Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

Non è inerente né deducibile
il debito “abbuonato” al socio

Corretto, secondo la Corte di cassazione, il recupero a tassazione, effettuato dall’ufficio finanziario, dell’importo che l’impresa aveva invece decurtato dal reddito imponibile

immagine generica illustrativa

La società che rinuncia al credito del socio non può dedurre dal reddito la corrispondente somma quale componente negativa inerente all’attività d’impresa. In pratica, affermano i giudici di legittimità con la sentenza n. 661 del 12 gennaio 2023, l’impresa, in tal modo, ha “finanziato” il proprio socio, operazione che è equiparabile a una liberalità in favore del beneficiario e, quindi, non deducibile.

Non di rado può capitare che una società debba finanziare il proprio socio. Da un punto di vista reddituale bisogna valutare, per entrambi, cosa provoca la rinuncia al credito da parte della società. In capo al socio che si vede “abbuonato” un debito, non sembrerebbe che ci siano dubbi riguardo il fatto che tale rinuncia generi una componente reddituale. Potrebbero, invece, sorgere dubbi sul corretto trattamento contabile e fiscale in capo alla società che ha rinunciato al credito. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si è espressa la Corte suprema di cassazione con la sentenza n. 661/2023.

Fatti di causa
Una società ha rinunciato parzialmente al credito vantato nei confronti del proprio socio, trattando questa rinuncia come componente negativo di reddito, fiscalmente deducibile.
La società ha considerato, infatti, il quantum del prestito come costo inerente all’attività d’impresa, portandolo in deduzione dal reddito complessivo.
L’Amministrazione finanziaria, invece, ha contestato l’assenza dei requisiti di deducibilità, recuperando a tassazione il relativo maggior reddito.
In prima battuta, i giudici di merito hanno confermato l’operato dell’Agenzia delle entrate, concordando sul recupero a tassazione dei costi relativi alla transazione intercorsa tra socio e società.

La decisione della Cassazione
La Corte suprema ha ricordato che le somme versate per coprire i costi delle transazioni stipulate al fine di prevenire contenziosi giudiziari costituiscono risarcimento del danno e, conseguentemente, sono deducibili nell’esercizio in cui intervengono, come sopravvenienze passive.
Tali sopravvenienze sono fiscalmente deducibili in quanto sono costi attinenti al concreto svolgimento dell’attività di impresa e conseguentemente inerenti, ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del Tuir.
I giudici di piazza Cavour evidenziano, invece, che nel caso in commento la transazione si riferisce a una rinuncia del credito vantato dalla società nei confronti del proprio socio e tale rinuncia era funzionale unicamente a riconoscere una somma una tantum.

I giudici sottolineano che, in sostanza, attraverso la rinuncia al credito in questione, la società ha “finanziato” il proprio socio, operazione che è equiparabile a una liberalità in favore del proprio socio, come tale non deducibile, non rientrandosi in alcuna delle ipotesi previste dall’articolo 100, comma 2 del Tuir.
L’assenza di un vantaggio dalla rinuncia al credito determina la non inerenza del costo, il quale è non deducibile ai sensi dell’articolo 109, comma 5, dello stesso Testo unico.

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/non-e-inerente-ne-deducibile-debito-abbuonato-al-socio