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Giurisprudenza

Non è “viziata” la cartella
scansionata e notificata via Pec

In caso di invio tramite posta elettronica certificata, la copia in formato pdf del documento in origine cartaceo non deve essere sottoscritta con firma digitale salvo diversa previsione normativa

scansioni

La notifica a mezzo posta elettronica certificata della cartella di pagamento può essere eseguita, indifferentemente, tanto allegando al messaggio Pec un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (“atto nativo digitale”), quanto mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (“copia informatica”).
Così si è espressa la Cassazione con l’ordinanza n. 36462 dello scorso 24 novembre, ove si precisa altresì che, in caso di notifica a mezzo Pec, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso.

La vicenda processuale
Un contribuente impugnava la cartella di pagamento emessa a suo carico lamentando, tra l’altro, l’inesistenza della relativa notificazione, effettuata a mezzo Pec in formato pdf, senza attestazione di conformità all’originale.
Il verdetto di prime cure, favorevole all’istante, veniva confermato dalla Ctr del Lazio la quale, nella sentenza n. 3283/16/2019 del 29 maggio 2019, concludeva per l’invalidità della notifica elettronica dell’atto riscossivo stante la mancata apposizione su quest’ultimo della firma digitale.
Ricorrendo in sede di legittimità, la parte pubblica censurava il decisum del collegio regionale, per un verso asserendone il contrasto con i principi affermati sul punto dalla giurisprudenza di legittimità; per l’altro, rilevando che l’eventuale vizio della notifica avrebbe dovuto ritenersi irrilevante in applicazione della regola della sanatoria per raggiungimento dello scopo, derivante dalla tempestiva impugnazione proposta dall’interessato.

La pronuncia della Corte
La Corte ha accolto l’esposta doglianza, ricordando che nella propria ordinanza n. 30948 del 2019 è stato a suo tempo rilevato che sulla materia in questione occorre riferirsi al combinato disposto dell’articolo 26 del Dpr n. 602/1973 - il quale ratione temporis prevedeva che la notifica della cartella può essere eseguita a mezzo posta elettronica certificata “con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68” – nonché alle previsioni del Codice dell’amministrazione digitale a norma delle quali (articolo 1, comma 1, lettera i-ter) la copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico è costituita dal “documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico” mentre (successiva lettera i-quinquies), il duplicato informatico consiste nel “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”.

In ragione delle richiamate previsioni normative, spiega l’ordinanza in commento, la notifica a mezzo posta elettronica certificata della cartella di pagamento può pertanto avvenire “indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. "atto nativo digitale"), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. "copia informatica")”.
D’altra parte, chiosa l’ordinanza in commento, in caso di notifica a mezzo Pec, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso, motivo per cui non è richiesto che il file trasmesso abbia estensione p7m.

Osservazioni
Alla progressiva informatizzazione, che interessa ormai da tempo la produzione e la notificazione degli atti amministrativi – vale la pena ricordare in proposito che, ai sensi dell’articolo 40 del Codice dell’amministrazione digitale, “Le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti… con mezzi informatici…” – si sono accompagnate fisiologiche problematiche interpretative, che hanno riguardato profili connessi tanto alla fase della formazione e sottoscrizione del documento attraverso il quale si manifesta la volontà del soggetto emanante, quanto alle modalità mediante le quali l’atto viene legalmente portato a conoscenza del suo destinatario.

Per quanto riguarda, in particolare, la cartella di pagamento, nel porre fine a un lungo dibattito apertosi presso le commissioni di merito, la Corte suprema, in più occasioni, ha affermato che il requisito della sottoscrizione digitale dell’atto riscossivo si intende rispettato non soltanto quando il relativo file abbia estensione p7m (firma Cades), ma anche laddove il documento si presenti con formato pdf (firma Pades), precisando che in entrambi i casi la firma si deve ritenere certificata (Cassazione, pronunce nn. 26099/2021, 24446/2021, 15369/2021 e 16087/2020).

In altre pronunce, il Collegio di nomofilachìa ha concluso che la circostanza dell’invio a mezzo posta elettronica certificata del documento in formato pdf anziché p7m comporta, al limite, una mera irritualità della notificazione cui è applicabile l’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’articolo 156 cpc. (Cassazione, pronunce nn. 28421/2021 e 9972/2021).

Nell’ambito di questo filone, l’ordinanza in commento, nel ribadire quanto già espresso in altri recenti arresti del giudice di legittimità (vedi, ad esempio, Cassazione, nn. 22758/2021, 9710/2021, 21328/2020 e 20809/2020), contribuisce, dunque, a rafforzare una regola interpretativa su un ulteriore profilo riguardante il formato del file oggetto della trasmissione elettronica in ordine al quale non di rado si registrano posizioni discordanti da parte dei collegi tributari di merito.

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