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Giurisprudenza

Nella lite pendente nessuno spazio
al "condono di condono"

Secondo i Supremi giudici, a nulla rileva l'esiguità del ritardo del pagamento dell'ultima rata - nel caso preso in considerazione, pari a soli tre giorni - rispetto alla presentazione del condono

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La Corte di cassazione ha ribadito che il condono ("clemenziale" e non "premiale") previsto dall'articolo 9-bis legge n. 289/2002 si perfeziona solo con il pagamento integrale e tempestivo di quanto dovuto, non tollerando la normativa in questione alcun ritardo rispetto ai termini di versamento. Questo, in sintesi, il contenuto dell'ordinanza n. 15980, depositata il 9 giugno 2021.

Fatto e processo di prime cure
La vertenza traeva origine da un ricorso avverso una cartella di pagamento per il ritardato pagamento dell'Iva, relativa ad un determinato anno di imposta.
La srl, destinataria dell'atto impositivo, adiva la Ctp di Catania, deducendo di essersi avvalsa del condono, ex articolo 9-bis legge n. 289/2002 e di avere pagato l'intera somma dovuta, sebbene il pagamento dell'ultima rata fosse avvenuto con tre giorni di ritardo.
Il Collegio etneo accoglieva il ricorso sul rilievo che il perfezionamento del condono era compatibile con un pagamento non integrale.

Appello dell'Amministrazione finanziaria
L'ufficio, allora, proponeva appello innanzi alla Ctr Sicilia, rilevando che il condono non avrebbe potuto perfezionarsi per via del ritardo nel pagamento dell'ultima rata, a nulla rilevando l'entità - di soli tre giorni - del ritardo medesimo.
Nel costituirsi in appello, la srl insisteva perché la vertenza venisse dichiarata come definita avendo essa aderito anche al cosiddetto condono tombale, facendo in ogni caso presente di avere fatto ricorso alla definizione della lite fiscale pendente, ex articolo 39 Dl n. 98/2011, e che l'ufficio non doveva emettere il diniego della definizione. Pertanto, chiedeva che l'opposizione avverso il suddetto diniego venisse trattata congiuntamente al giudizio in questione.
La Ctr siciliana pronunciava, quindi, una sentenza con la quale dichiarava estinto il giudizio, ai sensi dell'articolo 39, comma 12 Dl n. 98/2011.

Ricorso in cassazione
L'Agenzia delle entrate proponeva ricorso di legittimità, affidato a due motivi di diritto, eccependo, in sintesi, sia la violazione delle disposizioni di cui al Dl 98/2011 che di quelle di cui alla legge 289/2002. In sostanza, l'ufficio lamentava che la Ctr avesse dichiarato estinto il giudizio, premettendo che il condono previsto dall'articolo 9-bis legge n. 289/2002 si perfezionasse con il pagamento integrale e tempestivo di quanto dovuto, il che nella specie non si era verificato.
Inoltre, proseguiva l'erario, dato atto del rigetto del diniego opposto dall'ufficio, la Ctr siciliana aveva affermato che l'oggetto del giudizio non fosse più l'originaria opposizione alla cartella di pagamento per somme dovute a seguito del controllo formale della dichiarazione dell'anno d'imposta 2002, ai sensi dell'articolo 36-bis Dpr n. 600/73, ma se il condono previsto dall'art. 9 bis legge n. 289/2002 si perfezionasse o meno con il pagamento della prima rata. Tutto ciò premesso, la Ctr - eccepiva l'Amministrazione finanziaria - aveva concluso dichiarando l'estinzione del giudizio ai sensi dell'articolo 39 Dl n. 98/2011, in conformità all'istanza, disattesa dall'ufficio, di definizione di lite pendente avanzata dalla srl.
 
Giurisprudenza di riferimento
Nell'accogliere il ricorso erariale, ritiene la Cassazione, deve essere, però, ribadito il precedente orientamento di nomofilachia, ormai consolidato, secondo cui "in tema di condono fiscale, non è ammissibile il c.d. «condono di condono» perché, altrimenti, il contribuente verrebbe irragionevolmente ad usufruire due volte, per la stessa imposta, di un atto clemenziale dettato da contingenti ed eccezionali esigenze finanziarie e di carico giudiziario, che, pur espressione dei principi costituzionali di cui agli artt. 81 e 111, verrebbero ad assumere un peso eccessivamente preponderante nel bilanciamento con il valore della parità di trattamento di fronte al Fisco di cui al combinato disposto degli artt. 3 e 53 Cost." (cfr. Cassazione n. 1317/2018).

Condono "clemenziale" e "condono premiale"
L'ordinanza in commento dà continuità all'orientamento giurisprudenziale consolidato in materia, che, anche di recente (cfr Cassazione n. 21801/2020), ha chiarito che il condono ex articolo 9-bis legge n. 289/2002 esclude in via eccezionale il pagamento delle sanzioni dovute dai contribuenti morosi, qualora effettuino il pagamento nel nuovo termine indicato dalla legge.
Si tratta, perciò - come abbiamo chiarito testé, riportando una parte del deliberato in commento - di un condono che è stato definito di natura "clemenziale", diverso da altri tipi di condono, di natura "premiale", onde la differente disciplina, per cui il primo, a differenza degli altri, si perfeziona solo con il pagamento integrale dei tributi a sanatoria della pregressa morosità.
Purtuttavia, ha chiarito sempre la suprema Corte, la natura eccezionale della norma non consente l’estensione analogica al condono clemenziale della normativa prevista per il condono premiale, e rende ragionevole la differente disciplina e manifestamente infondato il sospetto di disparità di trattamento costituzionalmente rilevante (cfr Cassazione n. 28362/2018).

In definitiva, il Collegio di nomofilachia ha avuto occasione già di chiarire, che "il condono fiscale ex art. 9 bis della l. n. 289 del 2002 ... è condizionato all’integrale versamento di quanto dovuto, sicché il pagamento parziale delle somme indicate nella dichiarazione integrativa", come avvenuto nel caso oggetto della sentenza in commento, "ne comporta il mancato perfezionamento e non fa venir meno l’illiceità della condotta, neppure limitatamente alle somme parzialmente corrisposte, ma, al contrario, porta ad emersione il definitivo ed originario inadempimento dell’obbligazione tributaria, legittimando la pretesa sanzionatoria dell’A.f. commisurata all’intero importo dell’imposta non versata nei termini di legge" (cfr Cassazione nn. 26683/2016; 23348/2019).

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