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Giurisprudenza

No rimborso Iva a società non residente
per i servizi di camping in Italia

La Cassazione afferma che non spetta la restituzione delle somme a una compagine olandese che cede ai propri clienti il diritto di utilizzo di piazzuole di sosta destinate ad aree per campeggio

Camping

Non è riconosciuta la restituzione dell’Iva a una società non residente che, nel medesimo periodo d’imposta, aveva effettuato operazioni attive imponibili in Italia e quindi territorialmente rilevanti ai fini dell’imposta. Per le prestazioni di servizi relative ad un immobile, infatti, l’ubicazione del bene all’interno del territorio dello Stato ha prevalenza quale criterio di collegamento territoriale. Lo chiarisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 16539 del 20 giugno 2019 (idem altre quattro sentenze del 20 giugno 2019: n. 16540,  n. 16541, n. 16542, n. 16543).

Ai fini dell’individuazione del luogo di rilevanza territoriale delle prestazioni di servizi relative a beni immobili, il criterio contenuto nel sopra cennato articolo n. 47 della direttiva di rifusione (come detto, recepito in ambito nazionale dall’articolo n. 7, quarto comma, lettera a), del Dpr n. 633) va  “...identificato come elemento esclusivo,…assumendo rilevanza, di per sé, l’oggettiva realizzazione delle prestazioni di servizi relative a un bene immobile…”, non potendo in tal caso “…porsi alcuna incertezza relativa al luogo di esecuzione, stante appunto la stabilità del bene presso cui la prestazione viene svolta”.
In tema di Iva, ai sensi degli articoli n. 7, comma 4, lettera a) e dell’articolo n. 38-ter del Dpr n. 633/1972, nel testo vigente “ratione temporis” (anno 2008), l’imposta afferente l’acquisto in Italia di beni e servizi da parte di un soggetto passivo comunitario non residente (società olandese) non può essere da esso chiesta a rimborso nel caso in cui lo stesso soggetto abbia quivi effettuato operazioni attive imponibili nel medesimo periodo d’imposta (nella specie, prestazioni di servizi relative all’utilizzo di piazzuole di sosta destinate ad aree attrezzate per il campeggio, da considerare territorialmente rilevanti nel luogo in cui l’immobile è ubicato).

In materia di Iva, con la direttiva n.79/1072/Cee del 6 dicembre 1979 (ora sostituita dalla direttiva n.2008/9/CE del 12 febbraio 2008; vedi, sul punto, la circolare dell’Assonime n. 29 del 24 settembre 2010) sono state individuate le condizioni e le modalità dei rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto nei confronti dei soggetti passivi comunitari non residenti.
Tale direttiva era stata recepita, nell’ordinamento nazionale, con l’articolo n. 16 del Dpr n. 793/1981, che aveva introdotto, nel Dpr n. 633/1972, l’articolo n. 38-ter. Tale norma, nel testo vigente “ratione temporis” (periodo d’imposta 2008), nel regolamentare il sistema dei rimborsi Iva ai soggetti passivi comunitari non residenti, disponeva che “I soggetti domiciliati e residenti negli Stati membri della Comunità economica europea, che non si siano identificati direttamente ai sensi dell’articolo n. 35-ter e che non abbiano nominato un rappresentante ai sensi del secondo comma dell’articolo n. 17, assoggettati all’imposta nello Stato in cui hanno il domicilio o la residenza, che non hanno effettuato operazioni in Italia, ad eccezione delle prestazioni di trasporto e relative prestazioni accessorie non imponibili ai sensi dell’articolo n. 9, nonché delle operazioni indicate nell’articolo n. 17, commi terzo, quinto, sesto e settimo, e nell’articolo n. 74, commi settimo e ottavo, del presente decreto e nell’articolo n. 44, comma 2, del decreto legge n. 331/1993, ,…possono ottenere,.. il rimborso dell’imposta, se detraibile a norma dell’articolo 19, relativa ai beni mobili e ai servizi importati o acquistati…” (vedi, attualmente, per i rimborsi ai soggetti passivi comunitari non residenti, l’articolo 38-bis 2 dello stesso Dpr n. 633: vedi anche, sull’intera materia dei rimborsi Iva per i soggetti non residenti, la citata circolare dell’Assonime n.29 del 2010).

