In tema di illeciti tributari, il commercialista può concorrere con il contribuente nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 2 del Dlgs n. 74/2000, agendo a titolo di dolo eventuale, qualora sia a conoscenza della falsità dei documenti in considerazione di precedenti accertamenti effettuati dalla Guardia di finanza. Questo il chiarimento fornito dalla Corte di cassazione, sezione III penale che, con la sentenza n. 28158 del 27 giugno scorso, ha respinto il ricorso proposto da un professionista.
La vicenda processuale
Il consulente fiscale di una società veniva condannato a titolo di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta (articolo 2, Dlgs n. 74/2000) insieme all’amministratore legale, al gestore di fatto e ad altri soggetti, in relazione all’utilizzo di elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni presentate per conto della società contribuente, ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, con riferimento ai periodi d’imposta dal 2006 al 2010.
Contro la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello il commercialista proponeva ricorso per cassazione, contestando l’affermazione della sua responsabilità penale sotto il duplice profilo del contributo concorsuale e dell’elemento psicologico.
In particolare, la difesa del professionista lamentava la circostanza che il contributo causale posto dalla sentenza impugnata a fondamento della responsabilità penale dell’imputato consistesse, essenzialmente, nella effettuazione di prestazioni tipiche dell’attività di consulenza, quali la tenuta della contabilità, la partecipazione ad assemblee, la somministrazione di consigli leciti.
Inoltre, i giudici d’appello, nell’affermare la consapevolezza del consulente in ordine alle operazioni fraudolente, avrebbero trascurato di considerare alcuni elementi a suo favore, tra i quali le dimensioni multinazionali della società, la collocazione delle fatture in un luogo diverso dal suo studio professionale, l’assenza di qualunque contatto tra lo stesso e le società emittenti.
La pronuncia
Nel rigettare, per manifesta infondatezza delle censure esposte, il ricorso proposto nell’interesse del professionista, la Corte suprema ha fornito alcuni chiarimenti in ordine alle caratteristiche e alle modalità di realizzazione della fattispecie concorsuale in argomento.
A tal proposito, i giudici di legittimità muovono innanzitutto dalla affermazione del principio secondo il quale il commercialista di una società può concorrere nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti agendo a titolo di dolo eventuale. Invero, non sussistono, secondo la prevalente giurisprudenza, dubbi circa la configurabilità del concorso del professionista con il contribuente né, in generale, nei reati previsti dal Dlgs n. 74/2000 né, più in particolare, nei reati connessi a dichiarazioni. È stata, così, affermata la responsabilità del consulente a titolo di concorso nei reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti (Cassazione, sezione III, n. 28341/2001) e di indebita compensazione (Cassazione sezione III, n. 1999/2017), nonché nel reato di dichiarazione fraudolenta (sezione III, nn. 39873/2013 e 7384/2018).
Quanto alla individuazione delle modalità di partecipazione concorsuale, i giudici di legittimità rilevano come il contributo causale del professionista possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa. Il contributo causale del consulente potrà, dunque, estrinsecarsi nell’adozione di condotte materiali (la predisposizione di una dichiarazione infedele o fraudolenta, la fatturazione, per conto del cliente, di operazioni inesistenti), ma anche in ipotesi di concorso morale (che consiste nella determinazione o nel rafforzamento dell’altrui proposito criminoso e che si verifica, ad esempio, qualora il commercialista non si limiti a prospettare le diverse possibili soluzioni giuridiche, illustrandone i pro e i contro anche sotto il profilo penale, ma indichi in concreto la via per adottare un espediente illecito, persuadendo il cliente a tenere il comportamento evasivo).
Relativamente al profilo della colpevolezza, premesso che, come pacificamente riconosciuto dalla richiamata sentenza n. 1999/2018, “la responsabilità penale del commercialista a titolo di concorso di persone nel reato sussiste solo in caso di dolo”. La Corte suprema riafferma l’incontestato e condivisibile indirizzo secondo cui “il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000, è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’IVA” (così, in particolare, Cassazione, sezione III, pronuncia n. 52411/2018).
Nel caso oggetto della pronuncia in commento, la partecipazione concorsuale del consulente ai fatti di reato di cui all’articolo 2 del Dlgs n. 74/2000 risulta, ad avviso della Corte, da una pluralità di elementi.
Il ricorrente, infatti, curava la predisposizione dei bilanci di esercizio della società e disponeva di un accesso diretto in remoto al sistema informatico della stessa per ottenere report contabili periodici. Inoltre, quale commercialista della società, era a conoscenza di plurime anomalie nella relativa contabilità già a far data dal 2005, in quanto evidenziate da un controllo della Guardia di finanza. Pertanto, il ricorrente “era da ritenersi perfettamente a conoscenza sia dell’omessa istituzione e tenuta della contabilità di magazzino, sia dell’irregolare tenuta del registro degli inventari”, tanto più che tali gravi violazioni erano periodicamente segnalate dal collegio sindacale, con il quale egli era in continuo contatto e al quale forniva documentazione.
Alla luce dei principi sin qui richiamati, la Corte conclude rilevando che, sia sotto il profilo della condotta materiale che sotto quello della colpevolezza, i giudici d’appello hanno correttamente valorizzato i molteplici elementi a carico del consulente, con conseguente affermazione della sua responsabilità penale per concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta.
Non poteva non sapere: commercialista
colpevole in concorso con la società
La sua estraneità al reato non è credibile se predispone i bilanci di esercizio della cliente e dispone di un accesso diretto in remoto al sistema informatico per ottenere report contabili periodici
