetto la pretesa erariale, rammentando al riguardo come "la Corte, in numerose decisioni, ha escluso che rientrano nella sfera di applicazione della Convenzione le controversie relative ad obbligazioni - pur di natura patrimoniale - che risultino da una legislazione fiscale e attengano, invece, che a diritti di natura civile, a doveri civici imposti, in una società democratica". La specificazione coglie nel segno, posto che non v'è alcun obbligo comunitario di prevedere un ambito di tutela cautelare per ogni grado di giudizio. La stessa Corte di giustizia, infatti, si è sempre limitata a sancire che le procedure nazionali non devono menomare la tutela dei diritti di matrice comunitaria riservando a essi il medesimo trattamento che compete alle situazioni giuridiche di diritto interno.


NOTE:
1) In tal senso depone oltre alla previsione dell'articolo 47 per cui "gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado", anche la normativa di delega sulla riforma del contenzioso tributario che pone espressamente quale principio direttivo generale la previsione di un procedimento incidentale ai fini della sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato disposta mediante provvedimento motivato, con efficacia temporale limitata a non oltre la decisione di primo grado (cfr articolo 30, comma 1, lettera h), legge 413/1991)
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