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Giurisprudenza

No alla detrazione dell’Iva
per le operazioni triangolari

Indetraibile l’imposta relativa alla prima cessione “nazionale”, considerato che questo particolare schema negoziale viene considerato in maniera unitaria come non imponibile

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Legittimo l’operato dell’Ufficio che aveva disconosciuto il credito Iva chiesto a rimborso da una società, recuperando a tassazione l'Iva sugli acquisti, indebitamente considerati imponibili, riferiti a operazioni che avevano dato luogo a triangolazioni in cessioni intracomunitarie e all'esportazione (Cassazione n. 34957/2021).
 

La vicenda processuale
I gradi di merito si chiudevano a favore della contribuente, con annullamento dell’atto impugnato. In particolare, secondo la Ctr Lombardia, dal complesso delle operazioni realizzate non era riscontrabile alcun vantaggio fiscale da parte della contribuente, per cui il diniego del rimborso Iva avrebbe comportato una duplicazione del pagamento dell'imposta. Inoltre, per l’operazione triangolare, contrariamente all’assunto dell’amministrazione finanziaria, non necessariamente i due passaggi successivi di cessione avrebbero dovuto seguire il medesimo regime di non imponibilità, potendo il regime di non imponibilità essere applicato a una sola cessione.
Col successivo ricorso per Cassazione l’Agenzia delle entrate denunciava violazione degli articoli 8, comma 1,  lettera a) e 19 del Dpr 633/1972 nonché degli articoli 40, comma 2 e 41, comma 1, lett. a), Dl n. 331/1993 per non avere la Ctr ricondotto la fattispecie nell'ambito della disciplina delle cessioni intracomunitarie triangolari avrebbe dovuto indurre il giudice a ritenere indebita l'applicazione dell'Iva sulle cessioni effettuate tra i soggetti “nazionali”. In altri termini le due cessioni di merci poste in essere nell'ambito dell'operazione in esame vanno ricondotte sotto il profilo dell'unitaria disciplina delle cessioni intracomunitarie e all'esportazione triangolari e, di conseguenza, non è dovuta l’Iva relativamente alla prima cessione.

La pronuncia della Cassazione
Nell’accogliere il ricorso la Suprema corte ricostruisce la fattispecie concreta come risultante anche dagli atti dei gradi di merito e confermato in sede di contraddittorio dalla contribuente: in particolare, si trattava di triangolazioni nazionali ed esportazioni triangolari, in cui il contribuente accertato (soggetto estero con rappresentante fiscale italiano), acquistava da un fornitore “nazionale” e successivamente la merce era venduta ad altro soggetto comunitario o estero; la merce venduta al primo acquirente era spedita direttamente dal fornitore e consegnata al cliente finale.
Secondo l’Agenzia delle entrate quindi, la vicenda non poteva essere esaminata secondo la prospettiva di due successive cessioni di per sé autonome sotto il profilo del trattamento fiscale, seppure caratterizzate dall'unicità del trasporto, ma, piuttosto, nell'ottica della finalizzazione della prima cessione al conseguimento della merce nei confronti del cessionario finale.
Nel particolare schema negoziale della "triangolazione" intervengono tre distinti operatori economici caratterizzandosi per il fatto che la merce oggetto della cessione, e che deve essere spedita o trasportata dal territorio dello Stato membro di partenza in quello dello Stato membro del cessionario, non è utilizzata direttamente dall'acquirente ma è, fin dall'origine, vincolata alla consegna ad un terzo soggetto passivo che la immette al consumo o la destina agli impieghi della propria attività economica nello Stato membro di destinazione della merce, come si evince dal combinato disposto dall'articolo 8, comma 1, lettera c), comma 2, Dpr n. 633/1972. Per cui la cessione viene effettuata non al destinatario finale della merce ma a un soggetto passivo, realmente interposto (sia se residente che se non residente nello Stato membro del cedente), che effettua l'acquisto esclusivamente in funzione della successiva esportazione ai sensi dell'articolo 8, comma 1, Dpr n. 633/1972, ovvero della operazione intracomunitaria ai sensi dell'articolo 41, comma 1, Dl n. 331/1993, in quanto a ciò giuridicamente vincolato dall'accordo stipulato con il cedente (Cassazione n. 3099/2016).
In questa operazione, l'acquisto del bene da parte del (primo) cessionario non rileva ex sè come cessione imponibile effettuata nel territorio dello Stato del cedente, ma come fase preliminare della operazione intracomunitaria che si perfeziona con il trasferimento del bene in altro Stato membro ove risiede il soggetto passivo indicato già all'origine come destinatario finale.
Quanto alla detrazione dell’Iva sull’acquisto effettuato nell’ambito di questa prima cessione, la stessa non può essere consentita.
Sul punto non si determina alcuna violazione dell’articolo 19, comma 1, in quanto la Corte di giustizia ha più volte precisato che il diritto alla detrazione Iva è limitata soltanto all'imposta dovuta, cioè all'imposta corrispondente a una operazione soggetta all'Iva o versata in quanto dovuta, per cui il diritto alla detrazione non si estende all'iva dovuta semplicemente per il fatto di essere indicata nella fattura (Corte di giustizia, C-454/98, 19 settembre 2000, C-78-80/02, 6 novembre 2003).
Né può trovare applicazione la previsione contenute nel successivo comma 3, del predetto articolo 19, secondo cui:
l’indetraibilità di cui al comma 2 non si applica se le operazioni ivi indicate sono costituite da operazioni di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 o a queste assimilate dalla legge, ivi comprese quelle di cui agli articoli 40 e 41 del Dl n. 331/1993 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 427/1993.
Per la Suprema corte la limitazione della indetraibilità trova applicazione unicamente nel caso in cui un’operazione trova il suo presupposto giustificativo e quindi sia strumentale (in questo senso «afferente») a un’operazione di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 del Dpr n. 633/1993 o a queste assimilate dalla legge, ivi comprese quelle di cui agli articoli 40 e 41 del Dl n. 331/1993. In tali casi, se è stata realizzata un’operazione strettamente connessa, quindi strumentale, ad un’operazione non imponibile, è consentita la detraibilità.

A un’operazione connessa, di per sé imponibile, infatti, non può essere negato il diritto alla detrazione. Tale disciplina non può trovare applicazione al caso di specie, posto che non si tratta di riconoscere il diritto alla detrazione iva di operazioni «afferenti» a quelle in esame.
Di conseguenza è stato affermato il seguente principio di diritto: in materia di detrazione Iva, la previsione di cui all'articolo 19, comma 3, lettera a), Dpr n. 633/1972, deve essere interpretata alla luce del precedente comma 2, cui fa espresso richiamo, che, in particolare, nel prevedere la non detraibilità dell'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi quando siano state realizzate operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta, nell'utilizzare il termine "afferenti" intende fare riferimento ad un necessario rapporto di strumentalità tra un'operazione, a monte, di per sé imponibile, con altra successiva operazione esente o non soggetta ad imposta, per cui il regime di detraibilità previsto dal comma 3, che ha contenuto derogatorio rispetto alla disciplina contenuta nel precedente comma 2, non è applicabile ove l'operazione a monte sia qualificata dal legislatore come non imponibile.

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