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Giurisprudenza

No alla nota di variazione Iva
per i premi concessi a fine anno

L’emissione del documento è legittima solo se la riduzione del corrispettivo è frutto di un accordo negoziale fra le parti, della cui esistenza va fornita prova

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Ai sensi del comma 2 dell'articolo 26 del Dpr n. 633/1972, se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24 del Dpr n. 633/1972, “viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose, o in conseguenza di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto a portare in detrazione ai sensi dell'art. 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'art. 25”.
 
Con riferimento specifico all’ipotesi di “abbuoni o sconti”, pertanto, il legislatore ha previsto che l'emissione di note di credito Iva è legittimata dalla presenza di un accordo contrattuale fra le parti. A tal proposito, la Suprema corte ha da tempo evidenziato che, ove la legge non preveda speciali forme per la conclusione del contratto, la modifica degli accordi negoziali che comporta una riduzione del corrispettivo può essere anche il frutto di un accordo orale (volendo, successivo alla conclusione del contratto), la cui esistenza può essere provata con qualunque mezzo, compresa la mera esistenza delle note di credito (Cassazione n. 8558/2001), ovvero la trasfusione del patto stesso in note di accredito, emesse con l’allegazione della causale (Cassazione n. 26513/2011).
 
Con la sentenza n. 13312/2013 in commento, la Cassazione intende dare ulteriore continuità ai principi richiamati, ulteriormente specificando che “è preciso onere della parte contribuente fornire elementi certi dai quali desumere che oggetto della pattuizione siano degli sconti e non un premio di fine anno, che non dà diritto a detrazione”.
Secondo la Corte, infatti, il premio di fine anno non è un componente che incide direttamente sul prezzo della merce, ma un contributo autonomamente riconosciuto a fine esercizio al cliente, in base al raggiungimento di un determinato fatturato, quale incentivo per future operazioni (in senso analogo, fra le altre, Cassazione n. 5006/2007).
 
Per completezza espositiva, va segnalato che, sul regime Iva dei bonus di fine anno, è intervenuta anche la prassi amministrativa, operando delle distinzioni non evidenziate dalla giurisprudenza richiamata e che si pongono in parziale contrasto con quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza in nota.
In particolare, si legge nella risoluzione n. 36/2008 che il bonus che una società riconosce contrattualmente ai suoi venditori, può essere di tipo “quantitativo” (quando è legato al raggiungimento di un predeterminato volume di vendite) o di tipo “qualitativo” (quando è erogato a fronte di un’attività specifica, come per esempio l’attività di marketing, svolta in aggiunta rispetto a quella principale).
 
Sotto il profilo del regime fiscale applicabile “i bonus quantitativi, corrisposti a seguito dell’incremento del numero delle vendite, si traducono in una riduzione dei prezzi originariamente praticati dalla società all’atto della cessione dei prodotti e sono dunque equiparati ad abbuoni o sconti previsti contrattualmente ai sensi dell’art.26, comma 2, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633; i bonus qualitativi, erogati per lo svolgimento di obbligazioni che hanno origine nell’accordo contrattuale, si qualificano come corrispettivo per prestazioni di servizi ai sensi dell’art.3 del medesimo decreto n.633/72”.
 
Il documento di prassi richiamato, inoltre, evidenzia come, al fine di evitare l’insorgere di incertezze, sarebbe opportuno che gli accordi commerciali vengano stipulati in modo tale che le operazioni poste in essere nell’ambito dell’attività promozionale siano correttamente riconducibili tra le prestazioni di servizi oppure tra gli sconti. A tal uopo, fermo restando che ogni singolo accordo può differire, l’Amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 36/2008, ha individuato una serie di elementi (con riferimento al contenuto di detti accordi commerciali) utili a inquadrare le fattispecie tra le prestazioni di servizi o tra gli sconti/abbuoni.
 
 
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
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