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Giurisprudenza

Nessun automatismo tra detrazione
e tenuta della contabilità separata

Corretto l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate che contesta le spese connesse, secondo la controparte, a un’attività commerciale assolutamente non comprovata

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Respinto dai giudici di cassazione, con l’ordinanza n. 15459 del 3 giugno 2021, l’assunto in base al quale sussisterebbe un automatico diritto alla detrazione Iva per il solo fatto che un ente non commerciale si avvale della contabilità in forma separata. Per avvalersi dell’istituto il contribuente deve dimostrare la diretta riferibilità e la congruità dei costi rispetto all’attività concretamente esercitata.

Il comitato organizzatore dei XVI giochi del Mediterraneo, Pescara 2009, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la pronuncia resa dalla Ctr Abruzzo con la quale era stato respinto il gravame di controparte avente a oggetto la sentenza della Ctp di Pescara la quale, a sua volta, aveva ritenuto corretto l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate relativo all’anno d’imposta 2011.
In particolare, con tale ultimo atto, l’ufficio aveva contestato la natura non commerciale delle operazioni effettuate dal soggetto ricorrente nonché l’omessa attestazione che i correlati beni e servizi resi rientrassero nell’alveo della detraibilità in quanto diretti all’attività commerciale assolutamente non comprovata.

La Commissione tributaria regionale ha ritenuto corretta la pronuncia resa dalla Ctp sotto il profilo motivazionale e dell’iter logico-giuridico seguito dai giudici di prima istanza.
Inoltre, il Tribunale del riesame non ha considerato conferente la circostanza, addotta dalla controparte, circa la tenuta della contabilità separata non essendo tale forma di gestione idonea a rappresentare alcuna circostanza esimente.

Con il primo motivo di ricorso per Cassazione, il comitato lamenta il difetto di motivazione del quale sarebbe affetta la sentenza resa dalla Ctr Abruzzo.
Con la seconda eccezione, la controparte deduce la violazione degli articoli 19-ter del Dpr n.633/1972 nonché degli articoli 2697, 2727 e 2729 del codice civile. Nello specifico, si censura la pronuncia impugnata perché ha ritenuto irrilevante il fatto che la detraibilità Iva sarebbe consentita in favore di enti non commerciali purché questi adottino il regime di tenuta della contabilità in forma separata, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico dell’ente impositore.

Investiti della controversia, i giudici di piazza Cavour hanno valutato obiettivamente infondata la prima doglianza in quanto, a loro parere, la Ctr ha, seppur in forma riassuntiva, assolto all’onere motivazionale richiesto in base a quanto statuito da ormai consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr, sul punto, sentenza ss.uu, Cassazione n.8053/2014). Le fasi antecedenti la decisione dei giudici di merito sono state pienamente riportate così da permettere un’agevole ricostruzione dei fatti di causa e delle ragioni della decisione.

Anche il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto infondato.
La Cassazione, in prima battuta, rigetta l’assunto di controparte in base al quale sussisterebbe un indiscriminato diritto alla detrazione Iva per il solo fatto che l’ente non commerciale si avvale della contabilità in forma separata.
Tale automatismo, a detta dei giudici di legittimità, non può trovare accoglimento in linea generale in quanto la sola tenuta del regime di contabilità separata non giustifica il riconoscimento della detraibilità ai fini Iva sui costi sostenuti. Nel caso in esame, per converso, e allargando la prospettiva, trovano ingresso i generali principi, espressi in sede di legittimità, che disciplinano l’onere della prova circa l’esistenza e l’inerenza dei costi sopportati nell’esercizio dell’attività d’impresa.
La Cassazione ha avuto, a più riprese, modo di esprimersi, sul punto, affermando che il costo può ritenersi deducibile dal reddito d’impresa purché il contribuente dia contezza della sua diretta riferibilità e della congruità all’attività concretamente esercitata.
L’ordinanza in commento richiama, a titolo puramente riepilogativo, la sentenza di Cassazione n. 21184/2014 in base alla quale, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, spetta al contribuente l’onere di provare la sussistenza, l’attinenza e, ove confutata dall’ufficio, la connessione finanziaria dei componenti negativi richiesti in detrazione.
A tale scopo, non è sufficiente che il soggetto economico abbia contabilizzato quelle operazioni essendo, altresì, necessaria l’esistenza di probante documentazione che ne attesti, in maniera inequivoca, l’importo, la ragione di fondo e la coerenza delle stesse.
Nel medesimo solco, si innesta la sentenza di Cassazione n. 1709/2007, con la quale la Corte suprema aveva già chiarito l’incombenza dell’onere probatorio in capo all’imprenditore nell’ipotesi di richiesta detraibilità Iva di costi e/o oneri deducibili che concorrevano alla definizione finale del reddito d’impresa.
In difetto di tali caratteristici requisiti, risulta legittimo l’accertamento analitico-induttivo da parte dell’ufficio, in applicazione dell’articolo 39, comma primo, lettera d) del Dpr n.600/1973 basato su presunzioni gravi, precise e concordanti che dimostrano la presenza di maggiori ricavi o di minori costi occulti (cfr Cassazione, sentenza n.23550/2014).

In conclusione, il ricorso del Comitato, di cui sopra, è stato rigettato dalla Corte suprema avendo statuito che non può sussistere un diretto collegamento tra la gestione della contabilità in forma separata e il diritto a usufruire della detrazione ai fini Iva, ai sensi dell’articolo 19-ter del Dpr n.600/1973, sulle operazioni ricadenti nel perimento dell’attività commerciale, tra l’altro, non assolutamente comprovata nel caso in esame.

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