In materia di territorialità, inoltre, l’articolo n. 7, quarto comma, lettera a), del medesimo Dpr n. 633, anch’esso nel testo vigente “ratione temporis” (vedi, ora, a partire dal 1° gennaio 2010, per effetto del Dlgs n. 18/2010, la corrispondente disposizione contenuta nell’articolo n. 7-quater, comma 1, lettera a), dello stesso Dpr), disponeva – in deroga all’allora vigente principio generale di rilevanza territoriale delle prestazioni di servizi, fondato sul luogo di domicilio o residenza del prestatore – che “…le prestazioni di servizi relative a beni immobili,…si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando l’immobile è situato nel territorio stesso...” (tale articolo era attuativo, in ambito nazionale, della previsione comunitaria di cui all’articolo n. 9, n.2, lettera a), della sesta direttiva Iva del 1977, ora trasfusa nel corrispondente articolo n. 47 della direttiva di rifusione 2006/112/CE del 28 novembre 2006).

In relazione a tali disposizioni, con la sentenza in rassegna, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi in merito ad una particolare fattispecie in cui, nell’anno 2008, una società non residente in Italia (olandese), e quivi priva di numero di identificazione, di rappresentante fiscale e di stabile organizzazione, aveva presentato all’Amministrazione finanziaria nazionale, in base alle procedure previste dall’articolo 38-ter del Dpr n. 633, istanza per il rimborso dell’Iva afferente taluni acquisti di beni e servizi da essa effettuati in Italia. L’ufficio Iva nazionale competente, tuttavia, aveva denegato tale rimborso in quanto il soggetto in questione, nel medesimo periodo d’imposta, aveva effettuato anche operazioni attive imponibili in Italia, ragione per cui era da ritenersi impedita l’erogazione del rimborso richiesto ai sensi del citato articolo 38-ter del Dpr n. 633 (ne caso di specie, trattavasi di prestazioni di servizi di alloggio, in favore dei propri clienti, rese in piazzuole di sosta destinate ad aree attrezzate per il campeggio, di cui la medesima società aveva precedentemente acquisito il diritto di utilizzo).
Investita della questione, nella decisione in commento la Corte ha legittimato il diniego del rimborso opposto dall’Amministrazione finanziaria, ritenendo che le suddette operazioni poste in essere in Italia dalla società olandese interessata costituissero effettivamente  prestazioni di servizi attive, effettuata a titolo oneroso, imponibili in territorio nazionale ai sensi del citato articolo n. 7, quarto comma, lettera a), del Dpr n. 633/1972, dovendo ravvisarsi il presupposto di territorialità dell’imposta nel collegamento esistente tra la prestazione resa ed i beni immobili ubicati in Italia (e cioè, come sopra detto, le aree di campeggio attrezzate). Conseguentemente, la Corte ha ritenuto che la società in questione non avrebbe potuto legittimamente richiedere il rimborso dell’imposta a essa addebitata al momento dei propri precedenti acquisti di beni e servizi effettuati in territorio nazionale in quanto l’allora vigente articolo n. 38-ter, comma 1, del Dpr n. 633 subordinava (e, sostanzialmente, anche ora subordina: vedi il corrispondente articolo n. 38-bis1 del Dpr n. 633) tale rimborso alla condizione di non avere effettuato altre “operazioni in Italia”, ad eccezione di quelle (oggettivamente diverse) che erano espressamente elencate nel medesimo articolo. I giudici di legittimità hanno motivato il proprio orientamento affermando che, ai fini dell’individuazione del luogo di rilevanza territoriale delle prestazioni di servizi relative a beni immobili, il criterio contenuto nel sopra cennato articolo n. 47 della direttiva di rifusione (come detto, recepito in ambito nazionale dall’articolo n. 7, quarto comma, lettera a), del Dpr n. 633) va  “...identificato come elemento esclusivo,…assumendo rilevanza, di per sé, l’oggettiva realizzazione delle prestazioni di servizi relative a un bene immobile…”, non potendo in tal caso “…porsi alcuna incertezza relativa al luogo di esecuzione, stante appunto la stabilità del bene presso cui la prestazione viene svolta”.

