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Giurisprudenza

Modello sbagliato, invio per posta:
dichiarazione da giudicare omessa

I moduli non sono interscambiabili, cambiano al passo con la normativa ed è legittimo, quindi, l’accertamento induttivo dell’ufficio e il recupero di imposte, sanzioni e interessi

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È nulla la dichiarazione presentata su un modello non conforme a quello approvato ovvero trasmesso al Fisco con una modalità diversa da quella prevista per la categoria di appartenenza del contribuente.
Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza n. 9973 del 15 maggio 2015.
 
I fatti
L’ufficio, ritenendo omessa la presentazione della dichiarazione per l’anno d’imposta 2000, ha accertato induttivamente ricavi di gestione di una Srl, recuperando Irpeg, Irap e Iva, oltre a interessi e sanzioni.
La società ha impugnato l’atto contestando, tra l’altro, la rigidità prevista per la presentazione dei modelli di dichiarazione dei redditi, ed è risultata soccombente in entrambi i gradi di merito.
In particolare, la Commissione tributaria regionale, facendo proprie le argomentazioni esposte dall’ufficio, ha ritenuto, che la dichiarazione presentata dalla contribuente doveva intendersi omessa essendo stata redatta sul modello Unico 2000 relativo ai redditi da dichiarare per l’anno 1999 (e non su Unico 2001), spedita per posta (e non inviata telematicamente o tramite intermediario), firmata da soggetto diverso dal legale rappresentante della società.
 
La contribuente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando tra l’altro:
  • difetto di motivazione del capo della sentenza nel quale il giudice di appello aveva ritenuto che la presentazione della dichiarazione su modello relativo all’anno precedente avesse conseguenze di ordine sostanziale, perché non sarebbero stati recepiti i cambiamenti (non meglio specificati) della normativa tributaria
  • violazione di norme di diritto sostanziali, poiché non poteva considerarsi omessa la dichiarazione fiscale solo perché la società aveva utilizzato modalità di presentazione diverse da quelle ammesse dal legislatore
  • violazione dell’articolo 1, comma 4, del Dpr 322/1998, in quanto non si poteva asserire che era irrimediabilmente nulla la dichiarazione fiscale perché firmata da persona diversa dal legale rappresentante della società contribuente, senza considerare che la sottoscrizione avrebbe potuto essere regolarizzata successivamente a seguito dell’invito previsto dalla legge, ma omesso dal Fisco, ovvero in sede processuale.
La Corte ha ritenuto infondati tali motivi e ha affermato, nell’ordinanza in esame, che “Il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 1, comma 1 primo periodo stabilisce che le dichiarazioni sono redatte, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati”.
 
La sentenza
Prima di tutto, i giudici di piazza Cavour ritengono inammissibile il motivo concernente il difetto di motivazione, poiché la società ha denunciato una questione giuridica che non è compresa nel “fatto controverso e decisivo per il giudizio” previsto dall’articolo 360, n. 5, cpc, non trattandosi di un preciso accadimento o di una precisa circostanza in senso storico–naturalistico (Cassazione, pronuncia 21152/2014).
 
Poi, ricordano che sono stabiliti dal legislatore sia i modelli da utilizzare sia le modalità previste per la presentazione.
È noto, infatti, che il nome del modello è accompagnato dall’anno in cui viene presentata la dichiarazione, successivo al periodo d’imposta oggetto di dichiarazione. La società, per dichiarare i redditi dell’anno 2000, avrebbe quindi dovuto predisporre i dati avvalendosi del modello Unico 2001. Inoltre, l’articolo 3 del Dpr 322/1998, stabilisce le modalità di presentazione delle dichiarazioni annuali e, in particolare, dispone per le Srl l’invio telematico, direttamente o tramite intermediari abilitati, utilizzando i modelli di dichiarazione resi disponibili, in formato elettronico dall’Agenzia delle Entrate, entro il 15 febbraio dell’anno successivo a quello d’imposta di riferimento (articolo 2, comma 3-bis, del Dpr 322/1998).
 
Per i contribuenti tenuti a utilizzare il servizio telematico, quindi, l’obbligo di presentazione della dichiarazione deve ritenersi assolto solo a seguito della sua corretta e tempestiva ricezione da parte dell’Agenzia delle Entrate (articolo 3, comma 10, del Dpr 322/1998) e può essere provato mediante la comunicazione (in formato elettronico) rilasciata dall’Amministrazione finanziaria e attestante l’avvenuto ricevimento (Cassazione, pronuncia 7558/2015).
 
Nella fattispecie esaminata dalla Corte, la società contribuente, tenuta alla trasmissione telematica di Unico 2001, disponibile dal 15 febbraio 2001, ha inviato il 12 febbraio 2001 il modello dell’anno precedente e lo ha trasmesso, in forma cartacea, con l’ausilio di Poste italiane Spa, in violazione del richiamato articolo 3.
Al riguardo, i giudici di piazza Cavour hanno statuito che le disposizioni dettate dalla norma citata individuano, in modo tassativo, e a pena di nullità, le modalità di presentazione della dichiarazione. Tali regole sono vincolanti per il contribuente, con la conseguenza che non produce effetti la dichiarazione da lui presentata secondo procedure diverse da quelle prescritte per la propria categoria soggettiva di appartenenza.
 
La Cassazione, infine, è intervenuta anche sugli aspetti sanzionatori della questione e ha chiarito che non poteva essere applicata la sanzione ridotta prevista dall’articolo 8 del Dlgs 471/1997 perché tale sanzione è sì prevista dalla norma per la dichiarazione resa secondo modalità diversa da quella prescritta, ma a condizione che l’imponibile indicato non risulti di ammontare inferiore a quello accertato e fuori dei casi (di sanzioni per omessa e infedele dichiarazione) previsti dagli articoli 1, 2 e 5, sempre cioè nell’eventualità che le violazioni non incidano sul contenuto essenziale della dichiarazione.
 
Si tratta, affermano i giudici, “… di scelta legislativa di minor rigore che non mette in discussione la nullità della dichiarazione comminata espressamente nel D.P.R. n. 322 del 1998, art. 1, comma 1…”.
Essendo nulla, infatti, la dichiarazione presentata in maniera non diligente non può produrre effetti e deve ritenersi omessa, legittimando quindi l’ufficio ad accertare induttivamente la posizione fiscale del contribuente (articoli 37 e 55, comma 1, del Dpr 633/1972, e 39, comma 2, del Dpr 600/1973).
 
La Corte, infine, ha affermato che le pregiudiziali ragioni di nullità della dichiarazione rendono assorbite le contestazioni sulla mancata sottoscrizione della dichiarazione da parte del legale rappresentante.
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