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Giurisprudenza

Non sono condonabili le controversie sulla liquidazione delle dichiarazioni relative a una precedente sanatoria

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Non possono essere considerate pendenti e, pertanto, non sono suscettibili di definizione né di sospensione, le liti che hanno ad oggetto esclusivamente la liquidazione, senza applicazione di sanzioni, delle dichiarazioni integrative presentate dal contribuente in occasione di un precedente provvedimento di condono fiscale.
E' quanto ha precisato la suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 19507 depositata il 29 settembre 2004, pronunciandosi su una controversia avente a oggetto l'esatto calcolo dell'imposta dovuta a titolo di Irpef da un contribuente in base al condono fiscale del 1991.
In particolare, secondo i giudici della Corte suprema, poiché la liquidazione di una dichiarazione integrativa non è un atto di imposizione, in quanto la base di calcolo su cui applicare l'imposta è quella indicata dal contribuente, non sussiste lite fiscale.

La controversia
La controversia concerneva l'impugnazione di alcune cartelle di pagamento relative alla liquidazione della dichiarazione integrativa presentata dal contribuente per gli anni 1985 - 1990, in base al condono fiscale del 1991.
In particolare, con una sentenza del 2001, una commissione tributaria regionale, confermando la pronuncia di una commissione tributaria provinciale, aveva accolto l'impugnazione di un contribuente avverso le cartelle di pagamento Irpef per gli anni 1985 - 1990.
Alla luce di tale circostanza, ritenendo non invocabile la disposizione contenuta nell'articolo 16 della legge 289 del 2002 al caso prospettato dal contribuente, l'Amministrazione finanziaria ha adito, nel 2003, i giudici della Corte suprema di cassazione.

Le liti fiscali pendenti
Secondo l'articolo 16 della legge n. 289/2002, si considerano pendenti le liti in cui è parte l'Amministrazione finanziaria dello Stato, aventi a oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione per i quali, alla data del 1° gennaio 2004:

  • sia stato proposto l'atto introduttivo del giudizio
  • sia stato dichiarato inammissibile l'atto introduttivo con pronuncia non passata in giudicato.

Inoltre, si intende comunque pendente la lite per la quale, alla data del 30 ottobre 2003, non sia intervenuta una sentenza passata in giudicato.

La sanatoria prevista per le liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie di ogni grado del giudizio, poteva essere definita mediante:

  • presentazione, per ciascuna lite pendente, di una domanda di definizione
  • effettuazione di un versamento pari a 150 euro, se il valore della lite era di importo fino a 2.000 euro
  • effettuazione di un versamento, se invece il valore della lite era superiore a 2.000 euro, pari:
    • al 10 per cento del valore della lite, in caso di soccombenza dell'Amministrazione finanziaria dello Stato
    • al 50 per cento del valore della lite, in caso di soccombenza del contribuente
    • al 30 per cento del valore della lite, se la stessa è ancora pendente alla data di presentazione della domanda di definizione.

Erano escluse dalla definizione le controversie concernenti il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, i dinieghi e le revoche di agevolazioni.
Infine, non erano definibili gli avvisi di liquidazione, l'ingiunzione e il ruolo.

Il giudizio della Corte suprema
Pur dichiarando inammissibile il ricorso per tardività, in quanto tra la data di deposito della sentenza impugnata e quella di notificazione del ricorso per cassazione è intercorso un periodo superiore a un anno e quarantasei giorni (termine così previsto dall'articolo 327 del codice di procedura civile), i giudici della Corte suprema hanno affermato che l'impugnazione di cartelle di pagamento relative alla liquidazione della dichiarazione integrativa presentata da un contribuente in base alla legge di condono n. 413/1991 non può considerarsi alla stregua di "lite pendente" e non può, pertanto, essere definita in base all'articolo 16 della legge n. 289/2002.
Secondo, infatti, il disposto contenuto nel citato articolo 16, per lite pendente deve intendersi quella "avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione..." e non, dunque, la liquidazione di una dichiarazione integrativa presentata in occasione di un precedente provvedimento di condono.
Inoltre, a sostegno della propria tesi, la Cassazione ha precisato che la liquidazione di una dichiarazione integrativa costituisce un'attività vincolata, di mera applicazione della legge, di calcolo delle imposte in base agli importi dichiarati dal contribuente, senza che sussista alcun margine di discrezionalità per l'ufficio.
Pertanto, la liquidazione di una dichiarazione integrativa non rientra nella categoria degli atti di imposizione.

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