In tale ottica, la Corte ha affermato, altresì, l’irrilevanza, in senso contrario al cennato orientamento, della circostanza (evidenziata dalla società olandese richiedente il rimborso) che, poiché parte rilevante delle prestazioni erano state eseguite in Olanda (come, ad esempio, promuovere, gestire ed organizzare l’attività ricettiva, nonché fornire proprio personale all’interno delle aree di campeggio in cui erano situate le tende e le case mobili di sua proprietà), le restanti attività svolte in Italia (ad esempio, fornire ai clienti le attrezzature necessarie per il soggiorno nei campeggi tramite l’assistenza del proprio personale) avrebbero avuto carattere “accessorio” rispetto a quelle rese al di fuori di tale ultimo Stato, rimanendo quindi escluse, “per attrazione” alle prime, dalla territorialità Iva italiana. Sul punto, infatti, i giudici di legittimità hanno evidenziato che, se è pur vero che in passato la Corte di Giustizia europea, agli effetti della localizzazione territoriale Iva di talune prestazioni di servizi, ha ritenuto necessario verificare l’unicità giuridico-economica, o meno, delle stesse operazioni (vedi, al riguardo, tra le decisioni richiamate, la sentenza n. C-111/05 del 29 marzo 2007, Aktiebolaget), è altrettanto vero, tuttavia, che ciò aveva avuto la finalità di “…definire quando un’operazione debba essere qualificata cessione di beni ovvero prestazione di servizi…”, dovendosi in tal caso “…procedere ad una valutazione unitaria, sotto il profilo economico, del complesso delle attività eseguite”; nella specie, quindi, si era trattato di una finalità totalmente diversa rispetto a quella del caso dedotto in controversia, vertente, piuttosto, sull’individuazione dei criteri Iva applicabili ai fini della localizzazione territoriale delle prestazioni di servizi (nello specifico, appunto, servizi effettuati su immobili situati in Italia).

Da parte nostra, oltre a condividere pienamente le ineccepibili argomentazioni svolte dalla Cassazione nella sentenza in commento, si ricorda altresì che le stesse si pongono sostanzialmente in linea, tra l’altro, con quanto già in passato affermato dall’Amministrazione finanziaria nella risoluzione n.170 del 27 dicembre 1999 in relazione a una fattispecie, oggettivamente diversa ma “specularmente” assimilabile in linea di principio a quella in esame, di acquisti di tessere autostradali posti in essere da operatori nazionali per il pagamento dei pedaggi sulle autostrade francesi. In tale declaratoria, infatti, il servizio reso all’operatore nazionale era stato qualificato ”...come una prestazione relativa all’utilizzo di un bene immobile situato al di fuori del territorio dello Stato (nella specie, appunto, l’autostrada situata in Francia), e come tale esclusa dal campo di applicazione dell’Iva per carenza del presupposto territoriale, ai sensi del sopra citato articolo n.7, comma 4, lettera a), del Dpr n. 633/1972”. Più di recente, per quanto concerne il nuovo articolo n. 7-quater, comma 1, lettera a), del Dpr n. 633 (ora corrispondente, come sopra detto, al più volte citato articolo n. 7, comma 4, lettera a, dello stesso Dpr), relativo alla territorialità Iva dei servizi afferenti beni immobili, si rimanda infine, in via generale, al contenuto delle circolari dell’Agenzia delle entrate nn.58/E del 31 dicembre 2009 (paragrafo  2.1.1.) e 37/E del 29 luglio 2011 (paragrafo 3.1.1.).

a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
 

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